Site icon Lo Spiegone

Libertà di stampa o dossieraggio?

press domani

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

La libertà di stampa è un diritto riconosciuto in ogni Stato democratico. Garantisce la diffusione di informazioni corrette, libere e indipendenti, ed è considerata un indice fondamentale per valutare il progresso di una società democratica. Tuttavia, in tanti Paesi del mondo si assiste oggi a un passo indietro nella tutela di questo diritto. Tra questi vi è anche l’Italia.

Le tutele internazionali

La libertà di stampa è riconosciuta dall’art.19 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere […]”.

Già nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino del 1789, la libertà di stampa viene rappresentata come libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni. Ogni cittadino è dunque libero di parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo a dover rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla legge.

All’art. 10 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali si legge: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiere.”

La libertà di stampa in Italia

In Italia la libertà di stampa è riconosciuta espressamente dall’art. 21 della Costituzione, all’interno del suo secondo comma “La stampa non può essere soggetta ad autorizzazione o censure”.

Secondo Fnsi (Federazione Nazionale Stampa Italiana), nonostante il panorama mediatico nazionale garantisca il pluralismo, nel quadro normativo del 2022, l’Italia risente di “una certa paralisi legislativa” ad esempio su temi come la diffamazione.

A condizionare il lavoro dei giornalisti, oltre alle pressioni da parte degli attori sociali, non ultima la politica, è la “crescente precarietà che mina pericolosamente il giornalismo, il suo dinamismo e la sua autonomia”. Ad aggravare la situazione, le campagne di intimidazione, spesso orchestrate contro coloro che indagano sulla criminalità organizzata e sulla corruzione.

Secondo l’Ordine dei Giornalisti, sono oltre 250 i giornalisti sotto tutela, di cui 22 sotto scorta. La matrice degli atti intimidatori è in gran parte riconducibile a contesti socio-politici locali.

Il caso Domani

A marzo 2023 le forze dell’ordine si sono presentate nella redazione del quotidiano Domani esibendo un provvedimento di sequestro relativo a un articolo a firma di Giovanni Tizian e Nello Trocchia che riguardava la condanna di Simone Di Marcantonio. La querela da parte del sottosegretario al ministero del Lavoro, Claudio Durigon, è stata poi ritirata, ma ha suscitato preoccupazioni per la libertà di stampa in Italia. 

In questi ultimi giorni Domani è tornato sotto i riflettori: è stata pubblicata infatti la cosiddetta ”inchiesta di Perugia”. Una gran parte della politica italiana parla di “dossieraggio” ai danni di politici, industriali e personaggi della cultura e dello spettacolo. Il dossieraggio è l’attività clandestina svolta con lo scopo di una raccolta di informazioni riservate e scottanti su personaggi in vista, da usare in genere a fini di ricatto. Di “dossieraggio” però, negli atti, non vi è alcuna traccia.

Nei tre articoli apparsi su Domani, Emiliano Fittipaldi, oggi direttore del quotidiano e all’epoca vicedirettore, i giornalisti Giovanni Tizian, Nello Trocchia e Stefano Vergine indagano sul potenziale conflitto di interessi del ministro della Difesa, Guido Crosetto, e sui suoi guadagni ricevuti per prestazioni e consulenze per società del settore difesa e armamenti che hanno tutte rapporti diretti con il ministero di cui è da poco diventato titolare.

Le accuse

Crosetto non risponde con una smentita e neanche con una denuncia per diffamazione. Il ministro decide invece di presentare un esposto alla procura di Roma, chiedendo ai pm di individuare le fonti delle inchieste sui compensi milionari, convinto che quelle informazioni arrivassero dalle sue dichiarazioni dei redditi. Sono stati così indagati anche l’ufficiale della guardia di finanza Pasquale Striano e il magistrato Antonio Laudati.

Secondo le accuse, il finanziere avrebbe inviato ai cronisti i documenti estratti dalla banca dati delle direzioni (nazionale e distrettuali) antimafia. Nelle carte dell’inchiesta però non c’è alcuna traccia di invio di informazioni finanziarie o segnalazioni di operazioni sospette (Sos). Non c’è quindi alcun “dossier su politici e vip”, ma documenti agli atti delle procure. I tre cronisti sarebbero colpevoli di aver pubblicato quindi delle notizie vere, scomode senza dubbio per i governi di oggi e di ieri. Rischiano fino a 5 anni di carcere.

Fonti e approfondimenti

Betrò, F., “Non c’è Liberazione senza libertà d’informazione“, Lo Spiegone, 24/04/2021

Camporese, M., “Le attività di lobbying in Italia devono essere regolamentate“, Lo Spiegone, 17 aprile 2021

FNSI. 2023. Libertà di stampa nel mondo: l’Italia risale al 41° posto, ma pesano precarietà e minacce

Il Domani 

Ordine dei Giornalisti. Maggio 2023. Minacce, oltre 250 giornalisti sotto vigilanza

Exit mobile version