Il personaggio dell’anno: Scott Morrison

Scott Morrison
Grafica di Valerio Angiolillo Foto originale: @Kristy Robinson - https://commons.wikimedia.org/ - CC BY 4.0

Tutti ricordano il cameo di Donald Trump in “Mamma ho perso l’aereo”, ma pochi sanno che sull’altra sponda del Pacifico il Primo ministro dell’Australia si cimentava già da piccolo con il grande schermo, offrendo il suo volto per diverse pubblicità, tra cui una dell’azienda Vicks contro la tosse. Purtroppo non sono rimaste testimonianze di questa performance. Stiamo parlando di Scott Morrison, 52 anni, leader del Partito liberale (che in Australia rappresenta l’ala conservatrice) ed eletto contro ogni previsione nel 2019. In realtà ScoMo – come viene chiamato dai media e sui social – aveva ricoperto la carica di Primo ministro già a partire dal 24 agosto 2018, dopo una crisi interna al Partito liberale che portò all’avvicendamento tra Malcolm e Turnbull Peter Dutton: tra i due litiganti, Morrison ha goduto. 

Dalle stalle alle stelle

All’inizio del 2020 sembrava che la stessa sorte dovesse toccare a ScoMo. Prima dell’esplosione della crisi sanitaria da Covid-19, la popolarità di Morrison era al 37%, il che lo rendeva una delle persone più invise al popolo australiano. Dopo qualche mese, però, diversi sondaggi – tra cui quello del The Australian – attestavano l’apprezzamento nei suoi confronti al 68%, rendendolo il Primo ministro australiano più popolare dell’ultimo decennio. Il cambio di rotta nei consensi si deve sicuramente alla gestione dell’emergenza sanitaria con una tecnica di “soppressione aggressiva” – differenziata per Stato, trattandosi di una monarchia parlamentare federale  – che ha portato il Paese dopo 3 mesi di lockdown duro ad avere nuovi casi prossimi allo zero. Lockdown e investimenti consistenti per le categorie più colpite hanno portato Morrison in vetta alle preferenze degli australiani. Ma i prossimi mesi potrebbero cambiare nuovamente le cose: la stagione estiva si avvicina e gli incendi torneranno a far bruciare l’Australia. E ScoMo, quando l’Australia brucia, preferisce le Hawaii. 

Incendi e cambiamento climatico

Tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, gli incendi hanno portato alla distruzione di almeno 85 mila chilometri quadrati di foreste e di circa 10 mila chilometri quadrati di altre aree: una superficie pari a circa un terzo dell’intero territorio italiano. Mentre capitava tutto questo, Scott Morrison era in vacanza con la famiglia alle Hawaii. Quando il fatto è diventato pubblico, l’ufficio del Primo ministro ha cercato di nasconderlo. Nel momento in cui è tornato in Australia – due giorni prima della scadenza naturale della vacanza – non è stato perché il New South Wales aveva dichiarato lo stato di emergenza o perché due vigili del fuoco volontari erano morti, ma a causa del danno che la sua immagine stava subendo. Quando è andato a incontrare i volontari, questi si sono rifiutati di stringergli la mano. 

Restio ad ascoltare il parere degli esperti che preannunciavano non solo l’imminente catastrofe, ma anche la mancanza di equipaggiamento per i vigili del fuoco, per ScoMo l’ambiente non è mai stata una priorità. Nel 2017 si presentò in Parlamento con un pezzo di carbone tra le mani sostenendo che questo non poteva nuocere. Il tutto mentre il governo di Canberra e l’industria mineraria respingevano il rapporto del Comitato Onu per il clima che chiedeva l’eliminazione graduale di tutte le centrali a carbone entro la metà del secolo. In precedenti occasioni Morrison aveva negato la correlazione tra cambiamento climatico e aumento degli incendi, dovendo successivamente ritrattare la dichiarazione. 

Migranti: “I stopped these”

Come ministro dell’Immigrazione e della Protezione delle Frontiere, dal 2013 al 2014, Morrison ha promosso l’operazione Sovereign Borders per impedire alle barche che trasportavano richiedenti asilo di arrivare in Australia. Dopo il naufragio di una barca di migranti a Christmas Island, ScoMo ha affermato di ritenere irragionevole per il governo australiano pagare il trasporto dei parenti delle vittime ai funerali. Nel 2018, il fotoreporter dell’Associated Press Lukas Coch ha rivelato che Morrison conservava nel suo ufficio il modellino di una barca con su scritto “I stopped these” (Io le ho fermate). 

A marzo 2019, infine, Morrison aprì nuovamente il centro di detenzione per migranti di Christmas Island, chiuso pochi mesi prima, in risposta all’approvazione di una legge che rendeva più facili i trasferimenti per i migranti detenuti nelle isole di Nauru e Manus. Poche settimane dopo il centro veniva chiuso nuovamente. La manovra costò 185 milioni di dollari.  

Altre discutibili scelte

Evangelico protestante, fedele al suo conservatorismo religioso e sociale, Morrison è stato un importante oppositore del matrimonio egualitario, salvo astenersi strategicamente durante il voto alla Camera del dicembre 2017, che lo rese legale.

Tra le altre imprese del Primo ministro australiano va annoverato anche il riconoscimento di Gerusalemme Ovest come capitale d’Israele. Tuttavia, almeno momentaneamente questa decisione non è stata accompagnata dallo spostamento dell’Ambasciata australiana da Tel Aviv. Come testimonia la decisione del riconoscimento, ScoMo è un valido alleato degli Stati Uniti e, di conseguenza, dell’Europa. L’Australia gioca un ruolo importantissimo nel contenimento dell’espansionismo cinese in Oceania: forse per questo motivo è meglio non mettere sotto i riflettori un Primo ministro come Scott Morrison. 

 

 

Fonti e approfondimenti

Frances Mao, Scott Morrison: How Australia’s PM rebuilt his reputation, BBC, 19/05/2020.

Helen Davidson, ‘I stopped these’: Scott Morrison keeps migrant boat trophy in office, The Guardian 19/09/2018.

Paul Karp, Scott Morrison says Hawaii holiday was like taking ‘that extra plumbing contract’ on a Friday afternoon, The Guardian, 22/12/2019.

Redazione, Christmas Island: Australia ‘to re-open’ controversial detention centre, BBC, 13/02/2019.

Soraya Lennie, Scott Morrison is now very popular in Australia. He hasn’t earned that, The Washington Post, 05/05/2020.

 

 

Editing a cura di Carolina Venco

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