Leggere tra le righe: Il Gattopardo e la vera storia del gran rifiuto di Vittorini

Simone D'Ercole | Instagram: @Side_Book

“Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”. La celebre frase de “Il Gattopardo”, probabilmente la più famosa e ricordata del romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa,viene pronunciata dal protagonista del racconto Tancredi Falconeri a suo zio, Don Fabrizio.

Siamo a Salina, in provincia di Palermo, durante uno dei momenti storici più significativi per la Sicilia: è il 1860 e il Regno dei Borboni sta per lasciare spazio al futuro Regno d’Italia. La spedizione dei Mille guidata da Giuseppe Garibaldi è appena approdata sull’isola ed è destinata a sovvertire l’ordine esistente. Tancredi, giovane rampante, è convinto della bontà di un cambiamento in senso borghese della società e per questo prova a convincere la zio a sfruttare le nuove opportunità che la modernità gli offre. Ma Don Fabrizio è immobile, come testimonia il rifiuto che oppone alla sua nomina regia a senatore proposta dal cavaliere piemontese Aimone de Chevalley, esponente del parlamento sabaudo. Cederà in parte solo nel momento in cui accetta di aiutare il nipote a chiedere in sposa Angelica, figlia del ricco mezzadro Don Calogero Sedara. Se l’amore è ciò che spinge Tancredi verso la donna, certo le sue ricchezze non possono che far gola a chi cerca una legittimazione nella nuova Italia che si sta formando, tanto più se si considera la scarsità di beni personali della famiglia Salina. Il giovane riesce dunque a intercettare il nuovo corso degli eventi, fino a ottenere la nomina a deputato.

Romanzo per alcuni aspetti autobiografico – nella figura di Don Fabrizio c’è il calco letterario del bisnonno di Giuseppe, Giulio Fabrizio Tomasi, e nello stemma dei Salina compare un gattopardo come in quello dei Tomasi di Lampedusa – “Il Gattopardo” è in un certo senso ottocentesco, seppur scritto nel XX secolo. Ma quello che diventò un best seller della letteratura italiana, con più di 100 mila vendute nel suo primo anno di uscita, rischiò di non vedere mai la stampa

 

La storia raccontata

Sul perché “Il Gattopardo” rischiò di non essere pubblicato la storia che per anni rimase la più accreditata parla di un grande abbaglio, quello di uno dei più importanti curatori editoriali e critici letterari italiani: Elio Vittorini. Nel 1956 Vittorini svolgeva per la casa editrice Mondadori l’incarico di consulente, senza responsabilità decisionali, ma comunque con il ruolo di autorevole lettore ampiamente titolato per dare consigli. Questa è la sua seconda attività, perché dal 1951 dirige inoltre la collana “Gettoni” per Einaudi. Il primo rifiuto di Vittorini a Tomasi di Lampedusa sarebbe stato pronunciato il 22 ottobre del 1956 nell’ambito della casa editrice Mondadori, dove il romanzo era pervenuto. Secondo la storia per lungo tempo accreditata, dunque, Vittorino bocciò l’opera senza possibilità di replica. E, sempre secondo la versione per lungo tempo considerata valida, Vittorini lo fece una seconda volta in qualità di curatore dei “Gettoni”, ricevendo l’opera il 16 aprile del 1957. 

Se una parte di verità in questo racconto c’è, le cose non andarono esattamente in questo modo. 

Di vero c’è che l’opera, per intuizione di Giorgio Bassani che la ricevette tramite Elena Croce, fu pubblicata dalla casa editrice Feltrinelli. Bassani, da poco reclutato per dirigere una collana di autori contemporanei, la consigliò a Giangiacomo Feltrinelli: il libro sarebbe dovuto uscire nei primi giorni del ‘59, ma, per un contrattempo, alcune copie civetta raggiunsero i critici In fretta e furia, nonostante il calendario editoriale, il romanzo fu in libreria l’11 novembre del 1958. Feltrinelli, come accadde con Boris Pasternak poco tempo prima, non conobbe Tomasi di Lampedusa perché l’autore del romanzo morì l’anno precedente. 

 

Quasi quarant’anni dopo: diverse sfumature

Tornando a Vittorini, il suo giudizio su “Il Gattopardo”, non fu negativo come si disse.

Per smentire la versione del colpevole rifiuto serviranno 40 anni e una ricostruzione a cura di Edoardo Esposito basata su materiale inedito e apparsa nel 1997 sulla rivista ”Linea d’ombra”, diretta da Goffredo Fofi. Secondo la ricostruzione, da consulente per Mondadori Vittorini non lesse inizialmente il libro ma si basò sulle schede di Adolfo Ricci, Sergio Antonielli e Angelo Romanò tutti e tre d’accordo sul segnalare, accanto ai pregi, anche i limiti dell’opera. “Per due lettori il libro manca soltanto di abilità, per il terzo di determinazione morale. Manca comunque di qualcosa che rende monco il libro pur pregevole. Non si può far capire all’autore che dovrebbe rimetterci le mani (e in qual senso)? Intanto restituirei avendo cura di assicurarci che l’autore rispedisca a noi dopo fatta revisione”. In sostanza il libro non viene bocciato, ma si auspica invece che Tomasi di Lampedusa lo aggiusti modificando le parti ancora traballanti per poi riproporlo, in esclusiva, alla Mondadori. Importante sottolineare, inoltre, che il romanzo pervenuto alla Mondadori non era il libro che conosciamo. Le schede di lettura sono datate 12 giugno, 5 settembre e 10 ottobre: proprio il 10 ottobre Lucio Piccolo, cugino di Tomasi Lampedusa e intermediario con la Mondadori, pregava la casa editrice di accogliere altri due capitoli dell’elaborato. In sostanza, il giudizio venne espresso su un’opera composta di quattro delle otto parti che ne comporranno il volume finale. 

Il libro tornò nelle mani di Vittorini, questa volta in qualità di curatore einaudiano dei “Gettoni”, il 16 aprile 1957 dal libraio-editore palermitano Salvatore Fausto Flaccovio. Questa volta Vittorini lesse il libro, in realtà ancora mancante di due degli otto capitoli con cui poi uscirà, e rispose a Tomasi di Lampedusa il 2 luglio 1957: “Anche se come modi, tono, linguaggio e impostazione narrativa può apparire piuttosto vecchiotto, da fine Ottocento, il Suo è un libro molto serio e onesto dove sincerità e impegno riescono a toccare il segno in momenti di acuta analisi psicologica […] Tuttavia, devo dirle la verità, esso non mi pare sufficientemente equilibrato nelle sue parti e io credo che questo “squilibrio” sia dovuto ai due interessi saggistico e narrativo, che si incontrano e si scontrano nel libro con prevalenza, in gran parte, del primo sul secondo. […] Per il resto, purtroppo, mi trovo nell’assoluta impossibilità di prendere impegni o fare promesse perché il programma dei “Gettoni” è ormai chiuso per almeno quattro anni”. La collana di Einaudi chiuderà nel 1958 con la pubblicazione di volumi già programmati. 

A chiudere simbolicamente la vicenda si è svolto il 3 settembre 2021 un “processo” a Elio Vittorini nell’ambito della XX edizione del Premio Letterario Nazionale Elio Vittorini. La giuria popolare, dopo che l’Accusa – nei panni del professore Salvatore Ferlita dell’Università Kore di Enna – e la Difesa –  rappresentata da Antonio Di Grado dell’Università di Catania – si è espressa con 17 voti a favore dell’assoluzione di Vittorini e 13 contrari. Nella sua arringa, Di Grado ha sottolineato come, se di rifiuto si vuol parlare, fosse stato uno uno solo considerando che per Mondadori Vittorino esortò la casa editrice a far correggere gli errori della bozza e ad applicare la prelazione. Per i “Gettoni”, invece, si sottolinea come – pur essendo opera degna di pubblicazione – non avrebbe potuto trovare spazio in una collana come questa, sia per stile che per problemi legati alla chiusura della stessa.  Dopo quarant’anni, insomma, il caso è chiuso. Per ora. 

 

Fonti e approfondimenti:

Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo, Feltrinelli, 1958.

Edoardo Esposito, Uno storico rifiuto . Tomasi di Lampedusa e l’editore Vittorini, rivista “Linea d’Ombra”, 1997.

 

Editing a cura di Elena Noventa

Copertina a cura di Simone D’Ercole

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