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Rafah, cresce il rancore egiziano verso al-Sisi

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Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Fin dalla fondazione di Israele nel 1948, l’Egitto è stato uno degli attori centrali nella cosiddetta questione palestinese: nel corso del tempo, le leadership del Cairo hanno cambiato la propria posizione, ma non hanno mai smesso di giocare un ruolo determinante nelle traiettorie della regione. Oggi, al-Sisi si trova davanti a un bivio, mentre cresce la distanza tra il popolo egiziano e le sue élite.

Egitto, Israele e Palestina, in passato

La Nakba e la prima guerra arabo-israeliana sono considerate il punto d’inizio ufficiale della causa palestinese, che sarebbe diventata uno dei pilastri del nazionalismo arabo e uno degli emblemi della lotta anti-coloniale e anti-imperialista. Qualche anno dopo, con il golpe dei Liberi Ufficiali e l’ascesa di Gamal Abd el-Nasser, questi diventano i temi su cui fonda il legame molto stretto tra Egitto e Palestina.  

Con la morte di Nasser nel 1970, il potere passa al suo vice Anwar al-Sadat, intenzionato a smantellare il sistema socialista creato dal predecessore e ad avvicinarsi alla sfera di influenza Washington. Grazie alla mediazione statunitense, il 17 settembre dell’anno successivo vengono firmati gli Accordi di Camp David – seguiti dalla firma del trattato di pace tra Il Cairo e Tel Aviv il 26 marzo 1979. La firma è uno spartiacque nei rapporti tra i due Paesi e nella natura del sostegno dato dal Cairo alla Palestina.

Il progressivo avvicinamento agli Stati Uniti, infatti, portando alla normalizzazione dei rapporti tra il Cairo e Tel aviv, ha implicato anche una trasformazione nel ruolo egiziano rispetto alla questione palestinese. Negli ultimi decenni, questo si è espresso soprattutto nello sforzo diplomatico: sia tra Israele e Palestina, sia tra le diverse fazioni palestinesi. 

Rafah: quale futuro per palestinesi ed egiziani? 

Dopo l’attacco del 7 ottobre, nella società e nei palazzi del potere egiziani si sono registrate due tendenze contrastanti. Il popolo egiziano ha dimostrato chiaramente la propria solidarietà con la Palestina. In risposta all’invasione israeliana della Striscia di Gaza e del genocidio in corso, molti egiziani sono passati al boicottaggio dei prodotti di compagnie occidentali note per il sostegno a Israele.  La stessa percezione che gli egiziani hanno dell’Occidente è cambiata.  

Tuttavia, al consenso delle piazze non è seguito un cambio di posizione da parte del regime di al-Sisi. Dopo una debole mediazione per il cessate il fuoco, oggi l’Egitto non sembra intenzionato ad aprire il valico di Rafah, l’unica via d’uscita rimasta ai palestinesi in fuga per la sopravvivenza. Al contrario, sta costruendo un vero e proprio muro al confine con Gaza. Al-Sisi vuole evitare che il conflitto si riversi nel proprio territorio e che la presenza dei profughi porti a una radicalizzazione del popolo egiziano.  

Intanto, i palestinesi che vogliono attraversare il valico di Rafah per mettersi al sicuro devono pagare sottobanco le autorità di confine del Cairo. Secondo un fundraising lanciato su Go Fund Me, per superare la frontiera sono necessari circa 8.000 dollari a persona, una cifra che diventa ancora più astronomica nel caso di famiglie numerose. Le decisioni di al-Sisi potrebbero però ritorcerglisi contro: la rabbia popolare per le sorti di Gaza è solo uno dei tanti motivi di rancore da parte degli egiziani

Fonti e approfondimenti

Reem Abou-El-Fadl, The war on Gaza has sharpened Egyptian popular grievances – both on Palestine and at home, The Guardian, 29/10/2023

Khaled Elgindy, Egypt, Israel, Palestine, Brooking, 25/08/2012

Emiliani, M. Medio Oriente. Una storia dal 1918 al 1991. Laterza. 2012

Maged Mandour, Egypt’s Shifting Hamas Policies, Carnegie Endowment, 26/07/2012

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