Gli incendi in Australia e le politiche di Morrison

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Di Cristina Accardi

Tra i disastri ambientali che hanno colpito il nostro pianeta negli ultimi anni, gli incendi avvenuti in Australia tra settembre 2019 e febbraio 2020 sono stati tra i più devastanti, tanto da portare a definire quell’estate la Black Summer (Estate nera).

Gli incendi durante la stagione non sono una novità ma le temperature calde e il clima secco registrati nel 2019 hanno anticipato il fenomeno, causando i primi roghi già a luglio. Gli incendi più grandi, alcuni dei quali con fiamme alte fino a decine di metri, si sono estesi lungo la costa sud-orientale, negli Stati del Nuovo Galles del Sud, di Victoria e dell’Australia Meridionale. Le fiamme hanno coinvolto una superficie di circa 85 mila chilometri quadrati di foreste e 10 mila chilometri quadrati di altre aree: una superficie paragonabile all’intero Portogallo.

Le cause

Le cause degli incendi possono essere molteplici, ma gli esperti affermano che i cambiamenti climatici sono la principale.

Nell’estate del 2019-2020, l’Australia è stata colpita da un aumento delle temperature mai registrato prima, che ha comportato l’estrema siccità nelle foreste.

A creare queste condizioni inusuali è stato il fenomeno chiamato Indian Ocean Dipole (IOD, noto anche come Niño indiano), che consiste nell’oscillazione irregolare delle temperature tra la parte orientale e occidentale dell’Oceano Indiano. Delle tre fasi che caratterizzano l’IOD, a contribuire a un clima ostile in Australia è stata la fase positiva, caratterizzata da una particolare combinazione di tre fattori: l’innalzamento delle temperature della superficie del mare, l’aumento della frequenza delle precipitazioni nella regione dell’Oceano Indiano occidentale e il raffreddamento delle acque nell’Oceano Indiano orientale.

Questa combinazione ha portato a un’estrema siccità nelle zone a sud-est del Paese. In un habitat già a rischio, ad aggravare il tutto è stato il ritardo della stagione dei monsoni. Questo ritardo, sempre influenzato dall’IOD, ha comportato un aumento delle temperature nella parte centrale del Paese. Il picco è stato raggiunto a dicembre 2019, quando un’ondata di caldo ha portato al record della temperatura media nazionale più alta, con alcuni luoghi soffocati da oltre 40 gradi Celsius.

Oltre alle particolari condizioni naturali a cui gli incendi sono legati – come i fulmini – c’è da attribuire una buona parte di responsabilità a cause dolose. Infatti, dopo numerose inchieste investigative, da settembre a novembre erano già circa 180 gli arresti di piromani, per il 70% al di sotto della maggiore età.

 

Danni e impatto sull’ambiente

Durante la “stagione degli incendi” in Australia bruciano circa il 2% delle foreste, ma durante l’Estate nera si è registrata una perdita dieci volte maggiore arrivando al 21%. Questo ha determinato un danno inestimabile per le biodiversità di flora e fauna che caratterizzano il Paese, mettendo a rischio numerose specie già in via di estensione.

La vastità dell’area bruciata è importante ai fini della ricolonizzazione delle specie: maggiore è lo spazio coinvolto, maggiore il tempo di recupero delle foreste. Secondo un recente studio commissionato dal WWF ed effettuato da cinque diverse istituzioni, il numero di animali che potrebbero aver sofferto le conseguenze degli incendi è molto elevata. Una parte importante  non è sopravvissuta agli incendi, mentre la scarsità d’acqua ha costretto un numero ancora maggiore a un’esistenza più difficile. Le poche prede e i pochi luoghi in cui ripararsi dai predatori hanno reso l’habitat sempre più ostile. Si stima che gli incendi abbiano causato la morte di 143 milioni di mammiferi, 180 milioni di uccelli e oltre 2 miliardi di rettili.

Da un’analisi pubblicata dal Dipartimento dell’agricoltura, dell’acqua e dell’ambiente del governo australiano, nelle aree più colpite dagli incendi risultano essere 31 le specie minacciate, 110 quelle in pericolo e 186 quelle vulnerabili ai sensi della legislazione ambientale nazionale.

Una delle specie più colpite tra i mammiferi è senza dubbio il koala, già in via di estinzione. Il koala per la sua vulnerabilità generalmente vive e passa la maggior parte della sua vita sugli alberi: un importante fattore di rischio in caso di incendio. Nonostante i loro lenti tassi di riproduzione, questi animali sono in grado di ricolonizzare l’area coinvolta ma a causa della velocità dei roghi e della vastità delle aree colpite, è aumentata la loro difficoltà di adattamento e dunque anche quella di riproduzione.

Ciò è risultato evidente in aree come Port Macquarie, considerata una roccaforte dei koala nel Nuovo Galles del Sud. A causa del disboscamento, della frammentazione dell’habitat, delle malattie e anche degli incendi, il loro numero negli ultimi 20 anni è diminuito di circa due terzi: più di 6.000 koala sono morti negli incendi. A impedire ai koala di salvarsi dai roghi sono stati il disboscamento e la riduzione dell’altezza degli alberi – sulla cui cima questi animali si arrampicano per sfuggire alle fiamme –, dovuti al rallentamento della ripresa dell’habitat.

Oltre alla fauna, a rimanere vittima di questo disastro sono state le numerose piante, alcune delle quali presenti soltanto nelle foreste australiane. Questa grossa perdita ha messo in crisi l’intero ecosistema, dato che i bacini idrografici e i corsi d’acqua sono principalmente di origine boschiva. Inoltre, la cenere degli incendi boschivi contiene sostanze come azoto e fosforo, il cui aumento della concentrazione può stimolare la crescita di cianobatteri, pericolosi perché possono produrre sostanze chimiche tossiche, come ha spiegato la meteorologa Sarah Scally.

Oltre a più di 8,2 milioni di ettari di terreno bruciati, colpendo aree boschive e parchi nazionali come le Blue Mountains, gli incendi hanno devastato anche alcune delle più grandi città dell’Australia, tra cui Melbourne e Sydney. Rispetto agli altri anni, ogni Stato australiano è rimasto coinvolto, ma il più colpito è stato il New South Wales. All’inizio di dicembre, in città popolose come Sydney, la qualità dell’aria ha raggiunto livelli di tossicità elevati, fino a superare di undici volte il livello considerato pericoloso.

A essere coinvolti negli incendi non sono stati soltanto la flora e la fauna, ma anche numerosi cittadini. Il 4 febbraio del 2020, in un discorso al Parlamento, il Primo ministro Scott Morrison ha confermato la morte di trentatré persone, di cui nove pompieri, a causa degli incendi boschivi del 2019-2020. Oltre al numero di vittime, gli incendi hanno causato lo sfollamento di migliaia di cittadini costretti ad abbandonare le proprie abitazioni. Il 28 febbraio 2020, il Consiglio australiano delle autorità antincendio e dei servizi di emergenza (AFAC) ha dichiarato inagibili 3.094 abitazioni, di cui 2.439 soltanto nello Stato del New South Wales – dato confermato dal Servizio antincendio rurale (RFS) – e le restanti tra lo Stato del Victoria, Queensland, Western Australia e South Australia.

 

Soluzioni e futuro

Le autorità statali e federali hanno lavorato mesi per combattere la crisi degli incendi. All’inizio di gennaio il Victoria ha dichiarato lo stato di disastro e il New South Wales lo stato di emergenza, garantendo risorse governative aggiuntive per combattere gli incendi.

All’arresto degli incendi hanno collaborato 6.386 dipendenti interstatali, di cui 1.600 vigili del fuoco. Inoltre, il 4 gennaio 2020 è stata annunciata per la prima volta nella storia del Paese la “chiamata obbligatoria delle Brigate della Riserva della Forza di Difesa australiana”. In aggiunta  al supporto logistico e ingegneristico da parte dell’Australian Defence Force (ADF), è stato così previsto – dal Primo ministro, dal ministro della Difesa e dal ministro per le risorse idriche, la siccità, le finanze per i disastri e l’emergenze – lo spiegamento di un massimo di 3.000 riservisti. Ulteriore supporto è poi arrivato da 70 Paesi tra cui Stati Uniti, Arabia Saudita, Giappone, Canada e Nuova Zelanda, che hanno fornito forze utili per spegnere i roghi e allo stesso tempo rallentare ed evitarne l’avanzamento. Inoltre, l’aiuto dei volontari è stato essenziale per il recupero di animali nelle zone colpite.

Il Primo ministro australiano Scott Morrison inizialmente aveva stanziato 2 miliardi di dollari australiani (circa 1,2 miliardi di euro) per la ricostruzione, ma sia lui che gran parte del governo hanno ricevuto moltissime critiche per non aver saputo dare in questi anni una risposta chiara al cambiamento climatico. Critiche rivolte in particolar modo al tradizionale legame del governo con l’industria mineraria e del carbone, un legame che ha dato la sensazione di un interesse marginale nella prevenzione degli incendi.

Grazie alla collaborazione di numerosi enti, associazioni no profit e di alcune celebrità sono stati investiti oltre 103 miliardi di dollari per il ripristino degli habitat naturali e della ripopolazione di alcune zone urbane.

Con l’aumentare delle temperature gli incendi diventeranno sempre più frequenti, dunque le misure di prevenzione per proteggere la biodiversità della nazione dovranno essere più incisive: oltre a ridurre l’inquinamento ambientale da gas serra, si dovrebbe proteggere e preservare la fauna e la flora selvatica in via d’estinzione.

Il recupero sarà molto lento: i terreni colpiti dal fuoco erano coperti da foreste di età diverse, un bene inestimabile e difficile da ripristinare. Al tempo stesso, il crescente interesse per la gestione degli incendi accresce la speranza di ricreare e ricolonizzare le zone colpite.

 

 

Fonti e approfondimenti

Australian Government, Wildlife and threatened species bushfire recovery research and resources.

Flannery T., “Australia’s ‘black summer’ bushfires showed the impact of human-wrought change”, The Guardian, 31/7/2020.

Il Post, “Vi ricordate i grandi incendi in Australia“, 31/7/2020.

Wahlquist C.,“Australia’s summer bushfire smoke killed 445 and put thousands in hospital, inquiry hears”, The Guardian, 26/5/2020.

Yeung J., “Australia’s deadly wildfires are showing no signs of stopping”, CNN, 14/1/2020.

 

Editing a cura di Emanuele Monterotti

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