Accedere a Internet è un diritto umano?

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

La recente pandemia da Covid-19 ha profondamente inciso sulla vita della comunità mondiale; le regole sul distanziamento sociale, il “lockdown”, il coprifuoco e numerose altre misure restrittive hanno fortemente implementato il ruolo del digitale nella vita di ognuno di noi, conducendo a nuove sfide sul rafforzamento delle infrastrutture di connessione alla rete e alla diffusione della banda ultra-larga. Occorre, a questo punto, domandarsi se esista nell’ordinamento italiano e internazionale un vero e proprio “diritto di accesso a internet”.

 

Inquadramento della materia: un diritto originario o derivato?

Il diritto di accesso alla rete può essere considerato come quella situazione giuridica funzionale all’espletamento di numerose e ulteriori attività del “vivere quotidiano” tramite l’accesso al cyberspazio, come nuova dimensione dell’agire umano. Ovvero un’estensione di attività, diritti, facoltà (ma anche obblighi) tradizionalmente esercitabili nel contesto “materiale” o “offline”. È pertanto evidente che non si tratta di un diritto umano da riconoscersi a titolo originario, quanto piuttosto una “diversa” modalità di esercitare diritti fondamentali ampiamente riconosciuti, fra tutti il diritto alla libera espressione e informazione. 

A fronte di questa considerazione è da ritenersi valida la normativa, e relativa tutela internazionale, applicabile, per esempio, alle varie forme di manifestazione del pensiero o delle proprie convinzioni religiose e politiche esplicitate appunto attraverso il web. Dunque, qualora venisse accertata la violazione di una norma internazionale pattizia sul diritto di espressione, il giudice nazionale (o internazionale) dovrà apprestare la medesima tutela indirizzata alla fattispecie descritta «senza riferimenti alla modalità digitale»

Seppur non esiste, ad oggi, nel diritto internazionale consuetudinario un generale “diritto umano di accesso a internet” (attesa tuttavia una medesima tutela a livello giurisdizionale della modalità di esercizio dei diritti online e offline), è da cogliersi con estremo favore il riconoscimento del diritto in oggetto in alcune leggi di Estonia e Finlandia, e nella previsione costituzionale dell’art. 16 della Carta fondamentale ecuadoriana.

 

La giurisprudenza in materia 

Trattando della connessione tra il diritto di accesso a internet e la libertà di espressione e opinione, la sentenza del Consiglio costituzionale francese, n. 669 del maggio 2009, evidenzia che il diritto di accesso al web costituisce una libertà d’espressione e di partecipazione alla vita democratica. Ancora più incisiva è la sentenza n. 12790 del Costarica che nel luglio 2010 stabilisce non solo l’indubbia importanza dell’accesso alla rete per esercitare numerosi diritti umani, ma arriva a “spingersi” sino ad affermare che si tratterebbe di un diritto autonomo: ovvero una potestà la cui tutela potrebbe essere richiesta prescindendo da qualsiasi collegamento con altri diritti. Sono, inoltre, da considerarsi contrarie al regime sulla tutela dei diritti umani le sospensioni ingiustificate di accesso alla rete internet. È quanto desumibile dalla sentenza Yildirim c. Turchia del 2012 resa dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Il caso aveva a riferimento il temporaneo oscuramento di un sito di proprietà di un docente universitario con relativo blocco sul motore di ricerca Google di qualsiasi attività di ricerca svolta dallo stesso, in quanto considerata “offensiva” per le autorità nazionali. Non rilevando un grave pregiudizio per la sicurezza nazionale, la Corte di Strasburgo ha riconosciuto una piena violazione dell’art. 10 della CEDU (diritto alla libertà di espressione).

 

Accesso e “regolamentazione” della rete 

Il ricorso alla rete è da considerarsi “ambivalente” nel senso che, se da un lato consente il libero esercizio di numerosi diritti, dall’altro non è possibile consentire pregiudizi ai diritti altrui come nel caso della lesione del diritto all’immagine e dello sfruttamento economico della proprietà intellettuale di terzi. 

Lo Stato, in tal senso, deve porre in essere politiche idonee a garantire un’adeguata opera di vigilanza. È da sempre inoltre auspicata da numerosi autori e esponenti della comunità internazionale la necessità di una disciplina interstatale comune sull’uso di Internet. Questa appare particolarmente urgente se si considera il fenomeno delle cosiddette fake news, le quali “se realizzate su vasta scala” possono avere un forte impatto economico, politico e sociale. 

In Italia, per esempio, non esiste una normativa organica che vada a toccare i molteplici aspetti e regole della vita digitale, salvo il recepimento delle normative europee in tema di tutela della privacy (come il regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali del maggio 2018).

 

Il diritto di accesso a Internet e l’Italia: prospettive di sviluppo 

La storia del riconoscimento del diritto in oggetto all’interno dell’ordinamento italiano risulta piuttosto travagliata e giunta, di fatto, a nessun apprezzabile risultato. La configurazione del diritto venne ipotizzata nel 2010, nell’ambito dell’Internet Governance Forum Italia a Roma, dal giurista Rodotà che ne propose l’inserimento all’interno della nostra Costituzione. Attualmente esiste la proposta di legge costituzionale D’Ippolito e Liuzzi denominata: “Introduzione dell’articolo 34-bis della Costituzione, in materia di riconoscimento del diritto sociale di accesso alla rete Internet” (2016), affidata nel 2019 alla I Commissione Affari Costituzionali. Tuttavia, ad oggi, non è stata calendarizzata alcuna discussione in aula, nonostante numerose parti politiche spingano in tal senso. 

In virtù dell’esperienza Coronavirus, non vi è dubbio che l’accesso a Internet abbia una rilevanza imprescindibile nella società̀; tuttavia, un riconoscimento esplicito di tale situazione giuridica all’interno della Costituzione italiana comporterebbe un obbligo per il Parlamento e le Regioni di intervenire con leggi che garantiscano un godimento effettivo di tale diritto. Si dovrebbero, per esempio, imporre precisi obblighi in ambito amministrativo e sanitario affinché si possa beneficiare di determinate prestazione in “remoto”; predisporre infrastrutture che consentano l’accesso alla rete in maniera capillare su tutto il territorio nazionale per garantire una “egual connessione” in tutto il Paese; prevedere agevolazioni economiche ai meno abbienti nella stesura di contratti di connettività. Questioni queste che certamente “pesano” sulla scelta di poter riconoscere esplicitamente o meno un simile diritto umano in Costituzione. 

 

 

Fonti e approfondimenti

Pirozzi, Il libero accesso alla rete: un diritto in espansione, 2018.

Passaglia, Internet nella Costituzione italiana, 2014, https://www.academia.edu/5353059/Internet_nella_Costituzione_italiana_considerazioni_introduttive.

Cuniberti Nuove Tecnologie e libertà della comunicazione. Profili costituzionali e pubblicisticiMilano, 2015.

Pettrachin, Towards a universal declaration on internet rights and freedoms? 2018, https://journals.sagepub.com/doi/10.1177/1748048518757139.

Joyce, Internet Freedom and Human Rights, 2015, https://academic.oup.com/ejil/article/26/2/493/423010.

 

 

 

Editing a cura di Beatrice Cupitò

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