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Elezioni europee: verso le liste transnazionali?

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Il 2019 sarà un anno topico per l’Unione Europea. Il 29 marzo, il Regno Unito abbandonerà ufficialmente l’UE; due mesi dopo, il 23 o il 26 maggio, si terranno le elezioni per il Parlamento Europeo. Tra le questioni che le istituzioni europee dovranno affrontare, con l’abbandono dei 73 parlamentari inglesi, c’è proprio la distribuzione dei seggi tra gli Stati rimanenti.

Lo scorso 23 gennaio, la Commissione Affari Costituzionali (AFCO) del Parlamento Europeo ha approvato una proposta che potrebbe cambiare molte cose per noi elettori: con 20 voti a favore, 4 contrari e un astenuto, infatti, si è stabilito di redistribuire solo 27 dei seggi inglesi , e di lasciarne 46 ‘in sospeso’. Quale sarà il destino di questi seggi?

Un’opzione è riservarli ai Paesi che in futuro entreranno nell’Unione, in modo da rendere più agevoli gli adattamenti istituzionali; l’altra, più interessante, è quella di costituire una circoscrizione pan-europea. In altre parole, gli elettori dell’Unione si troverebbero di fronte a due schede elettorali: una nazionale o regionale, con partiti e candidati della propria nazionalità; la seconda pan-europea, con candidati transnazionali proposti da partiti europei (sia quelli già esistenti nel Parlamento, sia nuove formazioni).

Il testo è stato ora trasmesso al Parlamento, che lo discuterà il 7 febbraio; se sarà approvato, dovrà essere sottoposto al Consiglio Europeo. I tempi stringono, in quanto, per essere applicabile alle prossime elezioni, la ripartizione dei seggi deve essere stabilita entro un anno dalla consultazione, ossia entro il maggio prossimo. Si tratta veramente di una proposta rivoluzionaria? Esaminiamo insieme i dettagli.

Una lunga riforma

La questione si inserisce in realtà in un dibattito più ampio sulla riforma della composizione del Parlamento europeo, che si trascina da diversi anni con alterne vicende. Le norme generali per l’elezione del Parlamento sono contenute nella Legge elettorale del 1976, emanata in occasione della prima elezione diretta dell’organo, avvenuta nel 1979. Tuttavia, la distribuzione dei seggi tra gli Stati membri non è regolata da una formula permanente, bensì è stabilita con una decisione del Consiglio prima di ogni tornata elettorale. Questa dovrebbe avvenire secondo i criteri di sostenibilità, obiettività, trasparenza, equilibrio e proporzionalità degressiva. Il significato di quest’ultima formula non è mai stato definito con precisione; sostanzialmente, significa che:

Lo svantaggio principale di un’assegnazione dei seggi ad hoc è che questa non è governata solo da formule matematiche, ma soprattutto da compromessi politici. Di conseguenza, con l’ingresso di nuovi membri, la distribuzione è diventata sempre più iniqua a favore degli Stati più piccoli, che risultano sovrarappresentati rispetto a quelli più grandi. Per risolvere il problema, bisognerebbe effettuare una redistribuzione dei seggi: tuttavia, quale Stato accetterebbe di perdere una parte dei propri rappresentanti a favore di un altro?

Per questa ragione, il Consiglio ha sempre evitato di stabilire una formula permanente: una prima proposta del Parlamento Europeo nel 2011 non ebbe seguito, mentre una seconda, presentata nel 2013, fu ripresa dal Consiglio Europeo solo nel 2015. In questa occasione, il Parlamento fu invitato a formulare una proposta entro il 31 dicembre 2016; tuttavia, a causa della Brexit, la scadenza non fu rispettata. L’organo ha però continuato a lavorare sul problema, fino ad arrivare al testo approvato in commissione AFCO pochi giorni fa.

La proposta: entriamo nel merito

Come accennato in precedenza, la nuova proposta prevede di redistribuire solo una parte dei 73 seggi agli Stati membri: in questo modo, si dovrebbero ridurre alcuni degli squilibri prodotti dalla ripartizione vigente (anche se, in realtà, uno studio della London School of Economics rivela che le disuguaglianze crescerebbero, invece che diminuire). Tale assegnazione è temporanea in quanto, a detta dei relatori della proposta, la Brexit non garantisce al momento le condizioni politiche e la certezza del diritto necessarie a stabilire un criterio permanente. La questione principale, insomma, è rimandata alle prossime elezioni. Per quanto riguarda le liste transnazionali, a onor del vero, sono solo un’ipotesi: mancando una base legale, la loro applicazione richiederebbe probabilmente una modifica dei trattati, anche perché la Germania, avendo già raggiunto il numero massimo di rappresentanti in Parlamento (96 seggi), non potrebbe presentare candidati per la circoscrizione. Molti si dichiarano scettici sulla possibilità che il Consiglio accetti mai una proposta simile; tuttavia, potrebbero esserci delle sorprese.

Le liste transnazionali sarebbero una delle soluzioni a un vecchio problema: la mancanza di legittimità delle istituzioni europee e la scarsa partecipazione alle elezioni del Parlamento Europeo. I dati per le ultime elezioni europee sono allarmanti: solo il 43 per cento dei cittadini dell’Unione si sono recati alle urne nel 2014, un dato in continuo calo dal 1979. Idealmente, la circoscrizione europea dovrebbe servire a creare un senso d’identità comune e a dare maggiore visibilità ai partiti europei. Altri accorgimenti andrebbero nella stessa direzione: rendere più visibili i simboli dei partiti europei sulla scheda elettorale, incoraggiare la formazione di nuovi partiti europei e di apparentamenti transnazionali, e ripetere l’esperienza dello spitzenkandidat (il candidato designato per la presidenza della Commissione), magari proprio come capolista delle nuove liste pan-europee. Si ipotizza, inoltre, un sistema elettorale unico, o quantomeno delle misure volte ad armonizzare maggiormente le procedure dei singoli Paesi, al momento regolate solo da criteri generali, come l’obbligo del proporzionale.

Una riforma possibile?

Jean-Claude Juncker, nel discorso sullo Stato dell’Unione lo scorso febbraio, si era già espresso a favore dello spitzenkandidat, ma il nuovo arrivato, il presidente francese Macron, è andato oltre: proprio lui ha ridato vigore e legittimità alla proposta delle liste pan-europee, ipotizzando la creazione di una circoscrizione transnazionale con 25 seggi (sulla linea di una precedente proposta del Parlamento Europeo), e di un’autorità elettorale europea. Dopo aver incassato l’appoggio di Spagna e Italia, Macron ha avviato delle consultazioni sul tema con i partiti nazionali e si è impegnato a presentare proposte in tal senso sia al Consiglio che al Parlamento Europeo.

Al di là dei discorsi e delle proclamazioni, non mancano le critiche. Diversi parlamentari, infatti, sostengono che una lista pan-europea, lungi dall’avvicinare il Parlamento ai suoi cittadini, otterrebbe l’effetto opposto: se l’elettore è già poco interessato a partecipare ora, perché dovrebbe votare dei candidati che non conosce, per di più stranieri? Indubbiamente le sole liste pan-europee non sarebbero sufficienti a dare maggior visibilità alle elezioni: sarebbe quantomeno necessaria una presenza mediatica e territoriale sistematica dei candidati. Risulta difficile, tuttavia, immaginare una campagna elettorale capillare che copra 27 Stati membri. Bisogna poi vedere in che misura gli Stati e i partiti nazionali sarebbero disposti a cedere spazio su questo tema: a oggi, come sappiamo, la campagna per le elezioni europee è dominata da voci, programmi e rivendicazioni nazionali, con l’Europa relegata sullo sfondo. Concedere una voce ai partiti europei significherebbe perdere un’occasione importante d’interagire con i cittadini e di guadagnare terreno in vista della prossima chiamata alle urne.

Infine, non bisogna dimenticare che le liste pan-europee, al momento, non hanno alcuna base legale nei trattati, e quindi non potrebbero essere immediatamente messe in pratica, anche se le opinioni in tal senso sono discordanti. Forse, però, la questione più importante è un’altra: manca un dibattito pubblico di ampio respiro sul tema. Quanti cittadini sono a conoscenza di questa nuova proposta? È certamente vero che un’identità europea non si costruisce da un giorno all’altro e che sono piccoli passi avanti come questo che fanno la differenza nel lungo periodo. Tuttavia, il silenzio e l’apatia che stanno accompagnando questo nuovo dibattito sono forse indicativi dell’impatto che le nuove liste avrebbero sull’astensionismo alle prossime elezioni europee.

 


Fonti e Approfondimenti:

AFCO, raccolta degli studi e delle proposte sulla futura composizione del Parlamento Europeo

AFCO, Studio sulla riforma del Parlamento Europeo (2015)

M. De la Baume, “MEPs to vote on shrinking Parliament post Brexit“, 23/01/2018

M. De la Baume, “MEPs vote to shrink European Parliament after Brexit“, Politico, 23/01/2018

Discorso di Emmanuel Macron su “Un’iniziativa per l’Europa“, 26/09/2017

Peter Teffer, “MEPs to keep 27 UK seats after Brexit“, EU Observer, 23/01/2018

France Info e Anne-Laure Dagnet, “Emmanuel Macron veut des listes transnationales pour les élections européennes de 2019“, France Info, 21/11/2017

R. Kalcik, G. Wolff, “Is Brexit an opportunity to reform the European Parliament“, Bruegel, Policy contribution 2/2017

R. Kalcik, N. Moës, G. Wolff, “Does the European Parliament miss an opportunity to reform after Brexit?“, Bruegel, 10/01/2018

Osservatorio legislativo del Parlamento Europeo, il testo della proposta in discussione

Reuters, “Paris, Madrid, Rome pour des listes transnationales aux européennes“, 17/11/2017

Risoluzione del Parlamento europeo dell’11 novembre 2015 sulla riforma della legge elettorale dell’Unione europea (2015/2035(INL))

Martin Banks, “MEPs propose reducing number of seats in EU Parliament“, The Parliament Magazine, 25/01/2018

WelcomeEurope, “Towards transnational lists for the 2019 european elections?“, 22/11/2017

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