Le capitali dell’energia: Nur-Sultan in Kazakistan

Dopo esserci soffermati sulle sfide energetiche della Russia, volgiamo adesso il nostro sguardo verso le ex repubbliche socialiste dell’Asia Centrale, dove la presenza di ingenti quantità di risorse naturali si interseca con la necessità di questi Stati di ritagliarsi un ruolo nell’assetto geopolitico e strategico della regione.

In particolare, in quest’articolo, ci soffermeremo sul Kazakistan, un Paese con ampie possibilità di sviluppo economico grazie alla sua ricchezza di petrolio e gas naturale.

La capitale Astana, oggi Nur-Sultan 

La capitale del Paese, Nur-Sultan, è l’emblema delle ambizioni regionali del Kazakistan. Essa sorge nel bel mezzo della steppa kazaka, in un’area quasi desertica in cui il livello di attività umana è prossimo allo zero. Da questa landa desolata sorgono i modernissimi edifici di Nur-Sultan, i quali, con il loro design futuristico e le coperture in acciaio scintillante, sembrano quasi sfidare il passato sovietico della regione.

Di fatto, in epoca comunista, il Kazakistan era solito essere destinazione dei prigionieri politici, in quanto sede di diversi gulag – campi di lavoro e rieducazione in epoca comunista -, mentre nelle steppe kazake il Cremlino conduceva i propri test nucleari.

La capitale del Paese era inizialmente Almaty, nella parte meridionale del Kazakistan. Tuttavia, considerata la folta minoranza di cittadini di etnia russa e il conseguente rischio che Mosca potesse sfruttare tale situazione per avanzare pretese territoriali, nel 1997 si decise di spostare il centro politico della neonata repubblica più a nord, a ridosso del confine con la Federazione Russa, dove oggi sorge Nur-Sultan. Una mossa, quindi, dettata dalla necessità di assicurare il rispetto dei propri confini.

La città ha preso il suo nome odierno solamente di recente: nel marzo di quest’anno, la capitale ha deciso di abbandonare la sua vecchia denominazione, Astana, per quella di Nur-Sultan, in onore dell’ex presidente Nursultan Nazarbayev, guida assoluta del Paese per trent’anni.

Le risorse energetiche: un quadro generale

Il Kazakistan ha a disposizione una quantità di risorse naturali impressionante, considerata la sua popolazione di 16 milioni di abitanti. Questa repubblica dell’Asia Centrale è dodicesima al mondo per riserve di petrolio e quattordicesima per quanto riguarda i giacimenti di gas naturale. Inoltre, è il primo Paese della regione per miniere di carbone e il secondo per produzione di tale risorsa dopo la Russia. Dai combustibili fossili deriva l’87% del suo output energetico, con solo il 12% prodotto dagli impianti idroelettrici e l’1% dall’energia solare.

Infine, il Kazakistan è il più grande esportatore al mondo di uranio – dato che urta con l’assenza di centrali nucleari sul territorio kazako, in quanto il Paese riesce a soddisfare il suo bisogno energetico con i soli combustibili fossili.

Nonostante le ingenti risorse a disposizione, il raggiungimento dell’autosufficienza energetica non è stato immediato. Col crollo dell’Unione Sovietica nel 1991 e la conseguente indipendenza, la produzione di energia ha subito un forte calo, mentre la disordinata e aggressiva privatizzazione del settore ha provocato un ulteriore ritardo. Solo agli albori del 2000 è iniziata una robusta crescita economica, della quale ha giovato anche la produzione energetica. Nel 2003, il Kazakistan è diventato esportatore diretto di gas e, a partire dal 2013, anche di energia.

Petrolio, gas e uranio

Il prodotto principale del Kazakistan, nonché la sua fonte di introiti primaria, è il petrolio, il quale rappresenta circa il 53% delle esportazioni del Paese. Secondo il  Ministero del Petrolio e del Gas, le riserve di greggio kazake ammontano a ben 35 miliardi di barili. Tali giacimenti si concentrano principalmente in tre campi petroliferi nella parte Nord-occidentale del Paese: Kashagan (nel Mar Caspio), Tengiz e Karachaganak. Il governo di Nur-Sultan conta di incrementare del 25% la produzione, in queste zone entro il 2025, portando il totale nazionale alla cifra di 2.15 milioni di barili al giorno – contro i circa 1.8 milioni odierni.

Altrettanto ingenti sono le riserve di gas naturale, che eguagliano quelle di Canada e Kuwait. Tenendo in considerazione i nuovi giacimenti scoperti nel Mar Caspio, il Ministero del Petrolio e del Gas ha stimato che i supplementi di questa risorsa possano raggiungere i 3.8 trilioni di metri cubi totali. Considerati i copiosi campi petroliferi a disposizione, l’estrazione del gas ha da sempre ricoperto un ruolo secondario nei progetti di sviluppo economico del Paese. Tuttavia, a partire dal 2012, le attività di estrazione sono aumentate, raggiungendo entro lo stesso anno i 19 miliardi di metri cubi. Un trend in crescita fino ad oggi, con la produzione di gas del 2018 che ha toccato i 23 miliardi di metri cubi. Le esportazioni di tale risorsa raggiungono, invece, gli 8 miliardi di metri cubi.

Per quanto riguarda l’uranio, le riserve kazake costituiscono il 12% del totale mondiale, con 21.700 tonnellate estratte nel 2018. Il Paese è diventato il primo produttore al mondo nel  2009, costituendo il 28% dell’estrazione globale. Continuando la crescita del settore negli anni successivi, ha raggiunto il 39% del totale complessivo mondiale nel biennio 2015-2016. Tale risorsa viene esportata da Nur-Sultan verso un gran numero di Paesi, tra cui Cina, Russia, Giappone, Canada e India.

Il dilemma dell’esportazione

Sebbene le sue ingenti risorse energetiche lascino sperare in un futuro economicamente roseo per questa repubblica dell’Asia Centrale, la realtà regionale in cui il Paese si trova inserito presenta diversi vincoli e ostacoli. Fatta eccezione per il Mar Caspio a Ovest, il Kazakistan non ha accesso diretto al mare, rendendo la Russia una zona di transito quasi obbligatoria per il trasporto di petrolio e gas verso l’Europa occidentale.

In tal senso, l’arteria principale utilizzata da Nur-Sultan per esportare il suo greggio è l’oleodotto che collega l’ex repubblica socialista al porto russo di Novorossiysk, sul Mar Nero.  Tuttavia, già in passato, Mosca si è rivelata essere un’alleata infida, in grado di regolare a proprio piacimento l’accesso del Kazakistan ai mercati occidentali. Nel maggio di quest’anno, ad esempio, la Federazione Russa ha deciso di sospendere momentaneamente il transito ferroviario dei treni merci kazaki carichi di carbone e petrolio con destinazione Ucraina, rallentando quindi la capacità di esportazione di Nur-Sultan. Di fatto, Mosca trae diversi vantaggi dal regolare il prezzo di gas e petrolio (risorse prodotte anche dalla Russia), oltre ad avere un interesse strategico nel controllare i rifornimenti di combustibili in Paesi come l’Ucraina, che il Cremlino considera parte della propria sfera d’influenza.

Questa situazione ha portato Nur-Sultan a volgere il suo sguardo a Oriente. La sete di energia della Cina rappresenta una grande occasione, per il Kazakistan, di diversificare i propri partner commerciali. Infatti, la costante crescita economica di Pechino e le sue ambizioni di potenza mondiale hanno imposto al gigante asiatico di garantire un costante afflusso di risorse energetiche al Paese.

Non a caso, il Kazakistan rappresenta uno dei principali destinatari degli investimenti strutturali cinesi nel contesto della Belt and Road Initiative (BRI). L’esempio più lampante, in tal senso, è la costruzione dell’oleodotto di 2.300 km che dal Mar Caspio arriva fino alla regione cinese dello Xinjiang. Inoltre, la compagnia nazionale cinese per l’estrazione del petrolio, la China National Petroleum Corporation, possiede diversi diritti per l’estrazione di greggio sul territorio kazako.

Conclusioni

Le ingenti risorse di petrolio e gas di cui il Kazakistan dispone lasciano sperare in ampie prospettive di sviluppo economico. Tuttavia, il fatto che tali risorse rappresentino la spina dorsale dell’intera economia del Paese rende Nur-Sultan molto vulnerabile agli andamenti del mercato energetico mondiale.

Grazie alla sua funzione di porta d’accesso verso i mercati occidentali, la Russia ha la possibilità di controllare le esportazioni di greggio e gas del Kazakistan verso Ovest, rivelandosi un partner piuttosto capriccioso. D’altro canto, sebbene costituisca al momento un solido mercato per le esportazioni kazake, anche la Cina potrebbe non dare garanzie per il futuro. Pechino sta investendo diversi miliardi in energia rinnovabile, al fine di ridurre la propria dipendenza dall’importazione di gas e petrolio: tale transizione si tradurrebbe, inevitabilmente, in una riduzione delle esportazioni kazake verso la Cina.

Per rimediare a questa situazione, il Kazakistan dovrebbe cercare di diversificare i propri sbocchi commerciali e cercare di ampliare le proprie possibilità di accesso verso i mercati occidentali. In tal senso, un ruolo fondamentale è giocato dall’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan, il quale – partendo dall’Azerbaigian sulla costa occidentale del Mar Caspio – consente al greggio kazako di raggiungere le coste turche sul mediterraneo, a Ceyhan.

 

Fonti e approfondimenti

Paddy Ryan, “Kazakhstan: The thorn in the side of Russia’s energy colossus”Atalantic Council, 21 giugno 2019

Uranium and Nuclear Power in Kazakhstan, ottobre 2019

Paddy Ryan, “Kazakhstan and the struggle over Central Asia”, Spectator USA, 4 giugno 2019

Michael Hart, “Central Asia’s Oil and Gas Now Flows to the East”The Diplomat, 18 agosto 2016

The World’s Largest Oil Reserves By CountryWorldatlas

Aidana Yergalyieva, “Kazakhstan Energy Week examines latest trends, future of energy sector”Astana Times, 23 settembre 2019

“Kazakhstan’s geopolitical tightrope: Between Russia and the West”Euractiv, 3 agosto 2017

Catherine Putz, “Energy in Central Asia: Who Has What?”, The Diplomat, 15 giugno 2017

Selwyn Parker, “Kazakhstan wakes to hydrocarbon promise”, Petroleum Economist, 4 luglio 2018

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