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Che cos’è il gruppo di Visegrád

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Sono passati più di trent’anni da quando i leader di Polonia, Cecoslovacchia e Ungheria si incontrarono a Visegrád. Nel febbraio 1991, i tre Paesi erano protagonisti di un grande cambiamento, in uno scenario internazionale che con il venire meno dell’Unione sovietica stava cambiando volto. 

L’incontro nella città ungherese, affacciata sul Danubio, aveva proprio l’obiettivo di definire i prossimi passi e di mettere a punto un’agenda che avrebbe sempre più guardato all’Europa occidentale. Nasceva così quello che con il tempo sarebbe passato alle cronache come il gruppo di Visegrád.

Gli obiettivi del gruppo di Visegrád   

Quando Václav Havel prese la parola di fronte al Sejm, la camera bassa del Parlamento polacco, i regimi comunisti nel Blocco di Varsavia erano da poco giunti al capolinea. In quell’occasione il presidente cecoslovacco identificò quella di avvicinarsi agli Stati dell’Europa occidentale come la prospettiva migliore per i Paesi della regione. 

Pochi mesi dopo, la dichiarazione di Visegrád segnò il momento in cui i tre Paesi misero definitivamente da parte i loro legami con il Cremlino. Lo scopo era quello di impegnarsi congiuntamente per accelerare il processo di integrazione nella Comunità economica europea – da cui sarebbe scaturita l’Ue – e nella Nato

Con la separazione della Cecoslovacchia in Repubblica Ceca e Slovacchia, i Paesi di Visegrád divennero quattro. Per tutti gli anni Novanta, il percorso di avvicinamento segnò degli alti e bassi. Soprattutto a causa delle difficoltà legate alla transizione dall’economia pianificata a quella di mercato. 

Le tappe dell’integrazione

Tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila, il gruppo di Visegrad riuscì a coronare il sogno dei suoi padri fondatori. Il primo passo, nel 1999, fu l’ingresso nell’Alleanza Atlantica da parte di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, mentre la Slovacchia si unì nel 2004. In questo stesso anno i Paesi aderirono anche all’Unione europea. I Paesi diedero anche vita a un’alleanza informale, nota come V4, volta ad esercitare una maggiore influenza sullo scenario europeo e atlantico.  

Queste tappe riflettevano obiettivi diversi ma complementari. Sul fronte della sicurezza, la partecipazione alla Nato significava per il gruppo riuscire a mettere un solido confine, attraverso l’articolo 5, rispetto alle mire di Mosca. Per cechi, slovacchi, polacchi e ungheresi, in ragione della storia più e meno recente, si trattava di un traguardo molto importante.

Nelle intenzioni dei leader, allo stesso tempo, risultava decisivo favorire la crescita economica e sociale dell’Europa orientale. Le economie del blocco hanno saputo attrarre negli anni molti investimenti e hanno fatto registrare una serie di tendenze positive. Tuttavia, un vero e proprio salto nella qualità della vita, per la popolazione, non c’è stato. Se il Blocco infatti è riuscito a mantenersi al di sopra della media globale, il reddito della popolazione rimane molto al di sotto dell’Europa occidentale. 

Il gruppo di Visegrád contro l’Unione europea

In un primo momento, l’adesione del gruppo di Visegrád al progetto europeo è stata generalmente accompagnata da un grande entusiasmo nei Paesi dell’Ue. Negli ultimi anni tuttavia sono state sollevate diverse criticità rispetto all’agenda del Blocco. In particolare, rispetto a due tematiche: la gestione dei flussi migratori e le prerogative dello Stato di diritto. 

Sul primo punto, la cosiddetta “crisi migratoria” del 2015 è stata uno spartiacque. Il gruppo all’epoca ha fortemente osteggiato l’adozione di una soluzione comune a livello comunitario, rifiutandosi di sostenere ogni meccanismo di solidarietà. Le élite al potere in questi Paesi hanno promosso una retorica fortemente etnocentrica e xenofoba, ponendosi come i “custodi di un’altra visione dell’Ue”. Una visione ostile al multiculturalismo e che vede nella religione cristiana un perno essenziale della società europea.   

Il venire meno delle tutele democratiche soprattutto a Budapest e Varsavia ha innescato un ampio dibattito in diversi Paesi europei. L’Ue ha rilevato come in seguito alle vittorie elettorali di Fidesz in Ungheria (2010) e di Diritto e giustizia in Polonia (2015) ci siano stati una serie di attacchi dei governi contro la magistratura, la libertà di stampa e i diritti civili. Su quest’ultimo fronte, a essere più colpite sono state le donne, le comunità Lgbtq+ e le minoranze. Anche la situazione in Slovacchia e Repubblica Ceca, come evidenzia l’ultimo rapporto di Liberties, desta più di una preoccupazione. 

Kiev spacca Visegrád?

Se non ha mai rappresentato un monolite, nelle questioni più identitarie per le agende dei rispettivi governi il blocco ha spesso agito in nome di ideali condivisi. L’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte di Mosca, tuttavia, ha cambiato le carte sul tavolo, mettendo in crisi questa compattezza. 

A poco più di un mese dall’inizio dell’offensiva, nell’aprile 2022, Viktor Orbán ha ottenuto un successo schiacciante nelle elezioni ungheresi. Successo che gli ha garantito il quarto mandato come Primo ministro. Orbán fin da subito ha scelto una linea molto distante dagli altri membri del Blocco, rifiutando di sostenere militarmente l’ucraina. La Polonia ha criticato aspramente la posizione di Budapest. 

Una volta tornato al potere Robert Fico nel 2023, anche la Slovacchia si è distinta per la contrarietà all’invio di armamenti all’Ucraina. Nonché per la barriera posta nei confronti di un possibile ingresso del Paese nella Nato. Nel caso in cui la guerra dovesse andare avanti, il primo vero crocevia per il Blocco potrebbe essere Kiev.  

 

Fonti e approfondimenti

Beck, R., “The Visegrád Four: Disunity in Central Europe”, Foreign Policy Research Institute, 23/02/2024

European Council on Foreign Relations. 2019. All at sea: Europe’s crisis of solidarity on migration

Institut Delors. 2021. What is left of the “Visegrád group”? 

Liberties. 2024. Governments Continue Weakening Democracy

Overton, S., “The EU and the rule of law”, UK in a changing Europe, 3/07/2021



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