Site icon Lo Spiegone

Il Meccanismo Europeo di Stabilità: patto col diavolo o circolo virtuoso?

Nel 2010 l’Unione Economica e Monetaria dell’UE ha mostrato tutta la sua fragilità con il collasso dell’economia greca. Per garantire maggiore solidità all’edificio dell’Eurozona, furono creati nuovi organismi e istituzioni intergovernative. Tra questi, il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), grazie ai cui finanziamenti la Grecia si è salvata. Poco noto ai più negli ultimi dieci anni, è diventato tema ricorrente alla fine del 2019, quando una sua riforma è stata posta al centro del dibattito nazionale italiano.

Oggi, la discussione si è spostata sull’eventuale ricorso al Meccanismo nel sostegno agli Stati europei colpiti dal COVID-19. L’Italia, al momento la più danneggiata, ha respinto questa soluzione. Nell’ultima riunione dell’Eurogruppo, il governo Conte si è posto a capo di un gruppo di nove Paesi dell’Europa meridionale che hanno allontanato l’opzione MES dal tavolo delle trattative. La coalizione appoggia altre manovre di sostegno all’Eurozona, sulle quali i Paesi del nord – membri e simpatizzanti della cosiddetta Nuova Lega Anseatica – sono invece scettici.

Il dibattito sul Meccanismo è figlio di scarsa chiarezza sulla natura di questa istituzione, che viene spesso adattata a discorsi propagandistici. Un’analisi della sua struttura e del suo funzionamento è quindi necessaria per spiegare i timori dei Paesi in crisi relativi ai prestiti dal MES.

La struttura del MES e le controversie sulla sovranità nazionale

Il MES è stato creato nel 2012 dopo la dimostrazione di efficacia di un sistema di salvataggio europeo per i Paesi colpiti maggiormente dalla crisi. È un’istituzione intergovernativa che non è sottoposta alla legislazione dell’UE ma a quella internazionale. Sostituisce il Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria (FESF), che fu fondato temporaneamente per soccorrere Grecia, Irlanda e Portogallo. Oggi il FESF rimane attivo contribuendo alla “potenza di fuoco” del Meccanismo con 700 miliardi di euro.

Il trattato istitutivo del MES ne stabilisce la struttura e le modalità di intervento. A esso aderiscono tutti i Paesi dell’Eurozona, i cui rappresentanti compongono i due organismi istituzionali principali. Il Consiglio dei Direttori (CD) è composto da specialisti e tecnici provenienti da ogni Stato membro e assicura l’aderenza al trattato. Il Consiglio dei Governatori (CG), invece, raccoglie i ministri delle finanze di ciascun Paese ed elegge l’amministratore delegato del MES e il consiglio di amministrazione a questi affiancato. Il CG è presieduto dal presidente dell’Eurogruppo, che oggi è il ministro dell’Economia portoghese Mário Centeno.

Il ruolo principale del MES è il sostegno economico ai Paesi membri in difficoltà. In questo, come stabilisce il trattato, viene spesso affiancato dal Fondo Monetario Internazionale (FMI). Gli aiuti possono assumere forme differenti. Finora, sono state messe in atto due tipologie: il prestito e la ricapitalizzazione (usata solo nel caso spagnolo). Ogni intervento del Meccanismo è accompagnato dalla richiesta di riforme economiche e fiscali da parte degli Stati richiedenti: è il cosiddetto sistema cash-for-reform. La politica economica nazionale viene posta sotto la supervisione del MES e di altre istituzioni internazionali: il FMI, la Banca centrale europea (BCE) e la Commissione europea. Questo gruppo, ribattezzato “troika”, verifica l’attuazione di tagli alla spesa pubblica – soprattutto nei settori riguardanti la protezione sociale – per salvaguardare il bilancio statale e diminuire il deficit.

Le economie di Paesi come Cipro, Irlanda e Portogallo si sono riprese e sono tornate in salute grazie alle politiche adottate nel programma di sostegno del MES. Anche la Grecia, che è ricorsa al soccorso internazionale ed europeo tre volte fra il 2011 e il 2015, ha interrotto il programma di finanziamenti del MES nel 2018 in quanto non più necessario. Tuttavia, le politiche di austerità che hanno accompagnato i prestiti europei hanno suscitato grandi proteste interne nei Paesi aiutati per l’alto prezzo delle riforme a livello sociale: tagli alle pensioni e ai sistemi sanitari, incremento della pressione fiscale sui cittadini e aumento delle disuguaglianze. Questo forte condizionamento rischia di trascendere la dimensione economica e di trasformare i finanziamenti in armi politiche, come avvenuto durante la crisi dell’Eurozona.

L’Unione Bancaria e la riforma del MES

Successivamente alla crisi dell’Eurozona nel 2010, la Commissione europea ha inserito nell’agenda il rafforzamento del sistema finanziario europeo: al centro del progetto, l’Unione bancaria. Questa comporta una maggiore integrazione tra le banche centrali dei singoli Stati membri. La BCE “vigila” sui sistemi finanziari nazionali per sostenerne la solidità e garantire i depositi bancari. In linea con l’agenda della Commissione, i membri del MES nel 2018 hanno proposto una controversa riforma di quest’ultimo. Il MES diventerà prestatore di ultima istanza del Fondo istituito dall’UE a sostegno delle economie nazionali, nel caso questo necessitasse di liquidità per un’operazione di soccorso.

L’accesso al credito

Le nuove condizioni per accedere al credito del Meccanismo, che diventeranno più rigide, hanno generato i maggiori contrasti tra gli Stati membri. Oggi, in caso un governo necessiti di liquidità, l’accesso alle linee di credito del MES può avvenire in due modalità. La Precautionary Conditioned Credit Line (PCCL) viene aperta per Paesi virtuosi, che rispettano le regole del Patto di Stabilità e Crescita – cioè il cui rapporto deficit-PIL non sia superiore al 3% – e detengono un debito pubblico sostenibile. La Enhanced Conditions Credit Line (ECCL), invece, riguarda quegli Stati che richiedono il sostegno del MES, ma non rispettano tutte le condizioni necessarie per richiedere la PCCL. Per beneficiare del credito, lo Stato in questione deve mettere in atto politiche che migliorino il bilancio nazionale riducendo il deficit. Per questo motivo, le misure comprendono una sostanziale spending review, come descritto in precedenza, e la loro implementazione viene esaminata periodicamente.

Con la riforma, il Paese che accede a una PCCL dovrà non essere in procedura di infrazione, rispettare la regola del 3% di deficit da almeno due anni e avere un debito pubblico non superiore al 60% del PIL. Una volta appurate queste condizioni, il governo nazionale firmerà una “dichiarazione d’intenti” in cui assicura che manterrà l’economia in queste condizioni; il rispetto dell’impegno verrà verificato almeno una volta ogni sei mesi dal MES. La ECCL, invece, rimane valida per coloro che non rispettano tutte le condizioni di cui sopra, ma il richiedente dovrà firmare un memorandum d’intesa in cui assicura riforme strutturali per migliorare la situazione economica interna: in altre parole, l’accordo tra le parti diventa più stringente. L’autonomia in politica interna dei Paesi debitori viene quindi ridotta ulteriormente, anche nel caso di PCCL.

Le clausole di azione collettiva

Inoltre, viene introdotta una singola sessione di voto per l’attivazione delle clausole di azione collettiva (CAC). In situazioni di difficoltà di un’economia nazionale, i detentori dei titoli di quel Paese possono concordare la ristrutturazione del debito, cioè una sua riduzione, un allungamento del periodo di maturazione o un’ulteriore rateizzazione. Questa possibilità è stabilita dalle CAC ed è esercitata in varie sessioni di voto da creditori che detengono titoli emessi in periodi differenti. Quando invece avvengono in un’unica sessione, tutti i creditori sono convocati in un’unica assemblea e la maggioranza determina la decisione sulla ristrutturazione.

Questo significa, nel caso del MES, che se i creditori di titoli di uno Stato membro decidono per la ristrutturazione del debito, lo Stato sarà costretto ad attuarla, anche se non è nell’interesse nazionale. Infatti, questa operazione espone il sistema economico nazionale a un maggiore rischio finanziario, favorendo un innalzamento dei tassi d’interesse proprio in quei Paesi dove gli interessi sono già elevati. I piccoli investitori, in aggiunta, subiscono le decisioni dei grandi fondi di investimento, che invece possono speculare sull’indebolimento dei titoli di uno Stato. Ma soprattutto, con la riforma, il MES potrà attendere la ristrutturazione prima di intervenire, spingendo il Paese indebitato ancora più vicino al baratro.

Perché la riforma abbia luogo è necessaria l’unanimità al tavolo del CG; questo significa che i 19 Parlamenti nazionali dei membri devono ratificare le modifiche. Tuttavia, l’emergenza COVID-19 ha interrotto il processo, che verrà ripreso a crisi conclusa. Nel frattempo, il MES è stato chiamato in causa come salvagente degli Stati membri in difficoltà.

Conclusioni

L’intervento del MES ha salvato le economie di Grecia, Cipro, Spagna, Irlanda e Portogallo. In cambio, ha diffuso politiche di austerità e idee neoliberiste in tutta Europa. Tuttavia, dalla crisi del 2008, una crepa si è aperta nelle certezze dei sostenitori dell’austerity: tagli alla spesa pubblica, privatizzazioni e un ruolo minimo dello Stato nell’economia non sembrano costituire gli ingredienti migliori per affrontare le sfide macroeconomiche odierne. L’emergenza COVID-19, in particolare, presenta una situazione in cui una ricetta tradizionale neoliberista non è efficace.

Ci troviamo infatti di fronte a uno shock di domanda e non di offerta: sono i consumatori a necessitare di liquidità per permettere all’economia di “girare”, non gli istituti bancari. Per questo, se dopo il 2008 la soluzione austera aveva funzionato, è stato perché era la risposta adatta a una crisi di offerta. Oggi non è più così.

Un adattamento del MES alla situazione attuale è necessario per la sua sopravvivenza. I suoi strumenti tradizionali, anche se sostenuti dai Paesi del nord, potrebbero non essere sufficienti alla gestione della crisi. Un compromesso sul MES è fondamentale perché l’UE non si frantumi a causa di posizioni inflessibili ai tavoli delle trattative.

 

Fonti e approfondimenti

Arnold, M. e Fleming, S. EU leaders at odds over coronavirus debt burden. Financial Times, 27 marzo 2020.

Clays, G. e Wolff, G.B. COVID-19 Fiscal response: What are the options for the EU Council? bruegel.org, 26 marzo 2020.

ESM. ESM organisational structure. European Stability Mechanism. Ultimo accesso: 28 marzo 2020.

ESM. ESM Treaty Reform – Explainer. European Stability Mechanism. Ultimo accesso: 28 marzo 2020.

ESM. History. European Stability Mechanism. Ultimo accesso: 28 marzo 2020.

Fubini, F. “Coronavirus, il vertice Ue dei litigi. Conte a Merkel: «Guardi il mondo con gli occhiali di ieri»”. Corriere della Sera, 28 marzo 2020.

Onado, M. Istituzioni da adattare alla nuova realtà. Il Sole 24 Ore, 25 marzo 2020.

Woodruff, D. Governing by Panic: The Politics of the Eurozone Crisis. Politics & Society 44, 1 (2016): 81-116.

 

Exit mobile version