Le Olimpiadi che si terranno nel 2026 tra Milano e Cortina d’Ampezzo saranno le quarte di sempre a essere ospitate dall’Italia. La prima fu proprio a Cortina d’Ampezzo nel 1956, meta d’eccellenza degli sport invernali, seguito da Roma nel 1960 e infine da Torino nel 2006. Nonostante l’entusiasmo generale per il ritorno in Italia dell’evento sportivo più importante del mondo, in molti sono preoccupati per l’impatto che potrebbe avere sull’ambiente e sulla vita delle comunità locali nelle zone dove si svolgeranno le gare.
Una volta diffusa la notizia della vittoria del tandem Milano Cortina contro la rivale Stoccolma, diverse associazioni ambientaliste si sono schierate contro l’evento, che giudicano pericoloso per l’ambiente e per le comunità locali. A preoccupare gli attivisti è specialmente la macroregione alpina compresa tra Veneto e Trentino Alto-Adige, un delicato ecosistema già minacciato dagli effetti dei cambiamenti climatici e socio-economici. A quattro anni dalla accensione della fiaccola olimpica al Meazza di Milano, è utile fare il punto sulle promesse fatte dagli organizzatori e dalla politica e i timori di attivisti e opinione pubblica, divisa tra chi vede in Milano-Cortina un volano di crescita e sviluppo e chi un grosso errore di valutazione.
Una vittoria a lungo attesa
Era dal 2006 che nessuna candidatura italiana riusciva a convincere il Comitato Olimpico Internazionale (CIO): è comprensibile quindi la sorpresa con cui è stata accolta la vittoria del tandem Milano-Cortina all’annuncio della commissione del CIO. La sorpresa e la felicità si sono tradotte quasi subito in una moltitudine di aspettative molto alte attorno alla Fondazione Milano-Cortina 2026, l’ente creato nel 2018 per gestire sia la candidatura che l’evento in sé. Buona parte di queste aspettative si concentrano sulla promessa (ben delineata nel dossier di candidatura presentato al CIO) di un’edizione dei Giochi olimpici interamente ispirata agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, quindi alla promozione delle tre macro-aree dello sviluppo che sono il cuore del documento adottato nel 2015 dall’Assemblea Generale: ambientale, sociale ed economica.
Una volta annunciata la vittoria, i portavoce della Fondazione e i due politici che si sono spesi di più per la candidatura di Milano-Cortina (il sindaco di Milano Beppe Sala e il presidente del Veneto Luca Zaia) hanno assicurato che i lavori di ristrutturazione degli impianti già esistenti e di costruzione delle nuove infrastrutture sarebbero stati orientati al risparmio energetico e all’utilizzo di materiali a basso impatto ambientale. Nel bel mezzo dell’epocale sfida per contrastare l’emergenza climatica, organizzare una manifestazione della portata di un’olimpiade è una vera sfida.
Riutilizzo delle strutture e promozione dei valori locali
Non c’è dubbio che a far pendere l’ago della bilancia in favore della candidatura italiana sia stata la proposta di riutilizzare circa il 90% delle infrastrutture esistenti, per scongiurare il rischio di lavori di costruzione invasivi che potrebbero mettere in pericolo la macroregione alpina. Lo ha detto anche il presidente della Fondazione che organizza i Giochi, Giovanni Malagò, nel suo intervento al Forum Sostenibilità di Il Sole 24 Ore lo scorso ottobre: «I Giochi si adattano al territorio che li ospita e non viceversa».
Invece di costruire nuovi stadi, piste e palazzetti del ghiaccio, verranno rimodernate e messe in sicurezza le infrastrutture già esistenti nei quattro cluster distribuiti tra Lombardia, Veneto, Trentino Alto-Adige che ospiteranno eventi e competizioni. Tra gli altri, inclusi nel progetto troviamo: lo Stadio Meazza di Milano, che ospiterà la cerimonia di apertura dei Giochi, e il Mediolanum Forum. A Cortina i lavori interesseranno lo Stadio Olimpico del Ghiaccio, mentre a Bormio la storica pista dello Stelvio e a Livigno l’altrettanto celebre complesso sciistico del Mottolino. In Trentino, invece, l’Arena Alto Adige e il Centro del fondo e del biathlon Fabio Canal sono al centro di un importante progetto di rinnovamento.
Si tratta di interventi di ristrutturazione che mirano a limitare la costruzione di nuove infrastrutture al minimo: solo l’8% dei luoghi che ospiteranno atleti e personalità da tutto il mondo verranno costruiti da capo, con l’obiettivo ultimo di promuovere una crescita sostenibile e in linea con gli obiettivi di lungo termine delle città e delle regioni. Investendo il miliardo di euro stanziato dal Ministero dei trasporti (Mit) in opere che si rifanno totalmente alle 40 linee guida dell’Agenda Olimpica 2020, la Fondazione Milano-Cortina e tutte le istituzioni coinvolte vogliono dimostrare che le Olimpiadi in tempi di crisi climatica non sono solo possibili, ma possono anche contribuire alla lotta contro i cambiamenti climatici e al loro impatto negativo sulla società.
Le accuse di greenwashing delle associazioni ambientaliste
A pochi anni dall’inizio dei lavori, rallentati a causa dello scoppio della pandemia da Covid-19, le critiche al “sistema Milano-Cortina” sono già molte. La Fondazione è infatti finita nel mirino di associazioni ambientaliste che lamentano la mancanza di trasparenza sulla vera natura degli interventi infrastrutturali. Riunite sotto lo slogan “Non nel mio nome”, 52 comitati e associazioni (tra cui Mountain Wilderness Italia, WWF, Pronatura, Legambiente) hanno organizzato diverse manifestazioni nel corso dell’estate e dell’autunno per chiedere un tavolo di confronto con l’ente organizzatore.
I timori dei cittadini e degli attivisti sono tutt’altro che infondati; nel 2021 a Cortina si sono svolti i Mondiali di Sci, che hanno avuto un prezzo molto alto in termini di disboscamento. Mountain Wilderness ha raccontato di alberi tagliati per far spazio a parcheggi e nuove strade nel servizio Mondiali del cemento, una fonte molto utile per capire le motivazioni dietro le proteste di oggi. Per esempio, è molto contestato il progetto di una nuova pista da bob nei pressi di Cortina, un impianto che con molta probabilità cadrà in disuso dopo la fine dei Giochi visto che il bob è uno sport poco diffuso in Italia.
A loro dire, alcune delle opere in programma non sono idonee al contesto in cui sono previste, in particolare nella fragile cornice delle Alpi. Tra i progetti più contestati vi è senza dubbio la costruzione di un enorme albergo di sette piani sul Passo Giau, una delle località più intatte e ancora incontaminate delle Dolomiti, l’ecosistema montuoso patrimonio dell’UNESCO che attivisti e cittadini vogliono proteggere dalla mano dell’uomo. Così come le molte bretelle autostradali previste per velocizzare gli spostamenti tra una località e l’altra, che finirebbero per trasformare irrimediabilmente un tempio della natura invece di proteggerlo.
Insomma, slogan a parte, per gli amanti delle Alpi e gli ambientalisti la vittoria di Milano e Cortina è una sconfitta. Mentre aspettiamo di vedere in che modo evolveranno le cose sorge spontanea una domanda: è davvero possibile organizzare un evento della portata di un’Olimpiade che non solo non abbia un impatto negativo sull’ambiente, ma addirittura contribuisca a tutelarlo?
Fonti e approfondimenti
International Olympic Committee, Sustainability.
Muller M., An evaluation of the sustainability of the Olympic Games, Nature, 19/04/21.
MW Italia, Olimpiadi 2026: vincono Milano e Cortina, perdono le Alpi e il loro fragile ecosistema, Mountain Wilderness Italia, 25/06/19.
Tarabini S., Olimpiadi Milano-Cortina 2026, saranno sostenibili tutte queste infrastrutture? Parte 1: la Lombardia, EconomiaCircolare.com, 07/02/22.
Tarabini S., Olimpiadi Milano-Cortina 2026, saranno sostenibili tutte queste infrastrutture? Parte 2, EconomiaCircolare.com, 21/02/22.
Editing a cura di Matilde Mosca
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