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La Rivoluzione viene dalle montagne: Öcalan, il PKK e il Rojava (prima parte)

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@Kurdishstruggle - Wikimedia Commons - CC BY 2.0

Pochi giorni fa, il 15 febbraio, è stato il 23esimo anniversario dell’arresto di Abdullah  Öcalan, il fondatore del Partiya Karkerên Kurdistanê – Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) – e teorico del confederalismo democratico, la dottrina su cui si basa la struttura socio-politica dell’amministrazione autonoma del nord-est della Siria. Era il 1999 quando, dopo aver passato mesi in fuga dalla Millî İstihbarat Teşkilâtı (MIT), i servizi segreti turchi, Öcalan fu catturato a Nairobi, in Kenya, e trasferito in Turchia. Nel suo Paese natale fu processato, condannato a morte – sentenza poi tramutata in ergastolo, in seguito all’abolizione della pena capitale nel 2002 – e incarcerato a İmralı, una piccola isola sul Mar di Marmara che non ha altra funzione se non “ospitare” il celebre prigioniero politico.

Oggi, Öcalan è ancora in carcere e il 15 febbraio è diventata una data che segna un appuntamento importante, in cui curdi e simpatizzanti della causa confederalista protestano avanzando richieste come la liberazione del prigioniero o, più recentemente, il riconoscimento politico delle amministrazioni autonome del nord-est della Siria. A conferire una così vasta popolarità a Öcalan non sono solo le sue teorie, le condizioni disumane in cui sta scontando la sua pena a vita – con cui è difficile non empatizzare – o il fatto che è tra i pochi teorici politici a poter “vedere” la propria dottrina applicata a livello di governo, ma anche la storia del suo attivismo, delle sue idee e del suo arresto.

Chi era Öcalan: gli studi e il sogno di un Kurdistan socialista

Öcalan nasce da una famiglia curda intorno al 1946 – non si sa con esattezza l’anno – a Ömerli, un villaggio montano della Turchia meridionale, o Bakurê Kurdistanê (Kurdistan settentrionale), come lo chiamano i curdi. La sua attività politica inizia negli anni Sessanta, durante gli studi alla facoltà di Legge di Istanbul. In quegli anni, si avvicina al marxismo ed entra a far parte della Federazione della Gioventù Rivoluzionaria della Turchia, organizzazione successivamente messa fuorilegge e repressa. Dopo aver cambiato indirizzo di studi e università, trasferendosi ad Ankara per studiare scienze politiche, Öcalan conosce Mazlum Doğan, ai tempi giovane giornalista, con cui si lega particolarmente a causa delle comuni origini curde e del comune interesse nei confronti della condizione di oppressione riservata alle minoranze del Paese. Nel 1975, insieme a Doğan e Mehmet Hayri Durmuş, uno studente di medicina curdo, Öcalan pubblica “La Rivoluzione in Kurdistan”, un breve manifesto in cui vengono denunciate le condizioni di repressione fisica e culturale dei curdi e lo sfruttamento delle minoranze etniche, ma in cui viene anche teorizzata la creazione di uno Stato curdo che riunisca le quattro regioni del Kurdistan – il Bakurê Kurdistanê, o Kurdistan settentrionale; il Rojava, “Occidente”, in Siria; e le regioni del Kurdistan orientale, in Iraq e Iran – in un apparato statale dotato di una struttura politica socialista. Nell’opera, i tre autori fanno riferimento più di una volta alla lotta armata come strumento di liberazione dalla Turchia, ai tempi saldamente in mano al generale golpista Cemal Gürsel, definendo il Kurdistan una colonia da liberare. Nell’allora amministrazione delle regioni sud-orientali della Turchia, a maggioranza curda, Öcalan, Durmuş e Doğan vedevano il dominio imperialista del potere centrale di Ankara esercitato tramite la classe feudale curda locale, nelle vesti degli aguzzini dei turchi, in un meccanismo oppressivo esperienzato precedentemente sia dai curdi sotto l’Impero ottomano, sia da altri popoli assoggettati ad altri domini coloniali.

L’ideologia dei tre giovani militanti comunisti, che pochi anni dopo fondarono il PKK, aveva delle chiare fondamenta nazionaliste e antimperialiste, prendendo ispirazione dalle esperienze del socialismo arabo-nasseriano e dalla Guerra d’indipendenza algerina. Tra la popolazione curda, ma anche tra i circoli intellettuali, infatti, vigeva ancora quel sentimento di deprivazione derivante dal 1923 e dal Trattato di Losanna che, in seguito alla guerra greco-turca e al successo dei nazionalisti di Mustafa “Ataturk” Kemal, sostituì il Trattato di Sevres (1920), in cui era prevista una sorta di autonomia e in alcuni casi l’indipendenza per le minoranze dell’ormai caduto Impero ottomano, tra cui appunto i curdi. La mancata implementazione del trattato, a cui anche le potenze occidentali firmatarie vennero meno dopo la vittoria delle forze guidate da Ataturk e l’instaurazione della Repubblica turca, trasformò il Kurdistan in una entità territoriale transfrontaliera divisa tra Turchia, Iraq, Iran e Siria e culturalmente e politicamente osteggiata dalle varie autorità centrali dei Paesi sotto cui l’amministrazione ricadeva. Tale processo, nelle parole di Öcalan, Durmuş e Doğan, venne paragonato alla divisione che subirono diversi popoli africani quando i confini dell’Africa vennero disegnati a tavolino con poca considerazione della distribuzione etno-geografica delle popolazioni locali.

In un periodo storico, gli anni Settanta, in cui la Turchia era caratterizzata da dilaganti episodi di violenza politica – a opera di milizie e gruppi armati di estrema sinistra, destra e islamisti – la strategia più percorribile sembrava quella della rivoluzione armata. I tre pensatori curdi, insieme a un ristretto numero di seguaci che secondo le stime non superava le 300 unità, diedero vita a una ramificata rete di attivisti su tutto il territorio nazionale. Per le prime azioni armate, in ogni caso, bisogna aspettare il 1979, l’anno dopo la fondazione del Partito dei lavoratori del Kurdistan (1978), quando Öcalan preferì, a fronte dell’ondata di repressione generale che ha aperto la strada al colpo di stato del 1980 (il secondo del decennio), fuggire in Siria. 

Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan nella Guerra curdo-turca

Nel 1979, sotto la minaccia di un’ulteriore intensificazione della repressione del governo di Ankara nei confronti dei partiti e gruppi militanti di estrema sinistra, Öcalan decide di rifugiarsi nella Siria ba’athista dell’allora presidente Hafez al-Assad, per ideologia propenso a ospitare organizzazioni marxiste-leniniste sul proprio territorio nazionale e per interessi geopolitici ben contento di destabilizzare il vicino turco. Il 1979 segna l’inizio della lotta armata del PKK contro il governo centrale turco. Nonostante sia ancora oggetto di dibattito quante e quali azioni il partito di orientamento marxista-leninista mise in atto quell’anno, il tentato assassinio di Mehmet Celan Bukan, un capo tribale curdo alleato del Partito della giustizia (turco-nazionalista), segna l’inizio delle attività di guerriglia del PKK. Proprio in seguito al fallimento dell’operazione, Öcalan fu costretto a lasciare il Paese, mentre i suoi compagni del comitato centrale del partito, tra cui i co-fondatori Doğan e Durmuş, furono arrestati.

Negli anni seguenti, il PKK crebbe in popolarità e nella ramificazione della propria struttura politica e militare. La solida base marxista-leninista della sua dottrina politica permise al PKK di partecipare alle azioni dei gruppi militanti di estrema sinistra turchi, mentre il sostegno della Siria ba’athista permise la creazione dell’ala militare del partito, le Hêzên Rizgariya Kurdistan (HRK) – Brigate della libertà del Kurdistan. Mentre piccoli nuclei del PKK partecipavano ad azioni organizzate dalle organizzazioni comuniste in Turchie, vere e proprie unità militari iniziarono il loro addestramento militare. Con l’appoggio della Siria di Assad padre, che vedeva nelle varie milizie comuniste regionali dei potenziali proxies da utilizzare per influenzare le politiche dei Paesi vicini, i primi campi di addestramento del PKK sorsero principalmente in Libano, in Iraq, nella Siria dell’est – dove si trovava e tuttora si trova la minoranza curda del Paese. I campi libanesi, in particolare – soprattutto quelli di Ain al-Hilwe, campo profughi palestinese, e della Valle del Bekaa – permisero al PKK di stringere importanti alleanze con le milizie comuniste palestinesi, soprattutto il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP), che influenzò la struttura militare del PKK e contribuì allo sviluppo delle posizioni anti-semite di Öcalan (molti partiti radicali palestinesi vanno oltre l’anti-sionismo) – nonostante le posizioni furono poi rivisate verso la fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ‘90.

In seguito al secondo congresso del partito, tenutosi il 25 agosto 1982 a Daraa, in Siria meridionale, i vertici del PKK decretarono la necessità di iniziare un’insurrezione armata all’interno della Turchia, in coordinamento con le altre organizzazioni di estrema sinistra sopravvissute alle purghe e alla repressione seguita al coup del 1980. Il 15 agosto 1984, le HRK, guidate dal loro fondatore e primo comandante, Mahsum Korkmaz, attaccarono due stazioni della gendarmeria turca in due distinte regioni sud-orientali del Paese. Nell’attacco, morirono tre agenti turchi, mentre una decina di persone tra militari e civili rimase ferita. Nei giorni seguenti, diversi attacchi furono condotti contro avamposti militari e personalità della destra turca. La conseguente reazione di Ankara, che già dal 1980 aveva vietato la lingua curda e stava procedendo con programmi di ingegneria demografica nelle regioni del Kurdistan, innescò la spirale di violenze che tra il 1984 e il 1992 provocò circa 15 mila morti (stime delle autorità di Ankara) tra civili e militari turchi e i militanti del PKK. Ancora oggi, gli 8 anni della prima fase di guerra tra Turchia e PKK segnano il periodo più violento del conflitto curdo-turco, ancora oggi in corso, e l’isteria securitaria e nazionalista che ha spinto, e spinge ancora, Ankara a intervenire militarmente negli Stati limitrofi. 

 

Fonti e approfondimenti

Criss N. B., “The nature of Pkk terrorism in Turkey”, Studies in conflict and terrorism, Vol. 18, pg. 17-37, Francis 1995.

De Jong A., “The New-Old Pkk”, Jacobin, 13 agosto 2016.

O’Connor F., “The Kurdish Movement in Turkey between political differentiation and violent confrontation ”, Francis 2017.

Özcan A. K., “Turkey’s Kurds: A Theoretical Analysis of the PKK and Abdullah Ocalan”, Routledge, 2005.

Schmidinger T., “Rojava: Revolution, War, and the Future of Syria’s Kurds”, Pluto Press, 2018.

 

 

Editing a cura di Carolina Venco

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