Lo Spiegone

Tra Brexit e socialismo mainstream: Jeremy Corbyn punta al governo

@Sophie Brown - Wikimedia Commons - License CC BY-SA 4.0

Le ultime settimane sono state un periodo teso per la politica britannica. I due partiti principali, Labour e Tories, hanno da poco concluso le rispettive conferenze: il 23-28 settembre a Liverpool per i laburisti, e il 30 settembre-3 ottobre per i conservatori. Per il Labour di Jeremy Corbyn, l’evento è stato un’occasione per discutere alcune questioni interne che ultimamente hanno agitato il partito, tra cui la riforma del sistema di candidatura dei parlamentari e la selezione del capo del partito.

La partita si gioca principalmente tra Momentum (il gruppo formatosi nel 2015 a sostegno di Corbyn) ed i sindacati (le trade unions): Momentum ha abbracciato la causa della democratizzazione del partito, richiedendo meccanismi di selezione più trasparenti e competitivi, ma si è scontrato con le unions, che vogliono tutelare l’influenza delle sezioni locali sulle candidature.

Il Labour party e la Brexit: una posizione ambigua

L’argomento dominante, tuttavia, è stato chiaramente la Brexit, oggetto di 151 delle 272 mozioni presentate dai delegati all’assemblea. Mentre il Primo Ministro Theresa May fatica a trovare consenso all’interno della propria maggioranza, il partito di Corbyn cerca opportunità per guadagnare terreno in vista di eventuali elezioni anticipate. Lo stesso Labour, tuttavia, non ha ancora espresso una posizione univoca: mentre una parte dei membri è dichiaratamente pro-remain, diversi parlamentari eletti in circoscrizioni che hanno votato Leave temono di perdere consensi, qualora il partito mettesse ufficialmente in discussione l’uscita dall’UE.

La dirigenza ha finora evitato di prendere posizioni troppo nette, sia per non perdere l’appoggio degli elettori, sia perché Corbyn – euroscettico della prima ora – ritiene che la Brexit porterebbe dei benefici ai lavoratori locali, limitando l’ingresso degli immigrati dal resto dell’Unione. La questione, tuttavia, non può più essere rimandata: Londra e Bruxelles hanno meno di sei mesi per trovare un accordo, e la prospettiva di una hard Brexit non è più così remota. I costi economici e sociali del Leave, inoltre, sembrano aver indotto una parte degli elettori a cambiare idea sulla Brexit. Diverse voci all’interno del Labour chiedono al partito di supportare un secondo referendum: un’opzione fattibile ma controversa, soprattutto in un Paese dove i referendum sono l’eccezione, piuttosto che la regola. Una nuova consultazione, inoltre, renderebbe probabilmente necessario posticipare la stessa Brexit a data da destinarsi.

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La percezione della Brexit sta cambiando: sempre più cittadini pensano che uscire dall’UE sia stata una scelta sbagliata. Fonte grafico: Wikipedia

La mozione finale in merito, sostenuta da Corbyn e da John McDonnell (Cancelliere dello Scacchiere Ombra), impegna il partito a richiedere un nuovo voto popolare (people’s vote), qualora Westminster bocciasse il piano di Theresa May (il cosiddetto Chequers Plan) e questa si rifiutasse di convocare elezioni anticipate. Il contenuto di tale consultazione non è stato definito: per Corbyn ed i suoi, si tratterebbe di un voto sull’accordo negoziato con Bruxelles, con il no deal come alternativa; i remainers vorrebbero rimettere ai voti la stessa Brexit. Si tratterà sicuramente di un punto da ridiscutere, qualora il governo May resistesse agli assalti del Labour e dei dissidenti Tories.

I “sei test” di Corbyn sull’accordo con Bruxelles

Il discorso finale di Corbyn è giunto al culmine di una conferenza durante la quale il partito – malgrado alcuni malumori – è riuscito a ricomporre i dissidi interni, almeno per il momento. Nel corso dell’intervento, durato oltre un’ora, il leader dell’opposizione ha dichiarato che, di fronte al fallimento dello status quo, “il Labour rappresenta la nuova maggioranza”, e ha rivendicato con forza la natura socialista del suo programma, ormai diventato “il nuovo mainstream”.

Di particolare importanza per il futuro è la sua apertura a Theresa May, attualmente alla disperata ricerca di appoggio per il suo Chequers Plan. La proposta vincolerebbe il Regno Unito ad armonizzare la normativa interna alle regole UE per lo scambio di beni (inclusi i prodotti agricoli), ma non per i servizi; questa soluzione sarebbe studiata per evitare un hard border (ossia la chiusura delle frontiere) in territorio irlandese. In aggiunta a ciò, il Regno Unito applicherebbe le politiche commerciali e le tariffe comunitarie per gli scambi con l’Unione, ma sarebbe al contempo libero di sviluppare una propria politica commerciale e di stringere accordi con Paesi terzi. Addio alla libera circolazione delle persone, anche se vi sarebbero “quadri di mobilità” per motivi di studio o lavoro.

Il piano è stato duramente criticato sia all’interno del partito conservatore, che a Bruxelles. Per i leavers, l’autonomia nazionale è ancora troppo limitata; per l’UE, il Regno Unito sta cercando di godere dei benefici del mercato unico evitandone gli oneri e le responsabilità. Fino a pochi giorni fa, i laburisti avevano negato qualsiasi appoggio al governo. Alla conferenza, invece, Corbyn si è impegnato ad votare a favore se l’accordo finale supererà i “sei test”:

La mossa, che da un lato potrebbe essere la salvezza per Theresa May, non è stata ben accolta ovunque. A Bruxelles, il discorso ha destato non poche preoccupazioni: secondo fonti interne, l’impressione è che il leader laburista sia guidato esclusivamente da questioni di opportunità politica, e non sia realmente interessato al buon esito delle trattative.

Qualora il Chequers Plan fallisse, May sarebbe probabilmente costretta ad abbandonare la leadership del partito, aprendo forse la strada a nuove elezioni. I Labour sarebbero i primi a beneficiare di quest’opportunità, approfittando della spaccatura all’interno dei conservatori tra i falchi leavers – capeggiati dall’ex Ministro degli Esteri Boris Johnson – ed i moderati, al momento rappresentati dall’esecutivo, ma a loro volta divisi tra soft Brexit e ritorno nell’Unione.

Un cambio di esecutivo, tuttavia, danneggerebbe seriamente la posizione negoziale di Londra, portando forse a uno stallo nelle trattative, proprio quando il tempo per giungere a un accordo sta per scadere; per non parlare delle ripercussioni sull’economia.

Un mese decisivo per la Brexit

Un’eventuale vittoria di Corbyn, dunque, sarebbe probabilmente di breve durata; ben presto, il partito si ritroverebbe costretto ad affrontare il dilemma che per troppo tempo ha eluso: una soft Brexit o un nuovo referendum? La stessa May ha peraltro escluso la possibilità di elezioni anticipate: la posizione ufficiale è che “nessun accordo è meglio di un accordo svantaggioso” (“no deal is better than a bad deal”). In altre parole, se il Parlamento boccerà il suo piano, l’unica opzione rimasta sarà la hard Brexit, senza nuove elezioni o referendum.

La sua capacità di mantenere questo impegno dipenderà però dall’esito del voto finale, programmato a inizio novembre. Prima di allora, due date importanti: a metà settimana, l’UE rilascerà una dichiarazione politica sulle trattative in corso, che dovrebbe contenere nuove proposte (soprattutto sul confine irlandese); il 17 ottobre, il Consiglio Europeo a 27 si riunirà per esaminare lo stato dei negoziati. Si preannuncia un mese decisivo per il futuro del Regno Unito all’interno dell’Unione.

 


The Guardian, “Corbyn talks with EU Brexit officials park fresh no-deal fears”, 27/09/2018

BBC, “Labour conference: Deselecting MPs made easier”, 24/09/2018

BBC, “Labour Party Conference

Labour Party, “Annual Conference

The Guardian, “Five key themes in Jeremy Corbyn’s Labour conference speech”, 26/09/2018

The Guardian, “Jeremy Corbyn calls for election if MPs vote down May’s Brexit deal”, 26/09/2018

Discorso di Jeremy Corbyn a conclusione della Labour Conference 2018

The Guardian, “Five things we learned from the Labour conference”, 26/09/2018

Reuters, “UK opposition leader will back second Brexit vote if party wants it”, 23/09/2018

BBC, “Labour conference: Starmer says EU remain option on the table”, 24/09/2018

The Independent, “Brexit: 150 motions submitted for Labour conference with dozens supporting fresh public vote”, 16/09/2018

The Independent, “Labour conference passes motion saying party ‘must’ leave door open for new Brexit referendum”, 25/09/2018

BBC, “At-a-glance: The new Brexit plan agreed at Chequers”, 07/07/2018

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