Macron, secondo atto: la stagione delle riforme

Tre anni di tempo per portare a compimento il proprio progetto politico, in Francia e in Europa, magari gettando le basi per una leadership che sappia guardare oltre il quinquennato. Emanuel Macron è ancora in grado di porsi obiettivi ambiziosi, anche a fronte di un biennio non facile, segnato da momenti perduranti di impopolarità, da mobilitazioni di piazza, testa a testa elettorali e tensioni internazionali.

Il tutto grazie a un contesto istituzionale che pone saldamente nelle mani del partito del presidente i destini della legislatura e del governo e complice, inoltre, una inesorabile fine dei due partiti che hanno guidato il Paese sin dal dopoguerra (Socialisti e Repubblicani) e che oggi vedono assorbire i propri elettori dai nuovi protagonisti dello scenario politico transalpino.

Il nuovo bipolarismo centro-estrema destra

Il risultato delle ultime elezioni europee ha tracciato uno scenario riassumibile come segue: il sorpasso del Rassemblement National su La Republique En Marche è minimo (meno di un punto percentuale) e privo delle conseguenze catastrofiche annunciate per il partito di governo. Infatti, Macron non solo uscirebbe vincitore in un’ipotetica elezione presidenziale, ma con 24 seggi al Parlamento europeo si conferma punta di diamante del successo dei liberali di Renew Europe, con la possibilità di influenza il processo delle nomine. Infine, si affiancano ai due partiti i Verdi, i quali duplicano i seggi al Parlamento europeo, sorpassano Socialisti e Repubblicani e continuano a impegnare Macron sull’agenda ecologista.

Il presidente francese esce a testa alta, dunque, da un biennio ricco di sfide e trasformazioni politiche in Francia, in Europa e nel mondo. La nuova agenda, nata in risposta alla sfida più dura (quella dei Gillet Gialli) tiene conto di tutte le variabili appena citate e mira a intervenire pesantemente sulle dinamiche politiche ed economiche francesi da qui ai prossimi anni. Il “secondo atto del quinquennato”, tracciato nel Discorso di Politica Generale del presidente del Consiglio Eduard Philippe lo scorso 12 giugno, infatti, sarà caratterizzato dall’introduzione di talune riforme la cui necessità è emersa dal Grand Debat Nationale. Oltre a queste, importanti dossier rimangono in fase di completamento all’interno del procedimento legislativo francese.

Le riforme varate e quelle in cantiere

Tra le riforme adottate e quelle in procinto di essere varate si possono citare gli interventi in favore della competitività delle imprese francesi, la legge di programmazione energetica, la riforma della mobilità e la riforma della pubblica amministrazione.

La Loi Pacte per la crescita e l’ammodernamento delle imprese

La Loi Pacte (Plan d’Action pour la Croissance et la Transformation des Entreprises) adottata in aprile dal Parlamento, contiene al suo interno disposizioni volte a semplificare requisiti e vincoli amministrativi e tributari per le imprese, a digitalizzare diverse procedure e a favorire il collegamento tra mondo della ricerca e imprese in favore di una maggior innovazione per gli operatori economici d’oltralpe.

Sul fronte dell’export la legge si prefigge di aumentare il sostegno verso le imprese transalpine nella loro proiezione globale, mentre a tutela degli interessi strategici la Loi Pacte rafforza i controlli sugli investimenti stranieri diretti in Francia, specie in determinati settori quali la produzione di semiconduttori, lo spazio, i droni, l’intelligenza artificiale, la sicurezza informatica, la robotica e i big data.

La transizione ecologica e le politiche energetiche

Il tema della transizione energetica, fatte salve le problematiche sociali e politiche che comporta tale progetto di riforma, risulta un impegno fondamentale della presidenza Macron. A fronte di un Pacchetto Clima-Energia 2030 che vede l’Unione europea decisa a portare al 27% l’apporto di energie rinnovabili al suo bilancio energetico, la Francia ha inserito nella legge sulla transizione energetica gli obiettivi in materia di sviluppo delle energie rinnovabili.

A tal proposito, La loi relative à la transition énergétique pour la croissance verte (LTECV), promulgata il 17 agosto 2015, fissa gli obbiettivi in materia di sviluppo delle energie rinnovabili:

  • Sul versante dei consumi finali di energia si stabilisce che entro il 2020 il 23% del totale debba provenire da fonti rinnovabili, mentre l’obbiettivo per il 2030 è il 32%;
  • Entro il 2030, il 40% dell’elettricità e il 38% del riscaldamento dovranno provenire da fonti rinnovabili;
  • Il 15% dei carburanti e il 10% dei gas nel totale della bilancia energetica dovranno provenire da fonti rinnovabili;
  • Dovrà essere quintuplicata la mole di energia per riscaldamento/raffreddamento proveniente da fonti rinnovabili, così come il tasso di recupero di energia nella produzione di riscaldamento entro il 2030.

Parallelamente, la Programmazione Pluriennale dell’Energia fissa gli obiettivi quantitativi di medio e lungo termine per i diversi settori energetici, fino a configurare il 2050 come traguardo per la neutralità carbonica.

Tra mobilità sostenibile e coesione territoriale, la Loi d’Orientation des Mobilités

Anche la riforma della mobilità si lega a doppio filo con l’attenzione dell’Eliseo verso il clima. L’impatto che i trasporti hanno sull’ambiente, parallelamente all’attenzione nei confronti delle zone maggiormente isolate del Paese – isolamento che impone, ad esempio, l’uso della macchina come unico mezzo di trasporto – si pongono come premessa della Loi d’Orientation des Mobilités. La riforma prevede una riorganizzazione capillare dei servizi di mobilità in tutto il territorio nazionale, volta a garantire maggiori servizi di trasporto e minori emissioni dovute all’utilizzo di mezzi impattanti.

Oltre al miglioramento delle reti esistenti, ci si prefigge diversi interventi volti a investire sulle reti di trasporto minori, per troppi decenni dimenticate in favore delle grandi reti nazionali ed europee. La mole di finanziamenti programmata per sostenere il piano di Parigi, vede parte delle fonti provenire direttamente da una nuova ecotassa che sarà introdotta sui voli commerciali in partenza dalla Francia.

Nuovi srumenti per la pubblica amministrazione, la riforma della Fonction Publique

L’altro grande sforzo del governo è caratterizzato da una riforma della Fonction Publique, che mira a fornire all’Amministrazione Pubblica strumenti volti a raggiungere gli obbiettivi che i cittadini richiedono a fronte di una burocrazia francese di dimensioni e risorse notevoli.

Le divergenze con buona parte dei sindacati rappresentanti i dipendenti pubblici si sono concentrate soprattutto riguardo l’introduzione di contratti a progetto, estensione dello strumento contrattuale -previsto anche per i ruoli manageriali- nel rapporto di lavoro interno alla Pubblica Amministrazione francese. Inoltre, la riforma mira a una maggiore mobilità dei dipendenti sia all’interno dei tre comparti della P.A. (centrale, territoriale, ospedaliera) che all’esterno favorendo l’apertura tra mondo del privato e del pubblico.

Il banco di prova delle riforme istituzionali ed economiche

La vera sfida per l’esecutivo, a fronte di una serie di misure già messe in campo, sarà sicuramente il lancio di una serie di riforme elencate nelle dichiarazioni politiche di Macron e Philippe. Tra queste la riforma delle istituzioni andrebbe a introdurre un sistema proporzionale nell’elezione dei membri dell’Assemblea Nazionale (attualmente eletta con un modello maggioritario) e a ridurre del 25/30% il numero dei parlamentari. Tale riforma costituzionale andrebbe a completare l’opera di ammodernamento istituzionale già iniziata con la creazione del Conseil de Défense Écologique (un consiglio dei ministri che si occupa solamente di tematiche ambientali) e della Convention Citoyenne pour la Transition Écologique (un organo consultivo, operante nella sfida della transizione ecologica, composto da 150 cittadini eletti a sorte).

Di tutt’altra natura e di tutt’altra portata politicamente conflittuale è la serie di riforme economiche promesse dall’Esecutivo.

La riforma dell’indennità di disoccupazione (Assurance Chômage), presentata lo scorso 18 giugno, porta avanti diversi obbiettivi, tra i quali:

  • Un tetto massimo di indennità di disoccupazione pari al 65% del salario precedente e una rimodulazione più stringente dei requisiti per beneficiare dell’indennità;
  • Una stretta sui ricorsi ai contratti a tempo determinato (CDD) che attraverso un sistema di bonus-malus nei confronti dei datori di lavoro disincentivi la precarietà degli impiegati e, di riflesso, il loro peso sulla previdenza sociale;
  • L’introduzione di criteri di regressività nell’erogazione della prestazione nei confronti dei disoccupati non di lungo corso e con salari più alti.

Sulla stessa linea la riforma delle pensioni, che va a porre regole uniformi per tutti i lavoratori e a fissare a 62 anni la soglia legale di pensionamento, ma pone a 64 l’età per beneficiare a tasso pieno dell’erogazione pensionistica. Sul fronte tributi, inoltre, sarà eliminata in maniera progressiva l’imposta sulla prima casa. Infine, entro il 2020 verrà presentato un disegno di riforma del reddito universale francese, il revenu universel d’activité.

Fonti e approfondimenti:

France24, Ce qu’il faut retenir du discours de politique générale d’Édouard Philippe

Le Temps, Emmanuel Macron infléchit son quinquennat et garde le cap

Le Monde, «Acte II du quinquennat» : l’exercice d’équilibriste d’Edouard Philippe

La Tribune, Le grand débat national, et après ?

Transformation de la fonction publique, Compte rendu du Conseil des ministres du 27 mars 2019

La loi PACTE adoptée par le Parlement

La transition énergétique pour la croissance verte

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