Ricorda 1921: La partizione dell’isola irlandese

Partizione dell'isola irlandese_LoSpiegone
Riccardo Barelli - Remix Lo Spiegone -@Dean Molyneaux - Wikimedia Commons - CC BY-SA 2.0

A cent’anni dall’entrata in vigore del Government of Ireland Act, che sancì la partizione dell’isola irlandese, in Irlanda del Nord ci si trova a riflettere non solo sul passato, ma soprattutto sul futuro. Le visioni divergenti sullo status della piccola nazione nord-irlandese, infatti, sono tutt’altro che superate e l’esito della Brexit ha riacceso la discussione su un possibile referendum sulla riunificazione.

Dall’Act of Union alla partizione

Le radici del Regno Unito per come lo conosciamo ora affondano nel 1801, quando con l’Act of Union veniva creato il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda, sotto il governo di Westminster. Il periodo successivo all’atto di unione, però, fu dominato dal contrasto tra chi voleva distruggere l’unione e chi voleva preservarla. Il divario sommava diverse linee di frattura, non solo in termini politici (unione/autodeterminazione), ma anche nazionali (britannici/irlandesi) e religiosi (protestanti/cattolici). 

In particolare, il nazionalismo irlandese era visto come essenzialmente di stampo cattolico. Per questo motivo, le forme di autogoverno per l’isola irlandese proposte dal Primo ministro liberale William Gladstone nel 1886 e 1893 scossero profondamente l’ampia comunità unionista protestante nell’isola, che temeva che attribuire più poteri all’Irlanda avrebbe implicato un ruolo predominante della Chiesa cattolica. La comunità britannica e protestante era particolarmente consistente in Ulster, la regione a nord dell’isola, e iniziò a organizzarsi per sostenere l’unione con il resto del Regno, trovando l’appoggio del partito conservatore, che osteggiava le prospettive di autogoverno. L’epicentro delle campagne contro l’autogoverno diventò il cosiddetto Ordine di Orange, organizzazione lealista protestante guidata da Edward Carson.

Gli antefatti che porteranno alla partizione dell’isola risalgono al 1916, quando un’insurrezione armata a Dublino in occasione delle celebrazioni pasquali tentò (fallendo) di rovesciare l’amministrazione britannica, dichiarando la nascita di una Repubblica irlandese. Tuttavia, i sentimenti per l’indipendenza irlandese furono ulteriormente rinnovati dopo l’esecuzione di 16 capi della ribellione. Le tensioni crebbero a tal punto che nel 1919 scoppiò la guerra di indipendenza irlandese, che durò per tre anni e vide scontrarsi l’IRA (Irish Republican Army) e le forze militari britanniche. 

Il governo di Londra decise di risolvere la questione senza negoziare con le forze repubblicane, approvando il Government of Ireland Act nel dicembre del 1920. L’atto prevedeva l’istituzione di due parlamenti, a nord e sud dell’isola, ed entrò in vigore il 3 maggio 1921, data della nascita dell’attuale Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord. Nel frattempo, le ostilità tra le due comunità non erano ancora terminate e si arrivò a un “cessate il fuoco” solo nel luglio del 1921, cui seguì un trattato di pace nel mese di dicembre, stabilendo la nascita dello Stato libero d’Irlanda (Irish Free State)

Le 32 contee dell’isola irlandese erano quindi così distribuite: 6 contee della provincia dell’Ulster andarono a formare l’Irlanda del Nord, mentre le restanti 26 (3 delle quali precedentemente nell’Ulster) componevano l’Irish Free State al sud dell’isola.

Un centenario difficile

In questi cent’anni di partizione dell’Irlanda, il filo della storia è stato tutt’altro che lineare. Il confine che divide nord e sud dell’isola non era solo un segno geografico, ma anche politico e identitario. Le tensioni tra le comunità unionista e nazionalista sono continuate anche dopo la fine della guerra d’indipendenza e la partizione, con picchi più o meno violenti, nel corso dell’ultimo secolo. Le discriminazioni a danno della popolazione irlandese, dentro e fuori le istituzioni nordirlandesi, culminarono nel 1969 con le August Riots e lo scoppio di quelli che sono passati alla storia come i Troubles, il conflitto nordirlandese che durò circa trent’anni

La firma degli Accordi di Belfast nel 1998 ha simbolicamente posto fine ai Troubles, introducendo meccanismi consociativi per garantire adeguata rappresentazione a entrambe le comunità in sede istituzionale. Eppure, l’assenza di ostilità a cielo aperto non ha portato piena stabilità in Irlanda del Nord, a causa di una riconciliazione difficile e di un esecutivo fragile, caduto più volte negli ultimi vent’anni per la mancanza di accordo tra le espressioni partitiche delle due comunità.

A ciò si aggiunge che il centenario è venuto a cadere in piena Brexit, periodo in cui l’Irlanda del Nord è tornata al centro dell’attenzione politica britannica ed europea, per paura di rinnovati scontri tra unionisti e nazionalisti. In particolare, il fronte unionista è ora più fragile che mai, non solo in termini numerici, ma anche politici. Infatti, la popolazione cattolica è da decenni in forte crescita demografica ed è destinata a sorpassare quella protestante, così come le proiezioni danno il principale partito nazionalista irlandese, Sinn Féin, come possibile partito di maggioranza nei governi a sud e nord dell’isola. A quel punto, il referendum per l’unificazione non sarebbe una questione di “se”, ma di “quando”.

Altri cent’anni?

Brexit e il centenario dalla nascita dell’Irlanda del Nord hanno portato a riflettere non solo sul futuro della nazione nordirlandese, ma dell’intera Unione. Non da ultime, le rivendicazioni indipendentiste scozzesi si stanno facendo sempre più concrete e, aggiungendosi alla situazione politica e sociale in Irlanda del Nord e le crescenti spinte nazionaliste in Galles, sollevano seri dubbi sulla tenuta del Regno Unito.

Brexit ha sicuramente accelerato il processo. Nel 2016, Scozia e Irlanda del Nord votarono a favore della permanenza nell’UE, a differenza di Inghilterra e Galles che invece si espressero per il leave. Al momento, la prospettiva di un rientro nell’Unione europea non costituisce un fronte consolidato, ma è uno degli argomenti dei movimenti indipendentisti e nazionalisti (come SNP e Sinn Féin).

In entrambe le nazioni, l’indipendenza dal Regno Unito è vista come un modo per rientrare nell’UE e continuare a beneficiare dei vantaggi della membership

Da parte sua, il Primo ministro Boris Johnson ha recentemente lanciato il cosiddetto “Project Love per tenere insieme l’Unione e per convincere le nazioni dei vantaggi che deriverebbero dal rimanere uniti piuttosto che prendere strade separate. Alla base della strategia ci sarebbe l’erogazione di nuovi fondi, in precedenza offerti dall’UE, direttamente alle amministrazioni locali delle nazioni per il sostegno alla crescita delle imprese, andando così a rinsaldare i legami tra centro e periferie. Se il piano di Johnson funzionerà, rimane tutto da vedere.

 

 

Fonti e approfondimenti

Carroll, Rory, “Anxious unionists in little mood to celebrate Northern Ireland centenary”, The Guardian, 30/04/2021.

Elliott, Marianne, “Northern Ireland’s uneasy centenary”, Financial Times, 07/05/2021.

Komarova, Milena, “100 Years On: Something Old, Something New…”, QPOL – Queen’s Policy Engagement, 18/05/2021.

McClements, Freya, “Northern Ireland at a crossroads as partition centenary underlines division”, The Irish Times, 03/05/2021.

Mulholland, Marc, 2020, Northern Ireland. A very short introduction, Oxford: Oxford University Press.

O’Carroll, Lisa, “Northern Ireland at 100: a timeline of its founding”, The Guardian, 30/04/2021.

Pogatchnik, Shawn and Giovanna Coi, “Can Northern Ireland survive Brexit?”, Politico Europe, 13/04/2021.

Politico Europe, “The Disunited Kingdom”, vol. 7, no. 14 (15-21 aprile 2021).

Quinn, Ben, Rory Carroll, and Lisa O’Carroll, “‘I’m proud to be from Northern Ireland’: reflections on a contested centenary”, The Guardian, 02/05/2021.

 

 

Editing a cura di Carolina Venco

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