Spazi vitali a Est: Chernobyl

Credit: Pxfuel

Il 26 aprile 1986, uno dei reattori della centrale nucleare di Chernobyl, intitolata a Vladimir Lenin, esplose causando il più grande disastro nucleare della storia. L’impianto era stato costruito alla fine degli anni Settanta nella città di Pripyat, nella parte settentrionale dell’Ucraina – allora una delle quindici Repubbliche socialiste sovietiche – al confine con la Bielorussia

L’incidente venne causato da un insieme di fattori sia umani che tecnici. Tra questi: un difetto di progettazione nelle barre di controllo, la mancanza di preparazione specifica degli operatori dell’impianto, la decisione di condurre un esperimento rischioso e la violazione delle procedure di sicurezza. 

L’esplosione nucleare e il conseguente incendio, durato 10 giorni, comportò il rilascio nell’atmosfera di una vasta quantità di materiale radioattivo che ebbe conseguenze negative sia sulla salute umana che sull’ambiente. Il disastro di Chernobyl è diventato il simbolo dei pericoli connessi all’energia nucleare con ripercussioni a livello internazionale. Oggi, tuttavia, Chernobyl si è trasformata in una meta turistica e le autorità ucraine hanno deciso di investire in questo settore così da finanziare, almeno in parte, il processo di recupero dell’area. 

L’incidente e la reazione delle autorità sovietiche

La costruzione della centrale nucleare Vladimir Lenin, terminata nel 1977, doveva rappresentare un passo importante nel processo di modernizzazione dell’Ucraina perché avrebbe garantito al Paese un migliore approvvigionamento di energia elettrica. La realtà fu ben diversa.

Infatti, nella notte tra il 25 e il 26 aprile 1986, il reattore nucleare numero 4 esplose durante un esperimento per testare le capacità della centrale. Secondo le indagini condotte dalle autorità sovietiche, culminate in un processo a porte chiuse nell’agosto del 1986, la causa dell’incidente si doveva ricondurre esclusivamente agli errori dei tecnici che lavoravano alla centrale termonucleare. I recenti rapporti dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, invece, individuano nei difetti di progettazione dell’impianto la causa principale del disastro. 

I civili e i militari che presero parte alle operazioni di emergenza e di recupero dell’area fino a 30 chilometri dal reattore nucleare esploso sono noti come liquidatori, dal verbo russo ликвидировать (likvidirovat’) che significa “eliminare” (in questo caso, le conseguenze di un incidente) e sono stati, insieme ai lavoratori della centrale, le persone esposte alla quantità maggiore di radiazioni. La sindrome di avvelenamento acuto da radiazioni, infatti, è stata diagnosticata a 134 liquidatori e 28 di loro sono morti nel 1986.

Nel 1986, il segretario generale del Partito comunista dell’Unione sovietica (PCUS) era Michail Gorbachev, fautore della glasnost, cioè della politica della trasparenza che doveva contrastare la corruzione imperante in URSS. Le decisioni prese dal Politburo del PCUS nella gestione della crisi di Chernobyl furono il più grande fallimento della glasnost.

Infatti, l’incidente portò alla luce alcuni problemi endemici del sistema sovietico – come la poca sicurezza nei luoghi di lavoro, la tecnologia obsoleta e la scelta di materiali di scarsa qualità nella costruzione di grandi opere – facendo crollare la credibilità dell’URSS a livello internazionale, anche in considerazione dei tentativi di nascondere la vicenda da parte delle autorità sovietiche. Anche a livello interno, vennero minimizzate la portata e la rilevanza di quanto accaduto: la notizia fu fatta passare in sordina e la città di Pripyat, a 3 chilometri dalla centrale, fu evacuata solo a partire dal 27 aprile. 

Le conseguenze sulla salute…

Secondo il rapporto del Chernobyl Forum pubblicato nel 2006, nell’area tra Ucraina, Bielorussia e Russia che le autorità sovietiche classificarono come contaminata dopo l’esplosione del reattore nucleare 4, vivevano circa 5 milioni di persone. Di queste, 440.000 viveva in una zona altamente contaminata. Per limitare i danni alla popolazione, nel 1986, 116.000 persone furono evacuate da Pripyat (che contava 50.000 abitanti), Chernobyl e l’area circostante, seguite da altre 220.000 negli anni successivi. 

Le conseguenze negative sulla salute sono state, però, inevitabili e la loro causa non risiede esclusivamente nell’esposizione diretta alle radiazioni nucleari, ma anche dall’ingestione di cibo e acqua contaminate. 

Nelle zone contaminate, ad esempio, si è riscontrato un aumento dell’incidenza di cancri alla tiroide: tra il 1992 e il 2002, sono stati registrati 4000 casi tra coloro che erano bambini o adolescenti al tempo dell’incidente. Questo è dovuto soprattutto al fatto che lo iodio-131, uno dei principali radioisotopi rilasciati dall’esplosione della centrale di Chernobyl, viene accumulato dalle ghiandole tiroidee. 

Anche i casi di leucemia, cataratta e di patologie del sistema circolatorio sono aumentati nelle zone contaminate dalle radiazioni.

… e sull’ambiente

L’incidente di Chernobyl ha avuto un impatto anche sull’ambiente a causa del deposito di radionuclidi in un ampio raggio dal luogo dell’esplosione. In alcune aree, in particolare nelle regioni di Gomel e Mogilev in Bielorussia, di Zhytomir e Rovno in Ucraina e di Bryansk in Russia, la quantità di radionuclidi presenti nell’aria è elevata ancora oggi, a più di trent’anni dal disastro.

Sono stati contaminati i campi coltivati, il foraggio e, di conseguenza, la carne e il latte destinati al consumo alimentare. L’area circostante la centrale nucleare Vladimir Lenin era per lo più rurale e l’agricoltura costituiva la principale fonte di reddito per la popolazione: il disastro ha avuto, quindi, gravi conseguenze anche sull’economia locale. Infatti, 784.320 ettari di terreno, precedentemente destinati alla coltivazione, sono stati smantellati. 

Anche le falde acquifere sono state contaminate: la quantità di cesio-137 presente nell’acqua ucraina rimarrà superiore a quella di sicurezza ancora per decenni, con evidenti difficoltà per l’approvvigionamento di acqua potabile.

Infine, gli alti livelli di radioattività registrati nella flora e fauna hanno causato la morte di molti esemplari di piante e animali e la diminuzione della loro attività riproduttiva

Il turismo

L’area di 30 chilometri intorno alla centrale nucleare, denominata zona di esclusione, è tutt’oggi contaminata: secondo le stime delle autorità ucraine, non sarà abitabile per altri 24 mila anni e, quindi, l’ingresso alle persone è strettamente controllato.  

Oggi, però, Chernobyl è diventata una meta turistica: grazie soprattutto alla miniserie omonima prodotta da HBO, solo nel 2019, 124.000 persone sono andate a visitare il luogo del disastro. Tra le diverse escursioni proposte, c’è quella della compagnia aerea Ukraine International Airlines (UIA) che organizza voli a bassa quota sopra l’area dell’incidente, così che i passeggeri possano osservare le rovine della città di Pripyat e la cupola di metallo del nuovo sarcofago che copre la centrale. Inoltre, molte compagnie private offrono delle visite al sito del disastro, incluso l’ingresso nelle rovine della centrale. 

Così, le autorità locali hanno deciso di sfruttare questo fenomeno a loro vantaggio. Infatti, nel dicembre del 2020, il ministro della Cultura ucraino Oleksandre Tkatchenko ha chiesto che l’area di esclusione venga inclusa nella lista dei siti patrimonio Unesco. La decisione finale verrà presa nel 2023 e, nel frattempo, il governo ucraino sta preparando tutta la documentazione necessaria. 

Quest’anno, inoltre, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha firmato un decreto che prevede lo sviluppo della zona di esclusione per trasformarla in un luogo della memoria, non solo in una meta del turismo dell’orrore. In questo modo, l’Ucraina potrebbe trasformare Chernobyl in una fonte di reddito.   

Chernobyl tra passato e presente

Il disastro di Chernobyl ha definito un punto di non ritorno nella percezione dell’energia nucleare da parte dell’Occidente, ma ha costituito anche un momento determinante per la storia dell’Unione Sovietica: sia la dinamica dell’incidente che la gestione della crisi descrivono un sistema al suo stadio finale

L’esplosione della centrale Vladimir Lenin ha lasciato un segno indelebile sul territorio: gli agglomerati urbani che circondavano la centrale sono oggi città fantasma, le operazioni di decontaminazione sul territorio sono ancora in corso e per mantenere in sicurezza il sarcofago sono necessari costanti lavori di riparazione. Tutte queste operazioni rappresentano un costo ingente per l’Ucraina: i proventi del recente fenomeno del turismo potrebbero contribuire al recupero dell’area

 

Fonti e approfondimenti

Reuters, Out of a heap of broken images, Chernobyl seeks World Heritage status, The Guardian, 26/04/2021

National Geographic, “Pictures: “Liquidators” Endured Chernobyl 25 Years Ago”, National Geographic, 28/04/2011

The Chernobyl Forum 2003-2005, “Chernobyl’s Legacy: Health, Environmental and Socio-Economic Impacts and Recommendations to the Governments of Belarus, the Russian Federation and Ukraine”, International Atomic Energy Agency, 2006

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