Lo Spiegone Internazionale: intervista a Wojciech Przybylski

Dal 4 al 6 ottobre Lo Spiegone ha partecipato al Festival “Internazionale a Ferrara”, durante il quale abbiamo avuto l’opportunità di incontrare e intervistare alcuni importanti personaggi.

Tra questi Wojciech Przybylski, giornalista polacco, direttore della rivista Visegrad Insight e presidente della fondazione Res Publica di Varsavia. Ha creato e guida il progetto “New Europe 100”.

Con lui abbiamo parlato dei rapporti tra Bruxelles e i Paesi del gruppo di Visegrad e lo abbiamo contattato successivamente per commentare insieme a lui i risultati delle elezioni parlamentari in Polonia.

Parlando delle future relazioni tra Bruxelles e i Paesi del gruppo di Visegrad, in particolare Polonia e Ungheria, quale direzione prenderà la prossima Commissione europea?

Attualmente non abbiamo ancora una Commissione. Abbiamo candidati e quelli  dell’Ungheria, della Francia e della Romania dovranno essere sostituiti. È, inoltre, probabile un cambio dei portafogli per i quali si stanno candidando. L’Ungheria aspirava per il proprio rappresentante al portafoglio sulla politica di vicinato e l’allargamento, ma potrebbero non ottenerlo. Alla candidata rumena era stata assegnata la materia dei trasporti e forse questo portafoglio andrà ai Rumeni. Staremo a vedere, perché l’inizio della nuova Commissione è slittato già di un mese.

Per parlare dell’Europa centrale, questi Paesi stanno attualmente colpendo al di sotto del loro potenziale nella Commissione. La Polonia ha una grande parte del bilancio legata all’agricoltura ma le politiche di questo ambito non sono di primaria importanza per la Commissione. La Slovacchia e la Repubblica Ceca hanno portafogli più importanti,  legati alla visione strategica e allo stato di diritto. L’Europa centrale era solita spingersi al di sopra del suo potenziale, riuscendo a ottenere materie più importanti. Quindi, tutto sommato, potevano sembrare giocatori forti nel gioco europeo. Ma ora l’importanza politica è diminuita insieme alle divisioni interne e il portafoglio è meno preminente e importante di quanto non lo fosse prima.

Crede che la nuova Commissione europea sarà più flessibile nei rapporti con questi Paesi o le relazioni tra di loro saranno conflittuali?

Non credo che si creerà una situazione conflittuale. Il conflitto politico verrà evitato sia dalla Commissione che dagli Stati membri. Come sappiamo e possiamo sentire nel corso delle audizioni, anche i candidati per il portafoglio sullo stato di diritto sono attenti a questo. Dicono che continueranno tutto il lavoro fatto dalla Commissione precedente. In qualche modo, però, i Paesi del gruppo di Visegrad hanno abbassato i toni di protesta contro la Commissione, perché vedono la possibilità di una nuova apertura e che non ne deriva alcun vantaggio nell’andare in guerra contro Bruxelles. Politicamente, questo atteggiamento serve solo ad aiutare la narrativa domestica nel prendersela con l’Unione europea, così da poter attribuire la colpa, che è loro, a qualcun altro.

Cosa può dire della possibilità di collegare i fondi europei allo stato di diritto?

Possiamo aspettarci che la Commissione farà ricorso a indagini e alla procedura di infrazione per le questioni legate allo stato di diritto. Perciò, in questo senso, si è ottimisti, perché l’Europa intera è l’impero dello stato di diritto, l’impero delle regole. Essa deve difendere la sua propria esistenza in tal senso.

Qual è il suo punto di vista riguardo i risultati delle elezioni nazionali?

Può trovare una ricca fonte di citazioni nel recente rapporto che ho pubblicato proprio su questo argomento pochi giorni fa con Edit Zgut.

Intanto, i risultati delle elezioni nazionali polacche e delle elezioni amministrative ungheresi sono stati deludenti per le forze politiche illiberali. In qualche modo, nonostante i loro migliori sforzi e le ingenti risorse non sono riusciti a ottenere  più potere nelle cariche elette. In Polonia, il governo PiS (Diritto e Giustizia) ha perso il controllo del Senato e ha solamente conservato lo stesso numero di parlamentari di prima (235). È troppo presto per dire se questa sia un’inversione dell’andamento, ma sembra che il fascino dell’illiberalismo sia limitato.

Come sono collegati questi risultati a quelli delle elezioni europee?

In entrambe le elezioni il governo ha vinto, ma il margine di vittoria nelle elezioni nazionali è molto più ristretto che nelle elezioni per il Parlamento europeo. Fondamentalmente, con un’affluenza maggiore, il PiS avrebbe ottenuto un maggior numero di voti, ma anche l’opposizione avrebbe visto aumentare i suoi numeri. Il governo, però, stava facendo affidamento su risultati significanti per le ultime elezioni, vedendo quelli raggiunti per le europee. Ora, il risultato è per loro motivo di una triste delusione.

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