Zanzibar è una regione semi-autonoma al largo della Tanzania composta da due isole principali, Unguja e Pemba, e da oltre una cinquantina di isole minori per la maggior parte disabitate, che si estendono su una superficie complessiva paragonabile a quella del Lussemburgo. La popolazione zanzibarese, che conta circa 1,5 milioni di abitanti, testimonia nella sua varietà etnica e culturale la storia di un arcipelago che giocò un ruolo importante tra XV e XVIII secolo negli scambi tra Asia, Africa e mondo arabo.
Prima che la sua parabola politica si intersecasse con quella del Tanganica di Julius Nyerere, Zanzibar fu a lungo un soggetto distinto, con un suo percorso separato verso l’indipendenza. Dapprima un centro economico e politico del sultanato omanita, poi un sultanato autonomo, poi ancora un protettorato britannico. Con l’indipendenza del 1963, per breve tempo divenne una sorta di monarchia parlamentare. Infine, una repubblica indipendente nei mesi che intercorsero tra la rivoluzione del gennaio 1964, col rovesciamento dell’ultimo sultano Jamshid bin Abdullah, e la firma, nell’aprile del 1964, degli articoli dell’Unione tra Zanzibar e Tanganica, a formare la moderna Tanzania.
Zanzibar prima della Tanzania
Alla fine del Seicento, l’arcipelago cominciò a gravitare nella sfera di influenza del sultanato dell’Oman, che si sostituì politicamente ed economicamente ai Portoghesi. Gli europei vi si erano insediati un secolo prima per prelevarne schiavi, avorio e spezie, come chiodi di garofano, zenzero, cannella e noce moscata. A significare l’importanza che le isole rivestirono per l’economia dell’Oman, nel 1840 la capitale del sultanato venne trasferita dall’antico centro portuale omanita di Mascate a Stone Town, nucleo storico dell’attuale città di Zanzibar.
Dopo la morte del sultano Sa’id Ibn Sultan, nel 1856, si accese la competizione tra i diversi rami della dinastia regnante per la successione al trono. Ne seguì una divisione politica e la nascita del sultanato di Zanzibar. L’autonomia politica però non durò a lungo: nel 1890, con il trattato di Helgoland-Zanzibar, Regno Unito e Germania si accordarono per delimitare le proprie sfere di influenza economica e politica in Africa orientale. Il sultanato passò sotto il controllo di Londra, che vi impose un protettorato. Zanzibar rimase sotto custodia britannica fino al 1963, anno in cui ottenne l’indipendenza.
Il periodo post-indipendenza
Alle elezioni parlamentari del 1961 e del 1963, organizzate ancora sotto protettorato britannico, emerse una maggioranza relativa per il partito Afro-Shiraz, che trovava la propria base elettorale nella comunità africana nera. Ciononostante, nel 1961 al governo si insediò il Partito nazionalista dello Zanzibar (Znp), rappresentante delle comunità arabe. Il movimento formò un’alleanza con il Partito del popolo di Pemba e dello Zanzibar (Zppp), costola del Znp, separatasi per farsi portavoce delle comunità di etnia shirazi dell’isola di Pemba.
Centinaia di anni di coesistenza tra comunità arabe, asiatiche e africane avevano certamente reso più sfumata la distinzione tra gruppi etnici e culture diverse. A differenza però delle comunità di origine araba o indiana, le popolazioni nere rimanevano escluse dai principali nodi economici e politici del Paese e continuavano a rappresentare le fasce più povere della società.
Sulle strutture sociali ed economiche dell’arcipelago pesavano ancora quattro secoli di tratta degli schiavi, ma anche le eredità del colonialismo omanita e britannico. All’inizio degli anni Sessanta, con una prima apertura dello spazio politico, l’identità etnica divenne un potente motore di mobilitazione sociale.
Il 12 gennaio 1964, un sollevamento spontaneo della popolazione nera di Zanzibar pose fine al sultanato e portò all’istituzione di una repubblica di stampo socialista. La neonata Repubblica popolare di Zanzibar, retta dal partito Afro-Shirazi, venne presieduta da Abeid Amani Karume, primo presidente del Paese. Appena tre mesi dopo, quest’ultimo guidò l’unione dell’arcipelago al Tanganica di Julius Nyerere.
La firma degli Articoli dell’Unione
Il partito Afro-Shirazi, di ispirazione socialista, era legato politicamente e ideologicamente all’Unione nazionale africana del Tanganica di Nyerere (Tanu). Considerato uno dei padri del panafricanismo e del movimento anticoloniale, nonché principale riferimento del socialismo africano, Nyerere aveva guidato il Tanganica verso l’indipendenza dagli inglesi nel 1961.
Il 22 aprile 1964, con la pubblica firma dei cosiddetti “Articoli dell’Unione del Tanganica e dello Zanzibar”, Nyerere e Karume consacrarono la nascita della Repubblica unita della Tanzania, parola macedonia nata appunto dall’unione di “Tanganica” e “Zanzibar”. Anche se il documento originale è andato perduto, fatto che ha contribuito a mettere in discussione la legittimità e il contenuto degli stessi articoli, è possibile leggerne una versione integrale nell’atto di ratifica del Parlamento tanganìco, datato 25 aprile.
L’articolo quinto indicava Nyerere come primo presidente dell’Unione. Nell’esercizio delle sue funzioni, il presidente veniva affiancato da due vicepresidenti, di cui uno era il capo dell’esecutivo a Zanzibar. Questa carica di vicepresidente, che venne mantenuta da Karume fino al 1972, esprimeva la volontà di garantire al leader di governo a Zanzibar un ruolo significativo nella definizione dell’agenda politica tanzaniana.
Nel 1995 il doppio ufficio di vicepresidenza è stato abolito in favore di una carica unica, che viene ancora assegnata a un esponente politico di Zanzibar.
Uno Stato nello Stato
Zanzibar mantiene ad oggi una propria identità distinta dalle regioni continentali. Le sue isole ospitano tradizioni e culture di forte influenza araba, indiana e persiana, che ne rafforzano il senso di indipendenza. Non solo, lo speciale status giuridico di Zanzibar ha dato luogo ad accesi dibattiti sulla possibile applicazione di categorie come quella di “Stato”.
All’interno dell’Unione, Zanzibar gode infatti di ampia autonomia. È dotato di un proprio esecutivo, che prende il nome di Governo rivoluzionario di Zanzibar, di un proprio Parlamento, suddiviso nel Consiglio rivoluzionario di Zanzibar e nella Casa dei rappresentanti di Zanzibar. Ha un proprio presidente, una sua Costituzione e un suo sistema giudiziario. La Costituzione della Tanzania limita però l’autorità e la competenza di questo apparato di Stato e governo alle questioni interne dello stesso arcipelago.
Gli oppositori dell’Unione
Nel gennaio 1977 la condivisione di obiettivi e il comune sostrato ideologico portarono l’Afro-Shirazi a fondersi con il Tanu di Nyerere. Nasceva l’attuale partito di governo in Tanzania, il Chama Cha Mapinduzi (Ccm), “partito della rivoluzione” in swahili, rimasto al potere ininterrottamente dagli anni Settanta.
La presenza di due governi, retti dallo stesso partito, e l’assenza di un organo sovraordinato che possa vigilare sul rispetto della Costituzione e sul funzionamento dell’impalcatura dell’Unione sono considerati tra i principali elementi di instabilità in Tanzania. Motivo per cui da più parti si invoca una riforma costituzionale.
Tra i principali critici dell’Unione, il primo partito d’opposizione a Zanzibar – l’Alleanza per il cambiamento e la trasparenza, anche noto come Act-Wazalendo – denuncia da anni l’ingerenza esercitata dal continente negli affari politici ed economici dell’arcipelago.
Per risolvere questi conflitti, dal campo delle opposizioni sono state avanzate negli anni diverse proposte per una riformulazione dell’impalcatura istituzionale. Si va dalla costituzione di un governo unico, all’adozione di formule federali o confederali.
Una zanzibarese alla presidenza della Tanzania
Alla morte del presidente John Magufuli nel 2021, eletto inizialmente nel 2015 e riconfermato nel 2020, la massima carica dello Stato è stata assunta dalla vicepresidente di origini zanzibaresi. Samia Suluhu Hassan è così diventata la prima presidente donna della storia della Tanzania, nonché la prima proveniente dall’arcipelago.
Al suo fianco troviamo il presidente dello Zanzibar, Hussein Ali Mwinyi, figlio del secondo presidente della Tanzania Ali Hasan Mwinyi, anche lui esponente del partito di governo.
La riforma dell’Unione
La presenza al vertice dell’Unione di due politici di origini zanzibaresi sembrava potesse placare, almeno in parte, le rivendicazioni dei nazionalisti isolani, che denunciano il rapporto di subordinazione dell’arcipelago nei confronti della parte continentale.
Al contrario, le pressioni per una riforma dell’Unione si sono intensificate negli ultimi mesi. A riaccendere le tensioni tra continente e isole hanno contribuito due recenti decisioni del governo di Samia Suluhu Hassan.
Da un lato, il trasferimento del popolo Masai dalla propria terra ancestrale Ngorongoro; dall’altro, la decisione di concedere all’emiratina Dp World quattro dei dodici ormeggi del porto di Dar Es Salaam per un periodo di 30 anni. Entrambe le misure sono state considerate lesive degli interessi delle regioni continentali: la prima ne attacca le radici culturali, la seconda svende a operatori stranieri il controllo su asset strategici.
D’altra parte, le opposizioni interne all’arcipelago si sono scagliate contro il Ccm per aver disatteso le aspettative verso una maggiore condivisione del potere. In aprile, a un anno dalle elezioni generali nell’arcipelago, l’Act-Wazalendo ha minacciato di abbandonare il governo di unità nazionale (Gnu), nato nel 2010 per porre fine a un ventennio di grandi tensioni interne tra le parti politiche, costellato da violenze e brogli elettorali.
Il Ccm ha evitato per lungo tempo una seria discussione sulla struttura dell’Unione, in quanto l’attuale impalcatura istituzionale ne favorisce il mantenimento al potere. Riformare l’Unione, appuntamento che per le opposizioni appare non più procrastinabile, richiederà da parte del partito di governo un serio impegno in direzione di una maggiore apertura dello spazio politico.
Fonti e approfondimenti
Ahearne, Rob, “Why hostilities between Tanganyka and Zanzibar still challenge Tanzanian unity”, The Conversation, 03 maggio 2017.
The Citizen, “The untold story of the making of Tanganyka-Zanzibar union”, 27 aprile 2022.
Kabendera, Erik, “Dark clouds loom over Zanzibar with unity government on the brink of collapse”, The Africa Report, 11 aprile 2024.
Kabendera Erik, “Tanzania celebrates 60 years of its union with Zanzibar, but political tensions at the fore”, The Africa Report, 26 aprile 2024.
Kwayu, Aikande Clement, “Tanzania is ruled with impunity – four key issues behind calls for constitutional reform”, The Conversation, 16 febbraio 2023.
New York Times, “Tanganyika and Zanzibar sign agreement to unite; parliaments must ratify surprise decision by two presidents”, 24 aprile 1964.
Minde Nicodemus, “Tanganyika and Zanzibar: Tanzania’s 60-year-old union may need a restructure”, The Conversation, 22 maggio 2024.
Editing a cura di Beatrice Cupitò