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Il crisantemo nelle terre aride: il TICAD e gli aiuti allo sviluppo giapponesi nel continente africano

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Nel precedente articolo, abbiamo analizzato i rapporti tra Giappone e Paesi del continente africano dal punto di vista storico, per comprenderne l’evoluzione e i fattori determinanti. Adesso, ci soffermeremo invece sugli strumenti che Tokyo ha impiegato per strutturare i rapporti con i Paesi del continente africano e raggiungere i propri obiettivi di politica estera. Nello specifico, andremo ad analizzare la “Conferenza Internazionale di Tokyo per lo Sviluppo Africano” (TICAD) e gli aiuti allo sviluppo giapponesi nel continente africano. Condurre questa analisi in parallelo è fondamentale per comprendere l’evoluzione delle politiche giapponesi in Africa. Infatti, in entrambi i contesti, il settore privato si è affermato in modo sempre più marcato e le tematiche di sviluppo economico e commerciale sono diventate prioritarie rispetto alle questioni sociali.

Il TICAD

È stata la prima conferenza di questo tipo organizzata per promuovere lo sviluppo del continente africano. Nato nel 1993 a Tokyo e presieduto dal Giappone, riunisce i capi di Stato e di Governo dei Paesi africani, l’Unione Africana, la Banca Mondiale (BM), il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e donatori del settore pubblico e privato. L’obiettivo è quello di promuovere lo sviluppo, la pace e la sicurezza nel continente africano, attraverso la cooperazione multilaterale e bilaterale con il Giappone.

Indetto in un momento storico in cui i donatori occidentali erano concentrati sui Paesi dell’ex blocco Sovietico – la Guerra Fredda era infatti terminata da poco – il TICAD ha avuto il merito di rifocalizzare l’attenzione internazionale sulla questione dello sviluppo nel continente africano.

Ogni edizione:

I partecipanti

Nel corso delle varie edizioni la partecipazione dei Paesi del continente africano è considerevolmente aumentata, passando da 5 rappresentanti nel 1993 a 53 nel 2019, segno evidente che la Conferenza viene ritenuta una piattaforma di dialogo efficace, utile e vantaggiosa.

L’approccio multilaterale è stato scelto dal Giappone per rendere il TICAD un luogo di incontro per i donatori delle varie organizzazioni, in modo da poter agire di concerto per lo sviluppo del continente. Tale scelta è motivo di orgoglio da parte del governo giapponese, che ha sempre sottolineato come questo renda il TICAD diverso dai format scelti dagli altri Paesi – come il Forum di Cooperazione Cina-Africa (FOCAC), l’India-Africa Forum Summit, il Vertice USA-Africa o il più recente Vertice Russia-Africa – che hanno invece una natura essenzialmente bilaterale. In realtà, nelle edizioni più recenti del TICAD, i momenti di incontro bilaterali del Primo Ministro Giapponese con i vari capi di Stato e di Governo sono decisamente aumentati. In questo senso, anche il TICAD sta diventando una piattaforma di dialogo bilaterale per il Giappone, con gli altri co-organizzatori che assumono il ruolo di sponsor.

Recentemente, il TICAD ha subito anche un’altra trasformazione. Dalla quarta edizione in poi, tenutasi per la prima volta a Yokohama nel 2008, il numero di dirigenti aziendali, manager industriali e rappresentanti del mondo imprenditoriale giapponese che partecipa alla Conferenza è aumentato vertiginosamente. Ad esempio, nel 2016, 70 leader di grandi aziende e di piccole e medie imprese hanno accompagnato il Primo Ministro Abe a Nairobi per il TICAD VI. Questo cambiamento è parte integrante della strategia giapponese, che punta a promuovere il commercio e gli investimenti con i Paesi del continente africano. Perciò, alcuni ritengono in una  che il TICAD, nato come forum dedicato allo sviluppo del continente, stia progressivamente diventando un mezzo per promuovere il ruolo del settore privato nello sviluppo e per riflettere gli interessi economici giapponesi nel continente africano.

L’agenda

Nelle varie edizioni, il TICAD si è concentrato su aree tematiche differenti, andando a rispecchiare l’evoluzione della posizione giapponese nel continente africano che abbiamo analizzato nel precedente articolo. In questo contesto, il summit del 2008 può essere considerato uno spartiacque.

Tra i progetti più recenti, vi sono l’Iniziativa “ABE” (African Business Education), un programma di studi universitari in Giappone per i giovani provenienti dai Paesi africani.  Per incentivare e supportare la cooperazione tra imprese giapponesi e locali, sono stati lanciati il Dialogo Aziendale Pubblico-Privato e il “Nuovo TICAD”, un partenariato pubblico-privato basato sui concetti di impresa, innovazione, imprenditoria e investimento.

“Proprietà africana” e “partenariato internazionale”

Sono le due parole d’ordine del TICAD. L’idea dei leader giapponesi è che le politiche di sviluppo adottate dal TICAD siano di “proprietà” dei Paesi africani, con la comunità internazionale che ne supporta l’attuazione. In questo senso, il TICAD promuove un paradigma di sviluppo diverso da quello delle Istituzioni Finanziarie Internazionali, che invece impongono le riforme da adottare ai Paesi che ricevono gli aiuti allo sviluppo.

L’obiettivo è quello di rendere i Paesi del continente africano autosufficienti senza dipendere dagli aiuti bilaterali o multilaterali. Questa idea deriva dall’esperienza di sviluppo del Giappone stesso, e propria di altri Paesi dell’Asia Pacifica come Repubblica di Corea, Taiwan e Cina, basata sul modello dello “Stato sviluppista”. Il Giappone ha raggiunto lo sviluppo economico del dopoguerra grazie alla combinazione di un sistema politico democratico (ma monopartitico), e uno Stato interventista sul piano economico. Alcuni ritengono che la promozione e l’esportazione del modello di sviluppo asiatico nei Paesi del continente africano sia una delle ragioni per la creazione del TICAD.

Gli aiuti allo sviluppo

Gli aiuti allo sviluppo, strumento diplomatico fondamentale nella politica estera giapponese data la mancanza di potere militare, sono stati utilizzati come mezzo per promuovere questa idea di sviluppo economico. Il Giappone è un membro del Comitato per gli Aiuti allo Sviluppo (CAS) dell’OCSE e partecipa ai programmi di prestito delle Istituzioni Finanziarie Internazionali. Nel frattempo, mette in atto delle strategie di sviluppo basate sulla ricerca dell’autonomia economico-finanziaria dei Paesi destinatari. In questo senso, la visione degli aiuti giapponese è lontana dalla teoria e delle pratiche più “assistenzialiste”, ma spinge i Paesi destinatari a risolvere autonomamente la questione della povertà. Tale approccio deriva dall’esperienza di sviluppo asiatica sopra menzionata. Non a caso, il Giappone viene definito un donatore di tipo occidentale, ma con le proprie peculiarità.

Questa doppia natura di donatore occidentale e asiatico è evidente nel contesto del continente africano. Fino agli anni novanta, il Giappone ha prevalentemente erogato prestiti e “aiuti condizionati” (all’acquisto di beni giapponesi) per la realizzazione di progetti infrastrutturali. Ciò, a fronte di una tendenza dei Paesi CAS per le donazioni e gli aiuti “non condizionati”. Per questo, il programma di aiuti giapponese è stato fortemente criticato, accusato di beneficiare le aziende giapponesi e di migliorare i termini commerciali del Giappone con i Paesi del continente africano, anziché il contrario.

In realtà, vi è una spiegazione culturale dietro questo approccio agli aiuti, basata ancora una volta sull’esperienza di sviluppo del Giappone. Per la ricostruzione del dopoguerra, Tokyo ha ricevuto $863 milioni di prestiti dalla Banca Mondiale, che ha interamente ripagato entro il 1990; in quegli anni, vi è stato il boom economico, con una crescita media dell’8% annuo prima dell’inizio delle “decadi perdute”. Per questo, l’obiettivo del Giappone è che gli aiuti non vengano percepiti come un atto caritatevole, ma invece spingano i Paesi beneficiari a lavorare sodo per poterli ripagare, stimolandone quindi la crescita economica.

Gli aiuti allo sviluppo oggi

Con l’introduzione nel 2015 della Carta sulla Cooperazione allo Sviluppo, il Giappone si è discostato ulteriormente dai criteri stabiliti dal CAS per gli “aiuti pubblici allo sviluppo” – prestiti con un elemento di donazione almeno del 25% e un tasso di interesse inferiore al 10% – enfatizzando i finanziamenti del settore privato. Aprendo l’ultima edizione del TICAD, il Primo Ministro Abe ha dichiarato che la filantropia privata ha toccato quota $20 miliardi, cifra che si aspetta venga sorpassata “da un giorno all’altro” in vista del prossimo TICAD nel 2022, mentre gli ODA non raggiungono i $2 miliardi annui. Oggi Tokyo opera attraverso partenariato pubblico-privato, finanziando principalmente progetti infrastrutturali su larga scala per migliorare la connettività regionale e iniziative per favorire lo sviluppo del settore privato locale.

Fonti e Approfondimenti

Abe, Shinzō, Keynote Address by Mr. Shinzo Abe, Prime Minister of Japan at the Opening Session of the Seventh Tokyo International Conference on African Development, 30 agosto 2019.

Antil, Alain, Japan’s Revived Africa Policy, L’Afrique en Questions. Ifri, 20 giugno 2017.

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Ampiah, Kweku, The Discourse of Local Ownership in Development: Rhapsodies about ‘Self-help’ in Japan’s Economic Assistance to Africa. Japanese Studies, 32, n. 2, 2012: 161-182.

Banca Mondiale, World Bank’s Loans to Japan, 8 ottobre 2005.

Cabinet Office, Government of Japan. (n.d.). 国民経済計算.

Cornelissen, Scarlett, Japan’s Official Development Assistance to Sub-Saharan Africa: Patterns, Dynamics and Lessons. In H. Kato, J. Page, & Y. Shimomura, Japan’s Development Assistance (pp. 149-165). New York: Palgrave MacMillan, 2016.

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Horiuchi, Shinsuke, TICAD after 10 Years: A Preliminary Assessment and Proposals for the Future. In S. Adem, Japan, a Model and a Partner: Views and Issues in African Development (pp. 23-41). Leiden; Boston: Brill Academic Publishers, 2005.

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JICA, Annual Report 2018, Settembre 2018.

Ministry of Foreign Affairs of Japan, Yokohama Plan of Actions, 2019.

In copertina: Flickr, @GovernmentZA.

 

 

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