Ricorda 1919: la guerra all’alcool e la crescita della criminalità negli USA

Il 1919 negli Stati Uniti verrà per sempre ricordato come l’anno del probizionismo e dell’inizio della cosidetta guerra all’alcool che tante conseguenze ha portato sugli Stati Uniti.

Se le storie del proibizionismo ci fanno tornare alla mente i film sul gangsterismo e i boss di Chicago, Detroit e della Florida, intorno a questo periodo vi sono molti altri fattori da analizzare, i quali ancora oggi influenzano gli Stati Uniti.

Le motivazioni del probizionismo

Il 1919 è stato in tutto il mondo un anno cruciale e ricco di eventi. Dalle trincee della prima guerra mondiale, dalle industrie belliche e da tutti gli eventi legati a quei 4 anni di turbamento internazionale continuo era uscito un nuovo mondo e gli Stati Uniti non furono esentati da questo cambiamento. Molti uomini avevano combattutto come volontari in Europa e molti europei erano arrivati immediatamente negli Stati Uniti dopo la guerra.

La società era quindi in qualche moto traumatizzata: la violenza, la paura e lo sgomento avevano squarciato le menti di centinaia di migliaia di giovani e la morte aveva lasciato dei vuoti in tutte le famiglie. L’umanità si chiedeva incessantemente come mai era potuta succedere una tragedia di quelle dimensioni e le risposte erano delle più varie.

Negli Stati Uniti una risposta attraversò con convizione e forza la mente di una larga fetta della popolazione. La guerra, le sofferenze economiche e la fame erano state una punizione divina per i peccati che l’uomo compiva. Questa visione derivava da un forte sentimento religioso che durante gli anni della guerra aveva raccolto seguaci praticamente ovunque. Le chiese protestanti si erano moltiplicate e con esse anche le associazioni religiose.

 

La spiegazione però non si poteva fermare alla guerra perché la punizione non poteva essere finita dato che il popolo americano continuava a peccare e per questo le punizioni si vedevano da altre parti. La povertà, la criminalità e il disagio non erano frutto di un sistema capitalistico ingiusto, di un sistema educativo assente e di un Paese che sfruttava la maggiora parte dei suoi lavorati, ma erano una punizione per i peccati legati all’alcool e alla droga. Predicatori, santoni e associazioni però avevano una soluzione: smettere di peccare. La perdizione morale era facilmente individuabile nei comportamenti e di conseguenza attaccabile attraverso adeguati proveddimenti, per questo motivo l’alcool, le droghe e altri comportamenti immorali furono duramente condannati.

Le associazioni erano tantissime e avevano nomi di tutti i tipi e provenivano da radici religiose diverse, alcune erano anche libere dal sentimento religioso verso un Dio, ma si ritrovavano si posizioni positiviste radicali. Questi alcuni dei nomi Woman’s Christian Temperance Union, l’Anti-Saloon League, l’American Temperance Society, la Daughters of Temperance, il Prohibition Party, lo Scientific Temperance Federation e la New York Society for the Suppression of Vice. 


Il Volstead Act, il XVIII emendamento e le conseguenze.

Mentre la condanna cresceva e anche le violenze verso gli alcolisti e i drogati aumentavano, non ci volle molto tempo per avere dei politici pronti ad appoggiare questa voce. Il Deputato Volstead del Minnesota divenne il principale promotore di questa campagna e l’atto che aprì definitivamente il probizionismo nel 1919, prendeva proprio da lui il nome: il “Volstead Act”. Il vento proibizionista però convinceva molti e nel 1920 tutti i politici vedevano positivamente il divieto e per questo venne creato il XVIII emendamento. La perdizione era probita dalla costituzione, ora non restava che aspettare.

L’Anti-Saloon League nel 1914 affermava:

Liquori sono responsabili del 25% della miseria, del 37% del depauperamento, del 45,8% della nascita di bambini deformi, del 25% delle malattie mentali, del 19,5% dei divorzi e del 50% dei crimini commessi nel nostro Paese

Volstead a poche ore dall’approvazione della legge commentò con queste parole

I quartieri umili presto apparterranno al passato. Le prigioni e i riformatori resteranno vuoti. Tutti gli uomini cammineranno di nuovo eretti, tutte le donne sorrideranno e tutti i bambini rideranno. Le porte dell’inferno si sono chiuse per sempre

 

Resta però da farsi una domanda su come gruppi isolati hanno potuto costruire un tale consenso su tutta la popolazione. Lo sfruttamento di linee razziali ha giocato un ruolo importante. Le campagne dei proibizionisti usarono molti motti che inneggiavano all’uomo bianco che non si fa corrompere dalle sostanze del diavolo prodotte da razze inferiori.  Allo stesso tempo la borghesia legava l’uso dell’alcool a uno status sociale, se bevevi voleva dire che eri  in realtà povero. Queste idee erano chiaramente legate solo all’apparenza, mentre nella realtà tutte le classi sociali amavano l’alcool illegale.

I risultati, lo svolgimento e il prezzo da pagare

Se le associazioni avessero avuto ragione e se le parole di Volstead fossero risultate vere adesso probabilmente vivremmo in un mondo senza alcool e senza perdizioni, ma come vediamo questo non è successo. Le violenze iniziarono immediamente poche ore dopo la promulgazione della legge.

Una banda di uomini armati infatti, vicino Chicago, rapinò un treno carico di alcool che stava tornando alla fabbrica. Così mentre i legislatori a Washington si preoccupavano di andare di pub in pub a sventrare botti e a farsi fotografare con l’accetta in mano, nel resto del Paese il caos stava scoppiando. 

Dove c’è illegalità si sa che il profitto cresce. Tutte le bande criminali misero gli occhi su un mercato che dal giorno alla notte era passato da essere monopolio statale a monopolio criminale. I grandi gangster degli anni 20 videro nascere le proprie fortune sui provenenti degli alcolici. Al Capone è sicuramente il più famoso, ma non ci si può fermare lì e non tutti furono sconfitti e debellati alla fine del proibizionismo. Il padre del futuro Presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy iniziò il suo patrimonio nel contesto del proibizionismo, principalmente come contrabbandiere. Lucky Luciano, il quale nel 1943 sarà il boss della mafia italiana che aprirà la porta della Sicilia agli Alleati contro Mussolini, ha costruito il suo sconfinato patrimonio con la vendita dell’alcool. Lentamente il proibizionismo portò a continue guerre di quartiere fra bande rivali, ma non si fermò a questo. 

Come spiega attentamente Daniel Okrent nel suo volume “Last Call: The Rise and Fall of Prohibition“: il proibizionismo difatti migliorò i dati sulle dipendenze, il tasso di alcolizzati crollò vertiginosamente e il numero di morti per colpa dell’alcool si azzerò praticamente. È però importante capire come fu il proibizionismo e non una riduzione del consumo di alcool ad avere all’apparenza questi  risultati. Chi guarda solo ai numeri infatti vedrà che questa politica ha avuto degli effetti incredibili, ma in realtà non ne ha avuto affatto anzi forse ha peggiorato la situazione.

Il servizio sanitario americano registrò un calo automatico perché i medici non volevano registrare le morti come se fossero causate dall’alcool perché non era possibile che fosse così, non essendo venduto. Di conseguenza moltissime morti furono attribuite alla stanchezza, al caldo o agli avvelenamenti. Sulle autospie si leggeva “avvelenamento chimico”, ma in realtà si intendeva morte per alcool. I gangster infatti volevano guadagnare di più con le partite di alcool e quindi o aggiungevano all’alcool l’acqua, ma il prodotto perdeva di sapore, o altre sostanze chimiche, spesso estremamente nocive per la salute.

La fine della povertà non era a portata di mano e anzi con il proibizionismo la situazione arrivò anche a peggiorare. Le tasse sugli alcolici erano fondamentali per il mantenimento del già fragile welfare americano e i proventi dell’alcool erano fondamentali per alcuni Stati, questo portò a un ulteriore impoverimento di tutto il territorio americano e delle fasce più deboli. Stati come il Kentucky videro crollare il proprio prodotto e la fame portò molti abitanti verso la malavita.

Il Volstead Act in 10 anni mise in ginocchio il Paese e permise ai gangster di radicarsi così fortemente nel territorio americano, che tuttora alcuni dei più ricchi personaggi degli Stati Uniti possono risalire l’albero genealogico fino a un boss del proibizionismo. Il sommerso era l’unico mercato possibile, la gente era stremata e il vento della crisi del ’29 stava per dare l’ultimo colpo alla follia morale del proibizionismo.

La fine del probizionismo con Franklin Delano Roosvelt

Alle ore 17.27 di martedì 5 dicembre 1933 il nuovo Presidente Franklin Delano Roosvelt con un colpo di mano eliminò il Volstead Act e il XVIII emendamento chiudendo l’epoca del proibizionismo. Manifestazioni di giubilo scoppiarono ovunque, ma come mai non vi era più un consenso dietro a quelle misure?

Il mondo era cambiato la guerra era solo un ricordo, le associazioni religiose erano crollate tutte in un vortice di scandali. Molti si scoprirono essere foraggiate dai gangster stessi, essendo questi interessati al mantenimento del protezionismo.

Inoltre si apriva un’altra battaglia, i venti del socialismo russo ed europeo avevano raggiunto gli USA e molti a Washington erano preoccupati. Come avrebbe risposto un Paese, che non si poteva neanche concedere una birra, a questi sentori socialisti era un’incognita per tutti e nessuna voleva conoscere la risposta.

 

Fonti e approfondimenti:

 

Vox, German Lopez, Prohibition worked better than you think13 Giugno 2019.

Vox, German Lopez, What people get wrong about Prohibition19 Ottobre 2015.

Daniel Okrent, Last Call: The Rise and Fall of Prohibition, Scribner, Maggio 2011.

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