Antony Blinken si è recato nelle Filippine per incontrare il presidente, Ferdinand Marcos jr., e altri esponenti del governo. La visita del segretario di Stato degli USA arriva a una settimana di distanza dalle dichiarazioni con cui Gina Raimondo, segretario al Commercio, aveva annunciato un massiccio piano di investimenti delle aziende statunitensi.
Manila si conferma così al centro delle attenzioni dell’amministrazione Biden, che guarda con crescente interesse all’alleato per ragioni sia economiche che di sicurezza.
I rapporti tra Filippine e Stati Uniti
Manila è un alleato chiave degli Stati Uniti. La sua posizione geografica è di rilevanza strategica, in particolare perché qui si concentrano, dalla prospettiva di Washington, le più cupe ambizioni di potenza di Pechino.
Se nella presidenza di Duterte si era segnato un parziale allontanamento tra le politiche estere dei due Paesi, il suo successore ha mostrato di voler accorciare le distanze. I rapporti sono vincolati da un Trattato di mutua difesa, del 1951, in base al quale USA e Filippine devono difendersi a vicenda in caso di attacco. Marcos vuole ampliare la portata del rapporto, aprendo le basi filippine ai militari statunitensi e muovendosi sulla scia dell’alleato per quanto riguarda le esercitazioni militari.
Il contesto della visita
Blinken atterra nelle Filippine in un momento di crescente tensione con la Repubblica popolare cinese. Il 5 marzo, il governo filippino ha accusato la guardia costiera cinese di avere provocato una collisione con le navi di Manila nel Mar cinese meridionale, mentre queste erano impegnate in una missione di rifornimento.
Le navi stavano raggiungendo le truppe della BRP Sierra Madre, un’imbarcazione statunitense che Manila utilizza come strumento geopolitico, per avanzare le proprie pretese di sovranità in loco. Solo negli ultimi mesi, intorno alla nave si sono verificati diversi scontri che hanno destato la preoccupazione della comunità internazionale.
Dal Mare transita una parte molto importante del commercio internazionale, equivalente a trilioni di dollari statunitensi. Negli ultimi anni, Pechino ha avanzato con sempre maggiore assertività le proprie rivendicazioni su un’ampia parte dell’area. Rivendicazioni tuttavia non riconosciute dal diritto internazionale. La Corte permanente di arbitrato nel 2016 ha delegittimato la posizione della RPC, giudicandola priva di basi legali.
Manila come Taipei?
Per Washington, l’importanza strategica delle Filippine ha a che vedere anche con un altro fattore: l’industria dei semiconduttori. Le isole sono uno dei sette partner che gli USA hanno identificato per diversificare la propria catena di approvvigionamento. Un obiettivo in cima alle priorità per l’amministrazione Biden.
Il CHIPS Act ha previsto l’utilizzo di 52,7 miliardi di dollari statunitensi, sotto forma di incentivi fiscali, per attrarre i produttori di chip lontano da Pechino. Insieme ai divieti emessi dal dipartimento del Commercio per le esportazioni verso la RPC, le agevolazioni rappresentano la spina dorsale della strategia statunitense per limitare il potenziale tecnologico dell’avversario.
L’industria filippina dei semiconduttori porta un contributo fondamentale al PIL nazionale, impiegando più di 2,5 milioni di dipendenti. Ad oggi, il 60% degli investimenti in questo settore proviene dagli USA. Un flusso di denaro che, con l’espressione adottata da Blinken per definire il rapporto con le Filippine, nel prossimo futuro rimarrà certamente “blindato”.
Fonti e approfondimenti
Hitkari, C., “How China sees its conflict with the Philippines”, Lowy Institute, 20/09/2023
Jeong, H. G., & Robertson, R. (2023). Beyond the Battle for Supremacy: Reshaping the Global Semiconductor Supply Chain.
Ratcliffe, R., “Why the rusting wreck of a second world war ship is so important to China”, The Guardian, 30/10/2023
Rivas, R., “Philippines finds its place in US-China chip wars”, Rappler, 12/03/2024
Scaldaferri, L., “La questione dei semiconduttori vista da Taiwan: intervista a Lorenzo Lamperti”, Lo Spiegone, 13/02/2023