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Ricorda 1964: la nascita dell’OLP

Nascita Olp

L’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) è un’organizzazione politica fondata nel maggio 1964 a Gerusalemme con l’obiettivo di ottenere appunto la liberazione della Palestina attraverso la lotta armata. Considerata la legittima rappresentante del popolo palestinese dalla Lega Araba a partire dal 1974, l’OLP originariamente ha dichiarato la Palestina come una singola unità regionale al momento del mandato britannico e ha cercato di vietare l’esistenza e l’attività del sionismo. Nel corso degli anni, l’OLP ha evoluto la sua posizione, chiedendo nel 1974 uno Stato indipendente nel territorio del mandato di Palestina e nel 1988 adottando ufficialmente la soluzione a due Stati.

Nel 1993, il presidente dell’OLP Yasser Arafat ha politicamente riconosciuto lo Stato di Israele in una lettera ufficiale al primo ministro Yitzhak Rabin, come parte degli accordi di Oslo che hanno portato alla nascita dell’Autorità Nazionale Palestinese. 

Arafat è stato il presidente del Comitato esecutivo dell’OLP e figura dominante di un periodo storico che va dal 1969 fino alla sua morte nel 2004, quando è stato sostituito da Mahmūd Abbās (noto anche come Abu Mazen). Nonostante passate accuse di terrorismo, l’OLP ha superato tali etichette con la stipula degli accordi di Oslo nel 1993, aprendo la strada a una nuova fase nella storia del conflitto israelo-palestinese.

Nascita e guida di Yasser Arafat

Nel summit del Cairo del 1964, la Lega Araba iniziò a discutere della creazione di un’organizzazione che rappresentasse il popolo palestinese. Il Consiglio Nazionale Palestinese si riunì a Gerusalemme il 29 maggio 1964 e, al termine di quell’incontro, l’OLP fu fondata il 2 giugno 1964. Le Dichiarazioni di proclamazione dell’Organizzazione affermavano il diritto del popolo arabo palestinese alla sua terra sacra della Palestina e la necessità di combattere per liberare le parti usurpate, in riferimento allo Stato di Israele. Gaza e la Cisgiordania all’epoca non erano occupate da Israele, ma da Egitto e Giordania. La creazione dell’OLP segnò l’inizio di una battaglia rivoluzionaria per riaffermare l’identità e la sovranità palestinese, mobilitando risorse materiali, militari e spirituali.

Un punto di svolta si raggiunse nel 1969, quando alla guida dell’OLP arrivò Yasser Arafat. Il congresso dell’Organizzazione si tenne al Cairo il 3 febbraio 1969 e in quell’occasione Arafat divenne il leader effettivo dell’OLP, essendone stato eletto presidente (fino ad allora la carica era stata ricoperta da Ahmad Shuqayri, di cui Arafat era stato portavoce), dando così inizio a una nuova fase per la causa palestinese. Arafat si prefisse due obiettivi: ottenere il riconoscimento dell’OLP come l’unico rappresentante del popolo palestinese (obiettivo che venne raggiunto in cinque anni con l’ammissione dell’OLP come osservatore alle Nazioni Unite) e portare la questione palestinese all’attenzione dei governi e dell’opinione pubblica mondiale (anche ricorrendo a volte a metodi considerati violenti). Tuttavia, si verificò una prima crisi con la Giordania: l’OLP trasferì la sua sede da Amman, nella capitale giordana, all’Egitto, con l’intento di avvicinarsi geograficamente alla Palestina e ai profughi palestinesi rifugiatisi nel Paese confinante. Inizialmente, re Hussein sostenne la decisione, sperando di utilizzare la causa palestinese per emergere come nuovo leader arabo in sostituzione di Gamal Abd el-Nasser.

Lo scontro con la Giordania: Settembre nero

Tuttavia, la decisione di re Hussein di affidare il potere all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) ebbe conseguenze più negative che positive per la Giordania. Israele, in risposta alle incursioni dei feddayn, attaccò i villaggi giordani, provocando tensioni tra il governo di Amman e i palestinesi. Questi ultimi, sentendosi sempre più autonomi, costituirono un’entità separata all’interno del Paese.

Nel 1970, la situazione esplose in una guerra civile tra i guerriglieri palestinesi e l’esercito giordano. Nonostante i tentativi di mediazione da parte di diversi governi arabi, le azioni continue dei feddayn portarono alla reazione militare della Giordania. Re Hussein dichiarò la legge marziale e Arafat assunse il comando dell’Armata per la liberazione della Palestina.

La Giordania prevalse nella guerra civile e l’OLP fu costretta a chiedere un cessate il fuoco. Durante i combattimenti, l’esercito giordano attaccò i campi profughi palestinesi, causando migliaia di vittime e dando origine al termine “Settembre nero”. L’esodo dell’OLP verso il Libano e l’uso del Paese come base per attacchi contro Israele generarono ulteriore instabilità nella Regione.

Gli anni successivi furono caratterizzati da attacchi terroristici palestinesi, compreso il tragico sequestro e omicidio di atleti israeliani durante i Giochi olimpici di Monaco nel 1972. Arafat e l’OLP furono accusati di essere dietro a questi attacchi, ma il leader palestinese pubblicamente si dissociò da tali azioni.

Nonostante le controversie e le accuse, l’OLP fu riconosciuta come unica rappresentante legittima del popolo palestinese dagli Stati arabi nel 1974 e divenne membro della Lega Araba nel 1976. La questione palestinese continuò a essere una fonte di tensioni nella Regione, con conseguenze devastanti per entrambe le parti coinvolte.

L’OLP in Libano e gli Accordi di Oslo

Dopo il trasferimento dell’OLP in Libano, la situazione si fece più tesa, fomentando (ancora una volta) una guerra civile tra la componente cristiano maronita e quella musulmana appoggiata dall’organizzazione guidata da Arafat. I cristiani maroniti accusarono Arafat e l’OLP di essere i responsabili della morte di decine di migliaia di membri del loro popolo e Israele, approfittando della crisi, si alleò con loro, mettendo in atto due azioni di invasione del Libano. La prima, l’operazione Litani, fu nel 1978 e la seconda, chiamata Pace in Galilea, nel 1982. In quest’ultimo conflitto, la prima guerra israelo-libanese, Israele occupò la maggior parte del sud del Libano, per ritirarsi poi, tre anni dopo, nella fascia di sicurezza. Fu in questa circostanza che alcune migliaia di civili palestinesi vennero massacrati nei campi profughi di Sabra e Shatila dai falangisti cristiano maroniti guidati da Eli Hobeik.

Le azioni furono talmente brutali da determinare una reazione internazionale, con l’invio di una forza armata di interposizione. Ariel Sharon, che allora ricopriva la carica di ministro della Difesa israeliano, venne ritenuto l’indiretto responsabile dei massacri dal tribunale Supremo israeliano e fu costretto a dimettersi per assumere una carica minore.

Nel settembre dello stesso anno, il 1982, durante l’invasione israeliana, gli Stati Uniti ottennero una tregua in virtù della quale Arafat e l’OLP potevano lasciare il Libano per trasferirsi in Tunisia. In quegli anni, il leader palestinese ottenne appoggio e assistenza anche dal presidente iracheno, Saddam Hussein, che gli permise di riorganizzare il gruppo dirigente dell’organizzazione, che si era ridotto dopo il conflitto in Libano. Il 5 novembre del 1988, anche se di fatto in esilio, l’OLP proclamò la creazione dello Stato della Palestina, nei termini della risoluzione 181 dell’ONU. Il 13 dicembre dello stesso anno, Arafat dichiarò di accettare la risoluzione 242 promettendo il futuro riconoscimento dello Stato di Israele e, soprattutto, la rinuncia al terrorismo. Il 2 aprile del 1989, Arafat venne eletto presidente dello Stato palestinese dal comitato esecutivo del Consiglio nazionale palestinese (una sorta di parlamento da cui dipendeva anche l’OLP): nello stesso giorno, il governo statunitense propose la formazione di due separate entità statali. In base a questa mozione, Israele sarebbe dovuto rimanere entro i confini fissati precedentemente al 1967 e la Palestina, dovrebbe essere composta da Cisgiordania e Striscia di Gaza.

Il cammino che ha portato dalle azioni di guerriglia e terroristiche alla creazione di uno Stato palestinese riconosciuto internazionalmente è stato lungo e complesso. Gli accordi di Oslo del 1993 hanno segnato un importante passo avanti, prevedendo l’autogoverno per i palestinesi della Cisgiordania e della Striscia di Gaza entro cinque anni. Nel 1995, Yasser Arafat ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace insieme a Shimon Peres e Yitzhak Rabin.
Nel 1994 le prerogative dell’entità provvisoria prevista dagli accordi di Oslo sono state trasferite all’Autorità Nazionale Palestinese. Arafat è stato eletto presidente dell’Autorità provvisoria nel 1996 con una larga maggioranza. Anche se i voti sono stati confermati da osservatori internazionali, ci sono state alcune critiche sulla democraticità del processo elettorale. Arafat è diventato noto come “rais”, che in arabo significa presidente o capo, ma per Israele è stato considerato semplicemente come portavoce.
Nel 1996, attacchi suicidi condotti da estremisti palestinesi hanno complicato ulteriormente le relazioni tra l’Autorità palestinese di Arafat e Israele. Il successivo primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha bloccato la transizione verso la formazione dello Stato palestinese prevista dagli accordi di Oslo.

La Carta Nazionale e organizzazione dell’OLP

La Carta Nazionale Palestinese, emendata nel 1968, contiene clausole che richiedono la distruzione dello Stato d’Israele. Tuttavia, in seguito agli Accordi di Oslo del 1993, Yasser Arafat concordò che queste clausole dovessero essere rimosse. Il 26 aprile 1996, il Consiglio Nazionale Palestinese votò per renderle nulle o emendarle e invitò alla redazione di un nuovo testo. Nonostante ciò, un nuovo testo della Carta non è mai stato redatto, causando controversie e critiche sulla sincerità dell’impegno palestinese a eliminare tali clausole.
La Carta dell’OLP del 1968 approva l’uso della violenza, in particolare della “lotta armata” contro l'”imperialismo sionista”. L’OLP ha un teorico apparato legislativo, il Consiglio Nazionale Palestinese, ma attualmente tutte le decisioni sono prese e controllate dal Comitato Esecutivo dell’OLP. L’OLP rappresenta diversi movimenti laici impegnati nella lotta per l’indipendenza palestinese e la liberazione dei territori.

L’OLP è riconosciuta come legittima rappresentante del popolo palestinese e ha lo status di osservatore permanente all’Assemblea generale dell’ONU. Anche se non ha un meccanismo di controllo diretto sulle fazioni, queste devono seguire lo Statuto dell’OLP e le decisioni del Comitato Esecutivo.

I principali partiti rappresentati nell’OLP sono Fatah, di orientamento socialista-nazionalista, e il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP), di orientamento radicale e comunista.

Fonti e approfondimenti

Avi Shlaim, The Oslo Accord, Taylor & Francis, Ltd., 1994.

Carmen Lopez Alonso, Historia y presente en Israel y Palestina. Separación, oposición y entrecruzamiento de dos historias paralelas. Nuevos y viejos enfoques, Asociacion de Historia Contemporanea, 2009.

Enrico La Forgia, Il conflitto israelo-palestinese: la Nahda araba e l’identità nazionale palestinese, Lo Spiegone, 1 aprile 2024.

Helena Cobban, The Palestinian Liberation Organisation, Cambridge University Press, 1984.

Ilan Pappé, Storia della Palestina moderna: una terra, due popoli, Einaudi, 2014.

Laura Guazzone, Storia contemporanea del mondo arabo: I Paesi arabi dall’impero ottomano ad oggi, (v. Palestina), Mondadori, 2015.

Madiha Rashid al Madfai, Jordan, the United States and the Middle East Peace Process, 1974-1991, Cambridge University Press, 1993.

Sara Isabella Leykin, Oslo trent’anni dopo: dalle speranze di pace ad un presente di tensioni, Centro Studi Internazionali, 2 ottobre 2023.

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