I nodi del dibattito sulla nuova Costituzione del Cile

costituzione cilena
@Rocío Mantis - Wikimedia commons - CC0 1.0

Per il Cile, è la vigilia di un voto storico. Domani, 25 ottobre, si terrà il referendum nel quale 14,8 milioni di cittadini esprimeranno la loro volontà in merito all’inizio di un nuovo processo costituente. La Costituzione attualmente in vigore in Cile è stata redatta nel 1980, nel pieno della dittatura civico-militare di Pinochet. L’urgenza di archiviare questo pesante retaggio è sentita come un passaggio irrinunciabile nella transizione alla democrazia ed è emersa a gran voce dalla lunga stagione di proteste e mobilitazione cittadina che il Paese sudamericano sta vivendo.

Riguardo all’esito, da tutti i sondaggi emerge un largo vantaggio dell’opzione che approva la riscrittura della Carta fondamentale. In caso di vittoria dell’apruebo (“approvo”), il processo costituente seguirà una serie di tappe, nelle quali si affronterà la revisione dei punti più critici. Dignità, uguaglianza, diritti fondamentali: sono le parole chiave del cambiamento a cui il testo dovrà dare un’espressione giuridica adeguata.

I quesiti e lo svolgimento del processo

Alle urne saranno consegnate due schede: la prima per dichiararsi favorevoli o contrari a dare una nuova Costituzione al Cile; la seconda per esprimersi sul tipo di organo a cui spetterà redigere il nuovo testo. Le alternative sono: Convenzione mista costituzionale (assemblea formata per il 50% da membri costituenti eletti direttamente e per il 50% da componenti dell’attuale Congresso); oppure Convenzione costituzionale (assemblea formata al 100% da costituenti eletti direttamente).

Se, come indicano le previsioni, vincerà l’approvazione, il prossimo 11 aprile 2021 si voterà per determinare i componenti dell’organo costituente, in corrispondenza delle elezioni di sindaci, consiglieri e governatori regionali. Una volta formata la Convenzione (mista o costituzionale), questa avrà nove mesi per concepire una proposta di Testo costituzionale, con la possibilità di una proroga di altri tre mesi al massimo. A quel punto, il presidente della Repubblica convocherà un secondo referendum con valore di ratifica, nel quale spetterà nuovamente alla cittadinanza approvare o rifiutare la proposta concreta di Testo avanzata dalla Convenzione. Se anche in questo caso prevarrà l’apruebo, si promulgherà la nuova Costituzione.

Se questo 25 ottobre il “rifiuto” dovesse ottenere la maggioranza, si manterrà il testo vigente. Lo stesso accadrà nel caso in cui tra i membri costituenti non si giungesse a un accordo entro il termine di un anno (il quorum è stato fissato a 2/3), oppure se nel referendum d’uscita il testo non venisse approvato dalla cittadinanza.

Il ruolo dello Stato

È passato poco più un anno da quando, in maniera apparentemente improvvisa, il Cile ha cambiato faccia. Il modello a cui molti Stati della regione guardavano con ammirazione è crollato e ha rivelato un tessuto sociale ed economico logorato dalle disuguaglianze.

Diverse interpretazioni si sovrappongono in merito all’estallido social, lo scoppio di proteste che non si è mai fermato da ottobre scorso, nemmeno con il sopraggiungere della pandemia. Di certo, ha segnato un punto di non ritorno: il Cile ha bisogno di ripartire da capo. In discussione ci sono l’impianto e il funzionamento stesso dello Stato. Le sue fondamenta giuridiche – la Costituzione promulgata in dittatura – sono ora più che mai sentite come profondamente inadeguate.
I numerosi emendamenti (46) non sono bastati a ristabilirne la legittimità perché il legame tra lo Stato cileno e la Costituzione del 1980 è profondo e complesso.

Ad esempio, il principio di sussidiarietà dello Stato non è citato esplicitamente nel testo. Ciononostante, l’interpretazione tradizionale degli articoli 1 e 19 ha implementato un sistema nel quale lo Stato fa un passo indietro e sceglie di appoggiare l’attore della società civile che più si presta a rispondere a una data domanda sociale. Lasciando questo potere in mano all’iniziativa privata si dà un vantaggio notevole al mercato: sarebbe questa la ragione primaria per cui in Cile diritti fondamentali come salute, istruzione e pensioni si sono andati privatizzando a un ritmo esponenziale.

Il neoliberalismo cileno

Sono in molti a vedere la Costituzione come la responsabile dell’istituzionalizzazione di una serie di pratiche che fanno capo al modello del neoliberalismo. Il Cile divenne una “fucina” di questa dottrina economica proprio durante gli anni della dittatura, grazie a un gruppo di economisti che si formarono all’università di Chicago, secondo gli insegnamenti di Milton Friedman. In generale, dato che la Costituzione non prevede l’intervento dello Stato per regolare il mercato, il neoliberalismo si è tradotto da progetto meramente economico a progetto politico e i governi che si sono succeduti anche in democrazia hanno perpetuato questo modello.

Per questi motivi, il ruolo dello Stato e la suddivisione dei poteri – sul piatto c’è anche la possibilità di introdurre la figura del Primo ministro, lasciando al presidente le funzioni rappresentative – saranno soggetti a revisione nella riscrittura della Carta.

La nazionalizzazione dell’acqua

In linea con la questione precedente, sempre nell’articolo 19 risiede uno dei commi più controversi: si tratta del numero 24, che riguarda la proprietà privata. Ancora una volta, la relazione tra lo Stato e la proprietà dei beni è tracciata a linee molto sfumate. Basta che non si contravvengano “gli interessi generali della Nazione”. La difesa della sicurezza nazionale, della salute pubblica e la conservazione del patrimonio ambientale sono citati. Eppure, il comma termina riconoscendo il diritto di proprietà privata sull’acqua. Questo non avviene per i giacimenti minerari, di carbone e idrocarburi, che invece sono nazionalizzati.

Allo stesso modo, il Codice delle Acque del 1981 definisce l’acqua come un bene nazionale, ma non fissa limiti sull’uso concesso ai singoli di questa risorsa. Si tratta di una contraddizione interna e di una violazione della risoluzione ONU del 2018 (ratificata anche dal Cile), secondo cui l’acqua potabile e i servizi igienico-sanitari sono diritti umani fondamentali. La conseguenza, nel corso degli anni, è stato un approccio pragmatico e mercantilistico ai guadagni che si possono ricavare dall’acqua, mettendo in secondo piano la sua essenzialità per la vita umana e gli ecosistemi. Il territorio cileno è stato ampiamente sovra-sfruttato in questo senso: in diverse località le industrie agricole e minerarie stanno producendo un deficit idrico allarmante. In tutto questo, la riforma del Código de Aguas programmata nove anni fa è ancora ferma al Senato.

L’obiettivo della nuova Costituzione sarà quello di stabilire linee guida più forti, in grado di bilanciare veramente gli interessi pubblici e privati.

L’accesso ai diritti di base

Come accennato, è altresì necessario intervenire sulla privatizzazione di altri tre settori che fanno capo a diritti che dovrebbero essere universali: la salute, l’istruzione e la previdenza sociale.
Ancora una volta, mancano i parametri relativi alla responsabilità dello Stato nel rendere questi servizi pubblici e di qualità: “garantire l’accesso libero e ugualitario” non basta, perché non mette un freno alla competizione tra pubblico e privato. Al massimo permette di “scegliere” tra l’uno e l’altro. Come si è visto in questi mesi di emergenza, le cliniche private e le farmacie hanno potuto speculare sulla salute dei cittadini.

Le Administradoras de Fondos de Pensiones (AFP) ricevono critiche durissime e trasversali da ben prima dello scoppio delle proteste. In quanto istituti privati e basati sulla capitalizzazione individuale non forniscono un supporto economico valido per la vecchiaia, perché funzionano secondo la stessa logica di un mercato del lavoro precario e con stipendi inadeguati rispetto al costo della vita.

Parità e partecipazione: il ruolo delle donne

Tra le altre cose, l’attuale sistema pensionistico cileno aggrava le disuguaglianze di genere, dato che sono spesso le donne a svolgere lavori non remunerati o “invisibili” per lo Stato e che quindi non si convertono in un deposito per le pensioni. La pensione di base universale è una proposta in campo, ma allargando al quadro generale è importante cogliere questa occasione storica per intervenire a più livelli in un’ottica di giustizia di genere.
Nella Costituzione, il diritto alla salute non dovrebbe essere isolato, dovrebbe essere integrato in una prospettiva più ampia di esistenza dignitosa, che includa quanto sopra ma anche altri diritti fondamentali quali l’abitare, un’alimentazione sana, un ambiente libero dall’inquinamento. Tutto questo dovrebbe essere garantito alle cittadine e ai cittadini indipendentemente dal genere e dalle sue espressioni, che siano “conformi” o no.

La Costituzione in vigore è gravemente carente in un’ottica di genere. I diritti sessuali e riproduttivi non sono contemplati nel testo, così come non lo è il diritto a una educazione non sessista e il diritto alla non discriminazione e al riconoscimento di tutte le identità di genere. Per di più, nel testo non ci sono i presupposti su cui fondare giuridicamente lo sradicamento della violenza di genere.

A marzo di quest’anno, è stata ottenuta una vittoria in questo senso con l’approvazione di una legge che garantirà la parità di genere nella Convenzione costituzionale, un inedito assoluto.

Parità e partecipazione: il ruolo dei popoli indigeni

In parallelo, il Congresso sta rimandando il dibattito per assegnare seggi riservati ai popoli originari nella Convenzione, anche se sono stati fatti notevoli passi avanti. Al di là della questione su come assegnare le quote di rappresentanza, bisogna tenere conto del gigantesco debito storico dello Stato cileno nei confronti dei nativi e della pacificazione mai avvenuta a seguito dell’appropriazione delle loro terre e delle persecuzioni, che continuano tuttora.
L’aspettativa per la nuova Costituzione è che includa un riconoscimento adeguato delle culture e delle lingue indigene, che ora non sono nemmeno menzionate, e che affronti a chiare lettere il nodo dei livelli di autonomia.

Per fare ciò, può essere utile l’esperienza delle Costituzioni di Bolivia ed Ecuador, che si avvalgono del concetto di “plurinazionalità”. Significa dare valore all’autodeterminazione dei popoli e al tempo stesso renderli partecipi delle decisioni dello Stato, riconoscere le loro tradizioni senza per questo generare divisioni.

 

 

Fonti e approfondimenti

Figueroa N. e Jara C. “Especial Plebiscito: Pensiones y salud, la crisis de derechos sociales que deberá resolver la nueva Constitución” El Desconcierto, 21/10/2020

Jara C. “Especial Plebiscito: Constitución en clave indígena, plurinacionalidad y la deuda histórica del Estado de Chile”, El Desconcierto, 05/10/2020

Figueroa N. “Especial Plebiscito: Mujeres fijan el debate por una nueva Constitución en clave de género” El Desconcierto, 21/09/2020

Freixas M. “Especial Plebiscito: El acceso al agua como derecho humano, el desafío ambiental que centrará el debate de la nueva Constitución” El Desconcierto, 28/09/2020

Espinoza C. e Toro P. “Las 10 batallas que marcarán el debate constitucional” The Clinic, 09/09/2020

Yopo Herrera M. “Chile se prepara para la votación más importante desde el fin de la dictadura” Nodal, 20/09/2020

Ramírez S. “La Constitución chilena y gubernamentalidad neoliberal” Publicación Universidad Diego Portales, 01/2020

Costituzione del Cile

Leave a comment

Your email address will not be published.


*