La Guerra dei Dazi tra Stati Uniti e Cina

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

La cosiddetta Guerra dei Dazi tra Cina e Stati Uniti è stato probabilmente l’argomento più discusso sui media economico-finanziari del globo dell’anno passato. Allo stesso tempo, tale tematica è estremamente complessa e va analizzata con cautela da diverse prospettive.

La Guerra dei Dazi in chiave elettorale

La Guerra dei Dazi tra Cina e Stati Uniti è cominciata dopo l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti. Trump ha indubbiamente fatto del riequilibrio del deficit commerciale con la Cina uno dei suoi cavalli di battaglia nelle elezioni del 2016. Questa guerra commerciale si sta svolgendo tramite tariffe (in sostanza tasse sui beni in entrata) da una parte e dall’altra, con risultati ancora non ben delineati, a parte l’incertezza economica globale che si è creata di conseguenza. La strategia di Trump per ora si è limitata ad aumentare i dazi in modo moderato, per poi forzare la Cina a ridurre il deficit commerciale tramite acquisti di merci americane, forte del fatto che quest’ultima si troverebbe in una posizione di svantaggio in un’eventuale escalation.

È indubbio che la diminuzione dell’impiego nel settore manifatturiero abbia giocato un ruolo fondamentale nell’elezione di Donald Trump nel 2016, specialmente considerando il sistema elettorale americano dell’Electoral College, per il quale il voto degli Stati rurali, dove Trump ha stravinto nel 2016, ha un peso molto superiore alla percentuale effettiva di abitanti che vi vivono. Non a caso questo sistema viene spesso criticato in America per non essere rappresentativo dell’effettiva distribuzione geografica della popolazione americana. Tenere a mente questo fatto è fondamentale per comprendere la strategia di confronto frontale che Trump ha adoperato con la Cina, in diretta rottura con l’approccio più cooperativo degli anni di Barack Obama.

In chiave elettorale, ora Trump si trova a dover bilanciare il rischio sistemico che una guerra commerciale “totale” potrebbe portare all’economia e ai mercati prima delle elezioni, specialmente riguardo alla promessa di riportare posti di lavoro in patria, impegno che finora non è stato mantenuto.

 

La situazione degli scambi Cina-USA

Come in molte nazioni sviluppate, anche negli USA il peso del settore manifatturiero dell’economia è diminuito costantemente, dal 50% degli anni ’50 a poco più del 10% del totale nel 2019. Allo stesso tempo, sebbene il settore manifatturiero americano sia ancora il più grande del mondo nel 2019 (18% del totale mondiale), questo è ormai tallonato (se non già superato secondo alcune fonti) dalla manifattura cinese (17% del totale su scala globale), che è ancora in forte espansione ed è destinata a superare ampiamente sul totale quella americana nel prossimo decennio. Per molti esperti, il declino del sistema manifatturiero americano è inevitabile, data la presenza di numerose alternative in Paesi dal costo di lavoro molto più basso (in alcuni casi ancora più a basso costo della Cina).

Altro fattore importante, spesso tralasciato dai media quando si parla di deficit commerciale tra Stati Uniti e Cina, riguarda il fatto che gli Stati Uniti hanno un surplus nei servizi (ad alto valore aggiunto) con la Cina e con il resto del mondo. Gli Stati Uniti hanno infatti un deficit commerciale annuale di circa 420 miliardi di dollari con la Cina ma un surplus nei servizi (come ad esempio servizi finanziari) di 40 miliardi e di 270 miliardi con la Cina ed il resto del mondo rispettivamente. Questi numeri, uniti ad un forte mercato dei consumi interni, suggeriscono come la crescita post-crisi in America abbia favorito maggiormente gli impiegati nel settore terziario, che di solito vivono nelle aree suburbane e sono più propensi a votare per il Partito Democratico.

Dati questi cambiamenti strutturali, è fondamentale per Trump fermare l’emorragia di posti di lavoro nel manifatturiero anche se si tratta di un settore, come evidenziato, in declino in proporzione all’output economico negli Stati Uniti.

 

Il ruolo del dollaro

Il dollaro gioca un ruolo fondamentale in questo deficit commerciale (e surplus dei servizi). Dalla crisi del 2008 in avanti, il dollaro è aumentato di valore contro quasi tutte le monete mondiali per motivazioni che vanno dalla crisi dell’euro del 2012 al fatto che lo yuan cinese è di fatto ancorato al valore del biglietto verde per motivi strategici (altro elemento spesso criticato da Donald Trump e il suo team). Questo scenario macroeconomico fa si che l’export americano sia in una posizione di svantaggio verso il resto del mondo, il che porta a un aumento del deficit commerciale e colpisce ulteriormente il settore manifatturiero.

 

L’impatto della Trade War sulle prossime elezioni

Molti studi sono stati svolti negli Stati Uniti, e altrove, riguardo agli effetti della globalizzazione sulle abitudini elettorali americane. Alcuni esperti in materia sembrano convergere sull’ipotesi che l’impatto della competizione cinese sul settore manifatturiero americano non abbia cambiato le attitudini della popolazione verso posizioni protezionistiche, ma che abbia aumentato la diffidenza degli americani bianchi verso le minoranze religiose e razziali (viste come nuova competizione per i posti di lavoro). Anche per questo motivo, Trump è riuscito a catturare il consenso dell’elettorato facendo leva sul risentimento delle aree rurali verso i centri urbani, zone spesso con una forte presenza di minoranze.

È particolarmente interessante notare come, almeno in teoria, insistere su una politica protezionistica da parte di Trump non avrebbe senso economicamente dato che la disoccupazione americana è, almeno sulla carta, al minimo storico. Le motivazioni sono quindi da ricercarsi nello spostamento geografico delle opportunità lavorative dalle aree rurali alle aree urbane, trasferimento che, come detto, ha avuto un impatto sull’elettorato. Gli elettori delle zone rurali spesso non sono qualificati per ambire ai nuovi posti di lavoro creati dalla new economy e quindi finiscono per uscire dalla forza lavoro e non venire conteggiati nei dati sulla disoccupazione. Emblematica è la situazione del West Virginia, Stato dove Trump ha la maggioranza assoluta dei voti ma che continua a perdere posti di lavoro nel settore delle miniere di carbone e relativo indotto.

 

Conclusioni

I cambiamenti in atto nell’economia americana, provocati dalla competizione cinese ma anche da fattori strutturali, hanno favorito il risentimento di molti lavoratori rurali su base razziale, di partito e geografica (rurale/urbana) che ora formano la base dell’elettorato di Trump. Questo consenso resiste nonostante la Guerra dei Dazi in atto abbia avuto effetti negativi in alcune aree del Midwest esposte all’export verso la Cina. Per questo motivo, nel 2019, Trump ha elargito sussisdi agli agricoltori per 16 miliardi di dollari (il valore più alto degli ultimi 14 anni) che si sommano ai 12 miliardi del 2018. Per fare un paragone, questa somma è maggiore alla spesa per il salvataggio governativo dell’industria dell’auto dopo la crisi del 2008.

Trump si trova, dunque, nella delicata situazione di dover evitare un declino economico troppo marcato nelle aree interessate provocato dai dazi (da qui il recente passaggio del ‘phase one deal’ in cui la Cina si impegna sulla carta a ridurre il deficit), soprattutto negli swing States, prima delle elezioni di Novembre 2020. Seppur contando su una base solida in varie regioni del Mid-West, Trump deve evitare una recessione diffusa nel settore manifatturiero e/o agricolo che potrebbe avere un impatto non indifferente sulle sue chances di vittoria.

 

 

Fonti e approfondimenti

Ben Casselman, Niraj Chokshi and Jim Tankersley, The Trade War, Paused for Now, Is Still Wreaking Damage, 22/01/2020

Dr. Michael Ivanovitch, The US-China trade deal leaves a large American deficit and a permanent collision course, 16/12/2019

Kimberly Amadeo, Why the dollar is so strong right now, 14/03/2019

Niskanen Center, ,Did Chinese trade competition help elect Trump?, 16/01/2019

Andrea Cerrato, Francesco Ruggieri e Federico Maria Ferrara, Trump won where import shocks from China were strongest, 02/12/2016

Office of the United States Trade Representative, China, Taiwan and Mongolia Trade , 01//01/2019

Kimberly Amadeo, US Manufacturing Statistics, 22/10/2019

Louis D.Johnson, History Lessons: Understanding the decline in US Manufacturing, 22/02/2012

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