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Le banche gettano benzina sulla crisi climatica

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Sono ormai passati quasi 10 anni dagli Accordi di Parigi sul clima ma, come avvertiva l’ultimo rapporto degli esperti ONU, il «mondo non è sulla buona strada» per raggiungere gli obiettivi stabiliti nella capitale francese. 

Questo è dovuto alla responsabilità di tanti attori diversi. I quali, invece di premere sulla mitigazione e l’adattamento, contribuiscono a gettare benzina sulla crisi climatica. Tra di loro vi sono anche gli istituti bancari

Banche e crisi climatica

Le banche oggi hanno un ruolo cruciale. Si pensa che una delle loro funzioni più importanti sia quella di favorire la crescita economica. Ma gli investimenti non devono, almeno in teoria, essere svincolati dal benessere della popolazione. Il rischio, infatti, è che a un’economia che “gira meglio” corrisponda un mondo, o almeno una parte di mondo, che “gira peggio”. 

Di fronte alla sfida del secolo, quella dei cambiamenti climatici, le banche hanno pertanto una grande responsabilità. Le organizzazioni internazionali hanno indicato nello sviluppo sostenibile la chiave di volta per tenere insieme progressi sociali e tutele ambientali. Questo è tanto più vero nel Sud globale, dove spesso gli effetti della crisi ambientale, provocati in misura molto superiore dall’emisfero Nord, sono più evidenti. 

Tuttavia, la realtà dimostra come non è affatto scontato che in particolare gli attori di maggior peso si muovano in questa direzione. Le banche infatti continuano a promuovere finanziamenti in attività dall’enorme impatto ambientale, come l’estrazione dei combustibili fossili.  

Il peso delle banche

A quantificare il peso degli istituti bancari in questi progetti ci pensa lo studio Banking on Climate Chaos. Il rapporto analizza gli impegni delle prime 60 banche private del mondo nel sostenere oltre 4.200 aziende di combustibili fossili. Ovvero nel finanziare le società che continuano a estrarre, senza curarsi dei moniti internazionali. 

Il problema principale messo in luce da BOCC è infatti che il principio che detta legge non è quello della sostenibilità, men che meno della protezione della natura e delle comunità. A sfumare il contrasto alla crisi climatica è il mero profitto. Lasciare nel sottosuolo queste indispensabili risorse per il nostro modello di sviluppo significa rinunciare a miliardi e miliardi di dollari. 

Dagli Accordi di Parigi, le grandi banche hanno finanziato i combustibili fossili con quasi 7 trilioni di dollari (6,5 trilioni di euro). In prima fila ci sono le banche statunitensi, che sono state le principali sostenitrici del settore, contribuendo con il 30% del totale di 705 miliardi di dollari forniti nel 2023. A completare il podio insieme a JP Morgan Chase e Bank of America, rispettivamente al primo e al terzo posto, c’è la giapponese Mizuho Financial. Solo questi tre istituti hanno investito più di 110 miliardi di dollari nell’ultimo anno. 

Le banche europee

Nonostante il continente europeo vanti le normative più stringenti a livello ambientale, anche le “nostre” banche condividono una grossa fetta di responsabilità. 

Secondo i ricercatori, quello fatto dagli istituti del vecchio continente è solo un piccolo passo indietro rispetto agli anni scorsi. Oltretutto, ci sono progetti fossili che, in diversi Paesi, hanno segnato un notevole aumento. Tra questi vi sono il metano e il Gnl (gas naturale liquefatto), che hanno saputo attirare l’attenzione in Germania, nei Paesi Bassi, in Spagna e in Danimarca. 

Le normative attuali evidentemente non bastano. E nel frattempo la bilancia pende sempre dalla parte delle fonti fossili. Un rapporto pubblicato nel settembre 2023 da ActionAid spiegava come gli investimenti dei principali gruppi bancari nei Paesi del Sud globale fossero 20 volte superiori ai fondi pubblici stanziati dai governi nazionali per il contrasto ai cambiamenti climatici. 

 

Fonti e approfondimenti

ActionAid. 2023. Le banche principali responsabili della crisi climatica

BOCC. 2024. Banking on Climate Chaos

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