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Cile: in un clima denso di incertezze, si vota per il nuovo presidente

@Mediabanco Agencia - Flickr - Licence 2.0 Generic (CC BY 2.0)

Per il Cile si avvicina una domenica elettorale particolarmente significativa: il prossimo 21 novembre, 15 milioni di cittadini voteranno per scegliere il nuovo presidente, per rinnovare le camere del Parlamento e l’incarico dei governatori regionali.

Il Paese che Sebastián Piñera lascerà nelle mani del futuro o della futura presidente non potrebbe essere più diverso da quello che lo ha eletto quattro anni fa. La fine del suo mandato presidenziale si inserisce in un clima denso di incognite: gli ultimi due anni sono stati segnati da grandi stravolgimenti, ai quali si somma la congiuntura inedita creatasi prima di questo voto. 

L’autorità di Piñera, in bilico fino all’ultimo

Nelle ultime settimane, la tensione è cresciuta con l’avanzare di una accusa costituzionale contro il presidente, che avrebbe potuto portare alla sua destituzione e all’allontanamento dalle cariche pubbliche per cinque anni. Lo scandalo è scoppiato quando l’indagine pubblicata con il nome di Pandora Papers ha rivelato il contratto di compravendita di una miniera a favore di un amico intimo di Piñera, firmato da una società legata al presidente stesso nelle Isole Vergini Britanniche. I fatti risalgono al 2010 e l’area in questione avrebbe dovuto essere dichiarata riserva naturale.

L’equivalente del processo di impeachment è passato alla Camera dei deputati, ma è stato respinto dal Senato, escludendo che il presidente fosse direttamente coinvolto. In ogni caso, la reputazione di Piñera, già indebolita da almeno due anni di crisi politica, ha subito un colpo durissimo.

Elezioni all’insegna del cambiamento (e dell’incertezza)

Dopo la fine della dittatura di Pinochet, la stabilità politica era stata la cifra che aveva distinto il Cile nel suo contesto regionale. Per trent’anni, il Paese si era affacciato all’elezione delle più alte cariche politiche aspettandosi nessuna o poche sorprese. Infatti, il patto della Concertación e i requisiti costituzionali sulla maggioranza favorivano il bipartitismo e l’alternanza senza contraccolpi tra centro-destra e centro-sinistra.

La rottura di questo scenario giunge ora al suo secondo anniversario. Il 18 ottobre 2019 è diventato la data simbolo dell’estallido social, lo scoppio di forti e trasversali proteste che in Cile si sono susseguite fino all’arrivo della pandemia. Le falle nel modello politico consolidato durante la transizione democratica sono diventate allora impossibili da negare, così come il duro prezzo pagato dalle classi più vulnerabili per salvare l’apparenza di un successo economico basato sulle disuguaglianze sociali.

Il fine campagna inquieto dei sette candidati alla presidenza

Una delle domande principali della mobilitazione si è concretizzata nel maggio 2021 con l’elezione di una Convención Constitucional, l’Assemblea ora al lavoro per redigere la nuova Costituzione del Cile. Più che mai rilevante è che come presidente di questo organo sia stata nominata Elisa Loncón: accademica mapuche e attivista per i diritti dei popoli indigeni.

Tante delle richieste e dei temi caldi delle proteste sono comunque riemersi nel corso della campagna elettorale ora in chiusura. Inoltre, il conflitto tra lo Stato e le comunità indigene mapuche è recentemente entrato in una nuova fase critica, così come la situazione al Nord del Paese legata all’immigrazione dal Venezuela e dalla Colombia. In tutto questo, è tornata a salire la preoccupazione per gli sviluppi dell’emergenza sanitaria.

In un contesto così convulso, è prevedibile che nessuno dei sette candidati alla presidenza riesca a raggiungere la maggioranza assoluta necessaria per vincere alla prima tornata.

In corsa domenica ci saranno Sebastián Sichel (Chile Podemos Más), Gabriel Boric (Pacto Apruebo Dignidad), José Antonio Kast (Partido Republicano de Chile), Franco Parisi Fernández (Partido de la Gente) e Yasna Provoste (Nuevo Pacto Social). A netta distanza – e con scarse possibilità di passare al secondo turno – seguono Marco Enríquez-Ominami (Partido Progresistas de Chile) ed Eduardo Artés (Partido Unión Patriótica).

Il ballottaggio tra i due candidati che otterranno il maggior numero di preferenze è programmato per il prossimo 19 dicembre.

Lo stato d’eccezione alimenta la tensione in Araucanía

In Cile come in altri Paesi della regione, il 12 ottobre è una data che – per la sua valenza legata al periodo coloniale – ogni anno riaccende l’attenzione sulle questioni irrisolte legate alle comunità indigene. Nel 2021, è coinciso con la dichiarazione da parte di Piñera di un estado de excepción constitucional (stato di eccezione costituzionale) della durata di 15 giorni, successivamente prorogato per altre quattro settimane.

Questa misura permette di designare un’autorità castrense nel ruolo di “capo della difesa nazionale” e con la facoltà di far intervenire le forze armate in quattro province della regione cilena dell’Araucanía, dove la popolazione indigena mapuche è fortemente presente.

Con l’obiettivo di “proteggere l’ordine pubblico” si legittima l’intervento dei militari nel cosiddetto conflitto mapuche. Ricorso che, secondo la Costituzione, dovrebbe essere  eccezionale e che in questo caso ha come precedenti diretti lo scoppio delle proteste nel 2019 e della pandemia nel 2020.

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha espresso forte preoccupazione per questa scelta del governo, che ancora una volta sceglie la militarizzazione di questa zona anziché la strada del dialogo. La dichiarazione ha fatto seguito a un episodio di grave violenza verificatosi all’inizio di novembre: le forze dell’ordine hanno aperto il fuoco durante un controllo e hanno ucciso il ventitreenne mapuche Jordan Llempi Machacan e ferito altre tre persone.

Il confine Nord e la crisi migratoria

Gravi violazioni dei diritti fondamentali sono state segnalate dell’ONU e da Human Rights Watch anche in un contesto completamente distinto. All’inizio di novembre è stata realizzata la più grande operazione dell’anno volta a disincentivare l’immigrazione irregolare: 120 persone – la maggior parte provenienti dal Venezuela, ma anche dalla Colombia –  sono state espulse dal Cile su un volo charter. 

Sarebbero più di 800 i migranti allontanati dal Paese dall’inizio dell’anno con questa modalità. All’inizio del 2021 si era creata una situazione particolarmente critica nella regione cilena al confine con la Bolivia, soprattutto nei dintorni della città di Iquique. Dopo aver autorizzato anche in questo caso l’intervento delle Forze Armate, il governo ha approvato ad aprile una nuova legge sull’immigrazione. Tra gli altri punti, questa obbliga i migranti a ottenere il visto per il Cile nel Paese d’origine e agevola le condizioni dei rimpatri.

Secondo gli esperti di HRW, questa stretta sull’immigrazione avrebbe un effetto controproducente e causerebbe un aumento degli ingressi per vie non autorizzate. Per di più, la Corte Suprema del Cile ha annullato negli scorsi mesi diversi ordini di espulsione constatando arbitrarietà e considerando che il procedimento non corrispondeva agli standard amministrativi minimi: per esempio i migranti erano stati privati della possibilità di contattare un avvocato o fare ricorso alla corte di appello e delle famiglie erano state separate.

Senza proiezioni definite, si rinforza la polarizzazione

Gli errori di Piñera e la sua leadership scricchiolante hanno esasperato una tendenza che il Cile va maturando da anni, vale a dire una diffusa sfiducia nella capacità di rappresentazione delle cariche politiche tradizionali. Nel caso di queste elezioni, questo va a smentire lo status quo finora incline ai partiti moderati e gioca a favore delle posizioni più radicali e anti-establishment sullo spettro politico.

Sichel, che rappresenta la coalizione attualmente al governo, ha perso consensi rovinosamente nel giro di poco più di un mese, a seguito di alcuni scandali relativi a questioni fiscali sia recenti, sia risalenti alla sua prima candidatura alla Camera dei deputati. Un sondaggio recente di AtlasIntel lo vede ora arrestarsi all’11,7% delle preferenze. Gran parte di queste sono confluite verso Kast, che secondo lo stesso sondaggio ora catalizza il 27,2%. Il rappresentante del Partito Repubblicano ha saputo approfittare della disillusione verso l’oficialismo e ha scelto di calcare con il suo discorso proprio i temi dell’immigrazione irregolare e della crisi in Araucanía, giocando sugli elementi di disordine per presentare un programma marcatamente di destra.

Tra le sue proposte ce ne sono alcune che rievocano l’intolleranza a stampo religioso di Bolsonaro e le soluzioni estreme di Trump, vale a dire l’idea di scavare una trincea profonda tre metri lungo il confine settentrionale del Cile.

Kast ha altissime probabilità di arrivare al ballottaggio, ma non altrettante di superare Boric in quell’occasione. Femminismo, transizione ecologica e decentralizzazione politica sono i punti chiave del programma del giovane candidato della coalizione Apruebo Dignidad.

Pur essendo riuscito a far confluire le domande dell’estallido social secondo direttrici pragmatiche e moderate, Boric sta subendo gli effetti delle divisioni tra i partiti di sinistra e ha commesso alcuni errori nella comunicazione. Per questo voto la sua proiezione è del 21,9%.

Parisi e Provoste si posizionano rispettivamente sull’11,4% e il 9,2% delle preferenze. Il primo è una figura politica decisamente non convenzionale,che si è distinta per i suoi discorsi contro la corruzione, mentre la seconda è la presidente del Senato, con alle spalle una lunga storia di militanza nella democrazia cristiana.

Queste dinamiche e queste percentuali sono tuttora molto labili, come ha dimostrato la rapida perdita di popolarità di Sichel. Il risultato definitivo potrebbe variare sensibilmente anche perché una fetta consistente di elettori (si va dal 25% al 30% a seconda del sondaggio) ha dichiarato di non essere ancora sicuro riguardo a chi voterà.

Salvo sorprese, dovrebbero essere Boric e Kast ad affrontarsi nel ballottaggio di dicembre. In quell’occasione, per vincere sarà cruciale riuscire a conquistare i voti del centro, ma paradossalmente, considerando tutti i fattori in gioco, si prospetta piuttosto uno scenario di forte polarizzazione.

 

 

Fonti e approfondimenti

Agencia EFE, Chile expulsa a 120 venezolanos y colombianos en la mayor deportación del año, El Desconcierto, 04/11/2021. 

Cabrera M. (Agencia EFE), ONU y violencia en Arauco: Se debe limitar al máximo uso de Fuerzas Armadas para control de orden, Biobiochile, 05/11/2021.

Cárdenas S., Chile, hacia el fin de la Posdictadura, Nodal Noticias, 18/10/2021.

Cisternas M.L., José Antonio Kast: ¿Qué hay detrás del presunto ascenso del candidato republicano?, Diario UChile, 07/11/2021.

DW, ONU “preocupada” por militarización y violencia en Chile, 06/11/2021.

Freixas M., Debate presidencial: El detalle de las propuestas medioambientales de los candidatos, El Desconcierto, 05/11/2021.

Montaner C. A., OPINIÓN | Chile: un populista de derecha se enfrentará a un populista de izquierda, CNN Español, 20/10/2021.

Nodal Noticial, Marchas y repudios por el asesinato de joven mapuche a manos de Carabineros, 05/11/2021.

Padinger G. Nuevas voces, una Convención Constitucional en marcha y estado de excepción: las claves de las elecciones en Chile, CNN Español, 04/11/2021.

Silva Cuadra G., Una recta final “presidencial” polarizada y con incertidumbre total, El Mostrador, 25/11/2021.

Wilson J.M., Cámara aprueba acusación constitucional contra Piñera tras extensa y frenética jornada de debate, La Tercera, 09/11/2021.

Yopo M., J.A. Kast y la extrema derecha: ¿el “eterno retorno” de una ideología totalitaria?, El Mostrador, 03/11/2021.

Servicio Electoral de Chile, Candidaturas y pactos.

 

Editing a cura di Elena Noventa

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