Che cos’è il filibuster e perché è importante

@Emw - Wikimedia Commons - CC BY-SA 3.0

di Riccardo Mamini

La lettura di favole della buonanotte e di un elenco telefonico di Washington D.C., la recitazione di alcuni testi di Shakespeare, un karaoke e la spiegazione passo-passo di ricette sulle specialità culinarie della Louisiana tra cui zuppe e frittura di ostriche. Queste sono solamente alcune delle letture che i senatori statunitensi hanno fatto nel corso dei decenni durante i loro interminabili interventi di filibuster, i quali arrivano facilmente a durare 12/13 ore. Questa pratica ha attirato sempre di più l’attenzione del pubblico negli ultimi anni e, con l’aumentare del suo utilizzo, si è aperto un vivace dibattito sulla possibilità di abolirla. Ma che cosa si intende con filibuster e come mai sarà al centro del dibattito una volta che il nuovo Senato e presidente si insedieranno?

Il termine deriva da un’antica parola olandese che significa “pirata” con la quale si intendono tutti quegli sforzi per prevenire la messa al voto di una legge al Senato. Il parlamento statunitense si compone di una Camera bassa, la Camera dei Rappresentanti, e di una Camera alta, il Senato. Quest’ultimo è composto da due rappresentanti per ogni Stato dell’Unione, per un totale di cento senatori. Questi si dividono abbastanza equamente tra repubblicani e democratici, dando di volta in volta una maggioranza risicata a uno dei due partiti.

Secondo le procedure parlamentari, un disegno di legge non può essere messo ai voti finché il dibattito in aula non si è concluso. Questo dà la possibilità a un senatore o a un gruppo di senatori di “mantenere la parola” e prevenire la messa al voto del disegno di legge. I senatori che invece vogliono procedere al voto possono votare una “mozione di chiusura” per interrompere il dibattito. Il problema è che nonostante il Senato sia un organo che prende molte delle sue decisioni a maggioranza semplice (con almeno 51 senatori), la “mozione di chiusura” necessita di una maggioranza qualificata di 60 senatori. Questo implica che un gruppo minoritario di senatori (41) può di fatto bloccare qualsiasi disegno di legge anche solo minacciando l’ostruzionismo. Inoltre, è un modo per aumentare di fatto la soglia di maggioranza anche per disegni di legge che richiederebbero una maggioranza semplice.

Nel clima di profonda polarizzazione che stanno vivendo gli USA negli ultimi due decenni, se il partito di minoranza minaccia l’ostruzionismo, la maggioranza passa direttamente a un altro tema sapendo di non poter raggiungere i 60 voti necessari per interrompere il dibattito e procedere al voto, oppure utilizza l’”opzione nucleare”. Questa prevede l’aggiramento della maggioranza qualificata per interrompere il dibattito attraverso il susseguirsi di particolari procedure parlamentari.

Come siamo arrivati a questo punto?

La pratica del filibuster ha infiammato lo scontro politico soprattutto negli ultimi anni, ma è nata per un incidente della storia ben più di due secoli or sono. Alla nascita, Camera e Senato avevano una regola simile per l’interruzione forzata del dibattito parlamentare attraverso un voto, della rispettiva Camera, che richiedeva una maggioranza semplice dei suoi membri. La regola della Camera dei Rappresentati è sopravvissuta al passare del tempo arrivando fino a noi, mentre al Senato le cose cambiarono già nel 1806 quando l’allora vicepresidente Aaron Burr consigliò ai senatori di cancellare questa regola. La motivazione? Pulizia. Secondo il vicepresidente il Senato statunitense era un organo importantissimo, ma con un elenco di regole e procedure disordinato in cui norme diverse svolgevano una stessa funzione e tra queste c’era la “mozione di chiusura”.

All’epoca il ragionamento aveva senso: la democrazia statunitense era giovanissima e i parlamentari stavano ancora sperimentando il suo funzionamento. Inoltre, nel mondo, non c’erano esempi da cui prendere preziosi insegnamenti, erano in una terra inesplorata, preda di facili errori. Per di più, la “mozione di chiusura” non era stata mai usata con lo scopo di interrompere un dibattito a causa dell’ostruzionismo, quindi perché mantenere una regola che non serviva? Così si decisero a cancellarla: era nato il filibuster, solo che nessuno lo sapeva.

Ci vollero diversi anni prima che qualche senatore si accorgesse della possibilità di ostacolare la messa al voto di una legge, impedendone quindi l’approvazione, tramite il filibuster. Nel 1917 ci fu il primo tentativo andato a buon fine di risolvere questo errore del passato: il presidente Woodrow Wilson chiese al Senato il potere di armare i mercantili statunitensi per dargli la possibilità di difendersi dagli attacchi della marina militare tedesca. Un gruppo agguerrito di senatori repubblicani bloccò il disegno di legge per ventitre giorni. Wilson sfruttò il pulpito presidenziale e una stampa attenta per demonizzare questa pratica e mettere sotto pressione i senatori “filibustieri” tramite l’opinione pubblica. Si giunse a un compromesso (Rule 22): da quel momento in poi una maggioranza dei 2/3 dei senatori avrebbe potuto votare una “mozione di chiusura” per interrompere il dibattito e procedere con il voto e questo è l’assetto che continua a funzionare tutt’oggi. Nel 1975 il Senato ha abbassato la maggioranza per ottenere una “mozione di chiusura” a 60.

La degenerazione

L’esistenza della possibilità di fare ostruzionismo tramite il filibuster non implica necessariamente che i senatori utilizzino questa pratica. Potrebbero usarla solamente come ultima spiaggia per tematiche veramente molto importanti e così sembra essere stato per la maggior parte degli ultimi due secoli, ma negli ultimi decenni c’è stata una forte inversione di tendenza.

Per comprendere meglio come sia stato possibile è necessario fare due premesse. La prima concerne la filosofia alla base della creazione del Senato: i padri fondatori hanno pensato questa Camera alta come luogo più riflessivo e dialogante con la funzione di “piattino raffreddante” delle calde leggi della Camera. George Washington era solito usare questa metafora, poiché all’epoca era usanza raffreddare il caffè bollente in un piattino e poi berlo direttamente da esso. Per ottenere questo risultato è stato pensato di rendere il mandato dei senatori molto più lungo rispetto a quello dei rappresentanti della Camera (sei anni contro due) per evitare che i primi fossero ostaggio dei volatili sentimenti dell’opinione pubblica. La seconda, più che una premessa, è la constatazione di fatto della situazione della politica statunitense degli ultimi decenni: si è via via sempre più polarizzata rendendo molto più complicato il raggiungimento di compromessi. Il partito che si trova in minoranza al Senato ha molti più incentivi a minacciare un forte ostruzionismo, rispetto a una collaborazione, per ottenere qualcosa. Tutto ciò ha portato a una paralisi del Senato su un numero sempre maggiore di temi.

Come venirne a capo?

Una riforma organica è complicata poiché ci dovrebbe essere un “allineamento di stelle”: un solo partito al controllo di entrambe le Camere e della Casa Bianca per evitare che la cancellazione dell’ostruzionismo al Senato possa essere reso vano da un veto presidenziale o della Camera dei Rappresentanti; un disegno di legge molto popolare tra i senatori per superare la loro titubanza nel cancellare il filibuster e quindi perdere una loro personale possibilità di influenzare le policies; infine, organizzare una riforma che abbia il giusto equilibrio tra potere decisionale della maggioranza e rispetto della minoranza.

Finora, democratici prima e repubblicani poi hanno ovviato al filibuster e a una sua riforma intraprendendo una terza via: la già menzionata opzione nucleare. Nel 2013 i democratici hanno superato l’enorme ostruzionismo repubblicano nel ratificare le nomine giudiziarie ed esecutive del presidente Obama apportando una piccola modifica alle regole procedurali del Senato, la quale ha cancellato la maggioranza qualificata di 60 senatori per approvare una “mozione di chiusura” in questi due specifici casi. Questa nuova procedura non è però stata ampliata alle nomine per la Corte Suprema, le quali avrebbero continuato a richiedere la maggioranza qualificata per concludere il dibattito e procedere al voto. Nel 2017 le parti s’invertirono e furono i repubblicani a dover superare l’ostruzionismo democratico alla ratifica del giudice Neil M. Gorsuch alla Corte Suprema. I repubblicani attuarono la stessa strategia messa in atto dai democratici quattro anni prima ampliandola anche alle nomine per la Corte Suprema. Un gesto che è stato definito dal senatore democratico Chuck Schumer (leader della minoranza) l’opzione nucleare.

Una riforma delle regole procedurali del Senato sembra dunque lontana e complicata data la sempre crescente polarizzazione politica, il che potrebbe causare non pochi problemi nei prossimi anni, dove un Senato repubblicano si scontrerà con una presidenza democratica. La soluzione utopica rimane comunque un cambiamento generalizzato del clima politico all’interno del Paese, che renderebbe a sua volta più facile la collaborazione tra i rappresentati del popolo, rendendo il filibuster una pratica poco utile.

 

Fonti e approfondimenti

Mancini M., “5 Weird Things Done During Filibusters”, Mental Floss, 15/06/2016

Filibuster and Cloture“, United State Senate

Binder S. A., The History of the Filibuster, Brookings, 22/04/2010

Reynolds M. E., “What is the Senate filibuster, and what would it take to eliminate it?”, Brookings, 09/09/2020

Peters J. W., “In Landmark Vote, Senate Limits Use of the Filibuster”, The New York Times, 21/11/2013

Flegenheimer M., “Senate Republicans Deploy ‘Nuclear Option’ to Clear Path for Gorsuch”, The New York Times, 06/04/2017

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