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Botswana e Mozambico: vincitori e perdenti nella sfida contro il debito

 

In due precedenti articoli abbiamo trattato l’evoluzione storica del debito dei Paesi africani e le soluzioni proposte sia dalle istituzioni finanziarie internazionali sia dai Paesi africani stessi. Ora concluderemo questo ciclo di articoli relativi al debito dell’Africa Subsahariana analizzando le condizioni di due Paesi: il Mozambico, che è stato classificato dal FMI in condizione di debt distress e il Botswana che invece è uno degli Stati con il debito più basso del continente e una delle economie più solide. Proviamo a osservarne le differenze.

Mozambico: evoluzione e composizione del debito

Negli anni ’90 il Mozambico fu uno dei beneficiari della Heavly Indebted Poor Country (HIPC) e della Multilateral Debt Relief Initiative (MDRI)  al fine di ridurre il proprio debito. Come avvenne in molti dei Paesi coinvolti in queste linee, effettivamente il livello di indebitamento scese, ma solo temporaneamente. Infatti, dalla crisi del 2008 la crescita riprese in modo notevole. Si calcola che tra il 2007 e il 2015 lo stock di debito esterno del Mozambico sia cresciuto del 230%, tanto che nel 2017 il rapporto debito/PIL giunse al 111,6%. Inoltre, a partire dal 2016 il Mozambico iniziò ad accumulare arretrati nel pagamento del debito e dei tassi di interesse, aggravando le proprie condizioni già fragili: si calcola che nel 2017 i costi del debito, capitale e interessi inclusi, siano giunti a 710 milioni di dollari, pari a circa il 110% del PIL. Dal 2016, quindi, nel tentativo di rendere il debito sostenibile, il Paese avviò dialoghi bilaterali con molti creditori per una ristrutturazione, ma senza successo. 

La composizione del debito del Paese ha visto un’evoluzione nel tempo: nel 2010 la maggior parte era detenuta da istituzioni multilaterali come il Fondo Monetario (precedentemente chiamato FMI) e la Banca Mondiale. I creditori bilaterali e le banche commerciali erano detentori minoritari. Dal 2013 invece, la situazione è mutata: il Mozambico ha iniziato a emettere Bond sul mercato finanziario. Ciò unito all’attivazione di nuovi prestiti da parte di singoli Stati ha comportato un incremento del debito bilaterale, in gran parte detenuto dalla Cina, che ha finanziato una grande quantità di progetti infrastrutturali nel Paese. Contemporaneamente si è assistito a una riduzione del debito detenuto dalle istituzioni multilaterali, a causa di una riduzione dei finanziamenti della Banca Mondiale, ma soprattutto del FMI, dovuto allo scandalo della Tuna Loan e alla conseguente perdita di credibilità da parte del Paese.

La Tuna Loan

Il debito del Mozambico era considerato sostenibile finché non vennero scoperti ingenti prestiti, fino a quel momento in parte mantenuti segreti, e che presero il nome di Tuna Loan. Il tutto ebbe inizio tra il 2013 e il 2014 quando vennero create tre compagnie per sviluppare un progetto di pesca del tonno che comportò la stipulazione di un finanziamento con Credit Suisse e VTB Capital di oltre 2 miliardi di dollari, circa il 30% del budget annuale del Paese. Ufficialmente il finanziamento era destinato all’acquisto di una flotta per la pesca del tonno, di altre attrezzature e al rafforzamento della sicurezza marittima, ma in realtà una parte consistente del prestito venne utilizzata per comprare nuovi equipaggiamenti militari. 

Una volta scoperti questi finanziamenti segreti il debito crebbe vertiginosamente. Il Mozambico venne incluso tra i Paesi in debt distress, ovvero Paesi il cui debito non è più considerato sostenibile: ci fu un default, la credibilità del governo venne a meno e i creditori internazionali iniziarono a diffidare delle promesse fatte. In particolare, l’allora Presidente Guebuza fu accusato di aver violato per ben due volte la Costituzione. Nel primo caso si trattava dell’articolo 179, che stabilisce che il Parlamento deve essere consultato prima di prendere decisioni sul debito; nel secondo caso dell’obbligo esistente, nel caso di contratti di grande importanza, di rendere disponibile la traduzione dei documenti anche in lingua portoghese. Inoltre, alcune indagini hanno mostrato come una parte dei finanziamenti siano finiti nelle tasche dell’élite politica e imprenditoriale del Paese. Infine, come conseguenza di tutto ciò, il FMI decise di cessare i finanziamenti, ritenendo che non ci fossero più le garanzie necessarie ad assicurarne un corretto utilizzo. 

Dall’economia reale ai mercati finanziari

L’economia del Paese è basata per l’80% sull’agricoltura, rendendo i guadagni instabili e dipendenti dalle condizioni ambientali. Nonostante il Paese sia considerato abbastanza ricco di risorse minerarie, esse non sono adeguatamente sfruttate, così come il petrolio offshore. Come spesso accade nel continente l’esportazione di materie prime – in particolare cotone, zucchero e prodotti ittici – e importazione di prodotti industriali e manufatti meccanici non permettono allo Stato di avere guadagni stabili. Le rendite derivanti da questo commercio sono infatti limitate e altalenanti e non permettono di attuare investimenti infrastrutturali e nel settore dei servizi che dipendono da loans stranieri e da aiuti allo sviluppo, in una spirale crescente del debito che si allontana sempre di più dalla sua conclusione. 

Come accennato sopra, dal 2013 il Mozambico ha fatto il proprio ingresso nel mercato finanziario internazionale emettendo i suoi primi titoli di Stato. Ma i bonds non sono stati gestiti in modo adeguato e anzi hanno giocato un ruolo fondamentale nell’aumentare il debito del Paese invece di rifinanziarlo. L’emissione di titoli a lunga scadenza con tassi di interesse molto alti (10,5% circa) ha fatto sì che risorse potenzialmente destinabili all’educazione e alla sanità ora siano utilizzate per pagare i tassi di interesse sui titoli e il debito già accumulato. 

Botswana: un debito sempre molto basso

Completamente diversa è la situazione del Botswana. Il livello di debito del Paese è sempre stato molto basso e le sue performance economiche rientrano tra le migliori del continente africano. Già negli anni ’90 il Paese riuscì a non essere travolto dalla spirale del debito: nel 1998, infatti il rapporto debito/PIL ammontava solamente all’11,26%. 

Anche il Botswana, però, come altri Paesi africani risentì della crisi economica e dal 2009 il rapporto debito/PIL iniziò a crescere, raggiungendo il suo picco nel 2010 (20,43%), anche se con valori decisamente più bassi rispetto alla media del continente. E ancora una volta la solidità economica del Paese è stata evidente: nel giro di cinque anni il debito è ritornato ai livelli di inizio anni 2000. 

Ottime performance economiche e finanziarie

A ciò si affianca una crescita economica di tutto rispetto. Dall’indipendenza agli anni 2000 i tassi di crescita si sono aggirati intorno a una media annua del 9%, tanto che nel 1994 il Botswana si è posto in testa alla classifica dei Low Development Countries stilata dall’ONU. Il commercio di diamanti è molto fiorente e permette al Paese di registrare continui surplus della bilancia dei pagamenti. Ciò significa che i proventi derivanti dalle esportazioni minerarie sono in grado di sopravanzare costantemente i costi delle importazioni di altri prodotti.

Gli avanzi registrati di anno in anno permettono allo Stato di mantenere un livello di tassazione modesto e al contempo di garantire investimenti infrastrutturali, nei servizi e nell’industria al fine di diversificare l’economia del Paese. Tutto ciò spiega il basso livello di debito accumulato e l’assenza di ritardi nel pagamento degli interessi e del capitale.  

Anche dal punto di vista finanziario il Botswana è considerato uno dei Paesi più avanzati del continente. Sin dalla loro introduzione, alla fine degli anni ’90, il numero dei suoi titoli di Stato è cresciuto in modo costante, così come è aumentata la liquidità da essi ricavata, il tutto senza impattare negativamente sul livello del debito. Per quanto riguarda il primo aspetto, ovvero la quantità dei titoli, nel giro di pochi anni si è passati da 3 a 39 obbligazioni. Un aumento nel numero dei Bond che ha avuto effetti positivi: la loro utilità nel garantire liquidità al Paese è stata evidente. Nel 2009, infatti, la liquidità da essi derivante era pari a 5% del PIL, salendo fino all’8,5% del PIL nel 2015. Liquidità ottenuta senza aumentare significativamente il livello del debito: nel 2009  la quantità di debito/PIL finanziata attraverso l’emissione di Bond era pari al 7,2%, mentre nel 2015 era cresciuta solamente dello 0,3%. La stabilità economica ha permesso al Botswana di praticare tassi di interesse bassi e sostenibili, anche per le scadenze temporali più lunghe, non essendo necessari finanziamenti immediati e consistenti. 

Inoltre, il sistema bancario del Botswana è estremamente efficiente: i finanziamenti vengono concessi a condizioni di mercato, in modo trasparente e vigilato, secondo le normative internazionali. La trasparenza e la solidità del sistema bancario permettono di garantire liquidità e di non trovarsi ad affrontare problemi di insolvenza.

Quali conclusioni?

Sono tre le conclusioni che possiamo trarre da tutto ciò. In primo luogo, è chiaro come l’esperienza del Botswana insegni che un’adeguata gestione delle risorse sia fondamentale per ottenere guadagni e reinvestirli nello sviluppo economico e sociale. In secondo luogo, emerge l’importanza del mercato finanziario e della capacità dei Paesi di gestire adeguatamente i titoli di Stato, in modo tale da renderli sia appetibili sia sostenibili e quindi efficaci. In terzo luogo, lo scandalo della Tuna Loan, in Mozambico, mostra come la trasparenza e la credibilità siano fondamentali per garantire al Paese finanziamenti efficaci

 

Bibliografia e approfondimenti

AFRODAD, Debt Profile: Mozambique, 2018

Fanwell Kenala Bokosi, Rangarirai Chikova, Bond issuance and the current debt crisis in Mozambique, AFRODAD, Policy Brief

Kopano Bolokwe, History and Status of the Botswana Bond Market, Botswana Bond Market Conference, 26/08/2016

 

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