Ricorda 1989: la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza

1989
LoSpiegone

[È riconosciuto] che il fanciullo ai fini dello sviluppo armonioso e completo della sua personalità deve crescere in un ambiente familiare in un clima di felicità, di amore e di comprensione
Preambolo della Convenzione sui diritti del fanciullo e dell’adolescente

Nell’ultimo periodo si è assistito a un crescente numero di situazioni che hanno riguardato primariamente bambini e adolescenti, come soggetti che, inermi davanti alle decisioni degli adulti, si trovano a subire delle condizioni di gravissimo disagio e ingiustizia.

Cosciente della delicatezza dell’infanzia, l’ONU ha provveduto a edificare un vero e proprio impianto di diritti e di protezione che ha come soggetto unico l’infante e l’adolescente, riconoscendo il ruolo speciale e delicato che questa categoria ricopre nel mondo. Esistenti e non ascoltati, i bambini e i ragazzi necessitano di una voce che li faccia diventare protagonisti attivi della vita sociale e non meri soggetti passivi, i cui diritti e interessi vengono sottoposti a quelli degli adulti.

Grazie alla Convenzione sui Diritti del Fanciullo e dell’Adolescente, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, si è avuto il compimento del progetto di tutela di questi diritti iniziato nei primissimi anni nel ‘900.

Il tutto ha avuto inizio con la Dichiarazione dei Diritti del Bambino (nota anche come Dichiarazione di Ginevra), approvata nel 1923 dalla Società delle Nazioni e adottata a seguito della Prima Guerra Mondiale, quando per la prima volta si è manifestata l’importanza delle problematiche concernenti i diritti dei minori, chiamati a sopportare il peso ingente del conflitto.

I punti cardine di questo primo documento, quali la primarità degli interessi del bambino e il suo diritto ad un infanzia felice e sicura, vennero trasposti poi nella Dichiarazione sui Diritti del Fanciullo, approvata nel 1959 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. È interessante notare che tale Dichiarazione trae origine da due documenti di fondamentale importanza, la Dichiarazione di Ginevra e la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, ma riesce altresì ad aggiungere delle innovazioni importanti e caratterizzanti per la tutela dell’infante. In particolare si concentra sulla inderogabile necessità di assicurare al bambino protezione, cura, scolarizzazione e un ambiente di vita sano.

Come facilmente intuibile, la Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, nota anche come Convention on the Rights of the Child (CRC), poggia sulle fondamenta di queste Dichiarazioni sull’infanzia, guardando anche alla Dichiarazione Universale e alla Dichiarazione contro ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne.

La struttura

Una delle particolarità caratterizzanti di tale Convenzione è la omogenea importanza che viene dedicata ai singoli principi di diritti in essa contenuti. Infatti, sebbene si possano individuare quattro macro categorie di diritti intorno ai quali si svolge la trattazione, tutte le disposizioni godono di una pari dignità e pertanto esigono il medesimo grado di rispetto.

La CRC ospita 54 articoli ed è integrata da tre Protocolli opzionali ed è artefice della creazione del Comitato ONU sui diritti dell’infanzia, posto a presidio della Convenzione e al quale sono delegate funzioni di controllo e di intervento attivo.

La CRC consta di tre sezioni, dedicate rispettivamente all’enunciazione dei diritti, all’individuazione degli organismi di sorveglianza e infine alle modalità di ratificazione.

Il filo conduttore di questi principi è da riguardare nel nuovo status riconosciuto ai bambini e agli adolescenti: ad oggi sono destinatari specifici a tutti gli effetti di diritti sociali, civili e politici che acquistano direttamente, non essendo più considerati dei soggetti passivi oggetto di protezione mediata per mezzo dei diritti riconosciuti alle figure genitoriali e simili.

Analizzando la Convenzione emerge una complessa ma coerente ramificazione dei diritti che parte dai quattro principi fondamentali.

Si nota infatti che il principio di non discriminazione incastonato nell’art.2, richiami gli Stati a proteggere i minori senza avere considerazione della provenienza etnica, del credo religioso, delle condizioni sociali ed economiche, né tanto meno di poter procedere ad alcuna forma di discriminazione dovuta a specifiche qualifiche dei genitori dei minori.

Questo principio si riversa nel testo anche nella considerazione del diritto fondamentale e primario all’istruzione e all’educazione, che deve categoricamente travalicare ogni barriera socio politica che potrebbe esistere e limitare il corretto e pieno svolgimento della vita del fanciullo, nonché nel diritto di ricevere l’assistenza medica necessaria in qualsiasi condizione si trovi, al fine non solo di ridurre la mortalità infantile ma anche di consentire la fruizione di una vita sana.

Parimenti il riconoscimento del superiore interesse, specificamente riconosciuto nell’art. 3, detta una linea guida per l’attività degli Stati, ricordando loro che in qualsiasi decisione che concerna il minore, il suo interesse deve essere prioritario e correttamente tenuto in considerazione nei casi in cui si renda necessario un bilanciamento tra interessi confliggenti.

A questo si lega anche il principio all’ascolto delle opinioni del minore, che cosciente e capace di decidere, deve poter esprimere liberamente la propria opinione in merito a qualsiasi attività o provvedimento che lo riguardi.

Infine il l’affermazione del diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo. L’art. 6 sancisce, infatti, questa primaria garanzia, ma lascia lo spazio alla Convenzione per l’arricchimento della casistica. La CRC è quindi costellata di disposizioni che riguardano ogni momento della vita del bambino, dal diritto alla vita, passando per il diritto alla conservazione del nucleo familiare, per l’istruzione, la capacità di essere soggetti di diritti e infine la libertà di scelta della migliori condizioni di vita possibili.

Il Comitato sui diritti dell’infanzia

Come anticipato, contemporaneamente alla creazione della Convenzione è stato istituito il Comitato ONU dei diritti dell’infanzia, chiamato a vigilare sull’operato degli Stati e assicurare che le disposizioni della Convenzione abbiano una piena ed effettiva applicazione. Il Comitato è formato da dieci esperti “di alta moralità” e con specifiche competenze nel settore, la cui elezione avviene seguendo un criterio proporzionale in base a un’equa ripartizione geografica e in considerazione dei principali ordinamenti giuridici. Il loro mandato dura quattro anni ed è rinnovabile.

Gli Stati firmatari si sono impegnati a sottoporre alla sua attenzione dei rapporti in merito ai provvedimenti adottati in virtù della Convenzione, dapprima con una scadenza di due anni dalla ratifica poi con cadenza quinquennale.

Inoltre il Comitato è il destinatario delle segnalazioni sulla violazione dei diritti, assumendo un ruolo di controllo risolutivo di qualsiasi controversia; allo stesso modo è chiamato a intervenire in tutti quei casi che ritiene particolarmente meritevoli di attenzione, agendo di propria sponte laddove l’operato dello Stato sia insufficiente.

I protocolli opzionali

I tre Protocolli che accompagnano la Convenzione riescono a offrire un ulteriore sistema di protezione ai bambini e trattano di situazione estreme ma purtroppo presenti.

Il primo Protocollo, concernente la protezione dei minori durante nei conflitti armati, pone l’accento sull’assoluto divieto di arruolamento di minorenni. Inoltre richiama l’attenzione sull’importanza del diritto internazionale durante i conflitti armati e sopratutto sulla situazione di vulnerabilità in cui si trovano i minori in questi contesti.

Il secondo Protocollo è dedicato alla “vendita, prostituzione e pornografia rappresentante bambini” e sorge dalla preoccupante crescita della diffusione di materiale pedopornografico e del turismo sessuale minorile. In tal senso il Protocollo ammette una serie di disposizione rivolte direttamente agli Stati, invitandoli a vietare qualsisia esperienza lesiva dei diritti dei minori e richiama all’attenzione la necessità di interventi sanzionatori puntuali e proporzionati alla gravità dei reati.

Infine il terzo Protocollo ha per oggetto le “procedure di reclamo”, ossia quell’insieme di mezzi di segnalazioni delle violazioni dei diritti dei minori che sono esperibili dagli stessi davanti al Comitato ONU dei diritti dell’infanzia. Pertanto un singolo minore, o un gruppo di soggetti – dopo aver richiesto infruttuosamente un intervento statale – possono rivolgersi al Comitato, per richiedere un intervento mirato alla rimozione della lesione che è stata inflitta dallo Stato, sia di appartenzenza che terzo. Ovviamente il Comitato, esaminata la situazione prospettata dal reclamo, rimetterà la questione allo Stato interessato, che dovrà adeguarsi alle raccomandazioni indicate.

Conclusioni

Nonostante tutto questo corpus normativo è ancora evidente che la strada per la piena tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza è ancora lunga e in fase di costruzione. Per lo specifico momento storico sembra ancora un miraggio poter contare su un sistema efficiente e attivo, dato che le violazioni dei diritti dell’individuo, bambino o adulto che sia, sono all’ordine del giorno. Pero è ancora importante ricordare che ci sono delle basi giuridiche forti su cui poter contare, smettendo di considerarle lettere morte in uno scenario governato dall’emotività.

Fonti e approfondimenti

Risoluzione 44/25 Assemblea Generale ONU,  Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza , 20/11/1989 

Risoluzione 54/263 Assemblea Generale ONU, Protocollo opzionale I, 16/03/2001

Risoluzione 54/263 Assemblea Generale ONU , Protocollo opzionale II , 16/03/2001 

Risoluzione 66/138 Assemblea Generale ONU, Protocollo opzionale III  27/01/2012

 

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