I latinoamericani sono, specialmente negli Stati della Sun Belt, un bacino elettorale che fa molta gola ai candidati alla Casa Bianca. Ma anche nella Rust Belt, specialmente in Pennsylvania, dove i latinoamericani sono il gruppo demografico in più rapida crescita. Un blocco significativo nelle piccole e medie città.
In questa fascia dell’elettorato, il consenso verso Trump appare in crescita, procurando un certo allarmismo fra i democratici. Secondo il Pew Research Center, in questo gruppo circa 36,2 milioni di persone avranno diritto al voto, in aumento rispetto ai 32,3 milioni del 2020. Si prevede che rappresenteranno circa il 15% dell’elettorato, un nuovo apice. Il loro voto sarà quindi fondamentale.
I Latinoamericani per Trump
Quattro anni fa il video di “Latinos por Trump” spopolò sul web, venendo ripreso da molti canali mediatici. Questo, oltre a una certa ilarità per il montaggio, segnalava anche la nascita di un gruppo di supporto verso l’allora presidente. Il gruppo “Latinos for Trump” ha quindi iniziato a muoversi dalla Florida nel raccogliere consenso e fondi per la campagna elettorale di Trump. In questa tornata elettorale il gruppo ha operato una sorta di rebranding cambiando nome. “Latinos for Trump” non esiste più. Ora si chiama “Latino Americans for Trump“, per enfatizzare, accanto a quella latina, l’identità statunitense.
Il rebranding rispecchia una tendenza sempre più forte. Donald Trump oggi ha i migliori sondaggi fra gli elettori ispanici di tutta la sua parabola politica, così come fra gli afroamericani. Le ultime rivelazioni dicono infatti che Trump sta andando insolitamente bene per un repubblicano tra i neri e i latinos. Anche se nel complesso Kamala Harris è in vantaggio, 78% contro 15%, tra i primi, ed è in testa, 56-37, tra i secondi. Questi numeri ci offrono molti spunti sui punti di forza di Trump e sulle debolezze di Kamala Harris, ma avere risposte chiare, semplici e definitive è di per sé complicato, se non impossibile. È pericoloso e rischioso tuttavia per quest’ultima avere numeri così bassi fra queste fasce elettorali.
Cosa dicono le rilevazioni
Harris in questo momento ha i numeri peggiori e più bassi fra i latinoamericani rispetto agli ultimi tre candidati democratici alla Casa Bianca. E questioni come l’economia, l’immigrazione e la sicurezza appaiano come un fronte vulnerabile per lei. Nemmeno i continui attacchi contro gli immigrati con le stesse origini sembrano danneggiare più di tanto il suo rivale. Sia fra coloro i quali sono nati in terra statunitense, sia fra quelli nati in un altro Paese. Due terzi degli intervistati hanno infatti affermato di credere che Trump non si riferisca a persone come loro quando parla di immigrati.
E anzi, segnali di sostegno alle politiche di immigrazione più aggressive dell’ex presidente ci sono. Più di un terzo degli elettori ispanici afferma di sostenere sia la costruzione del muro lungo il confine tra Stati Uniti e Messico sia la deportazione degli immigrati che vivono illegalmente negli Stati Uniti. La stragrande maggioranza di tale sostegno proviene dagli elettori di Trump, ma lo stesso vale anche per il 9% degli elettori di Harris.
Trump ha eroso in questi 8 anni i numeri che i democratici avevano negli ultimi due decenni fra questa fascia. Ricordiamo che l’ultimo democratico a scendere sotto il 60% tra gli elettori latinoamericani è stato John Kerry, sconfitto da Bush Jr. nel 2004. Mentre più di un decennio fa, il 71% degli elettori latinoamericani ha sostenuto la rielezione di Barack Obama. Nel 2016 Hillary Clinton ha ottenuto il 66%, mentre Biden nel 2020 ha ottenuto uno stabile 65%. In queste ultime due corse elettorali, Trump è passato dal 29% del 2016 al 32% del 2020. Ora, come scritto sopra, è dato al 37%.
I latinoamericani per Trump: lo scenario regionale
In Florida il voto ispanico si è da circa un decennio spostato fortemente verso destra. Il che, con la base repubblicana presente tra le altre fasce elettorali, rende per la prima volta lo Stato nemmeno in dubbio fra i sondaggisti. Una rilevazione di Telemundo mostra che Trump ha un ampio vantaggio su Harris tra i latinoamericani in Florida.
Per fare un esempio tangibile, nella contea di Miami-Dade, a maggioranza latina, Trump nel 2016 perse di 30 punti, mentre nel 2020 lo scarto si è ridotto a soli 7. Testimonianza di grande aumento di consenso. Questo risultato ha garantito a Trump la Florida e quest’anno il film sembra essere lo stesso. Da swing states la Florida è passata a Stato repubblicano.
Ma dato per assodato lo spostamento a destra della Florida, gli Stati in cui i latinos potrebbero essere decisivi in questa elezione sono l’Arizona, il Nevada e la Pennsylvania. Dove il vantaggio dei candidati è dentro al margine d’errore dei sondaggi del 3/3.5%. Dove se i primi due già a livello intuitivo hanno un grande presenza di latinos per via della geografia, anche il terzo vanta a sua volta una certa presenza di questa rappresentanza elettorale.
I latinoamericani per Trump in Nevada
Tra i due Stati della Sun Belt, il Nevada è molto più competitivo rispetto alle ultime elezioni. Un repubblicano lì non si impone dal 2004, quando fu Kerry lo sconfitto. Mentre i Dem fino a Biden, impostosi di due punti nel 2020, hanno accumulato vittorie negli ultimi due decenni. Ma un segnale d’allarme c’è stato durante le elezioni di midterm del 2022, con il democratico Steve Sisolak che è diventato l’unico governatore in carica del Paese a perdere.
Anche il Culinary Workers Union Local 226, il potente sindacato che rappresenta migliaia di lavoratori dei casinò e del settore alberghiero di Las Vegas, avverte che il Nevada potrebbe diventare repubblicano per la prima volta dai tempi di George W. Bush. Il Nevada è uno di quegli Stati in cui la pandemia ha avuto un impatto peggiore della media, in quanto la sua economia si basa principalmente sul settore dei servizi, il turismo e il gioco d’azzardo, tutti ambiti che hanno avuto una brusca frenata nel periodo. La ripresa è stata parziale, con i prezzi degli alloggi molto aumentati e l’inflazione che si fa sentire sui salari dei lavoratori.
E proprio qui a Las Vegas Trump ha svelato il suo piano per eliminare le tasse sulle mance, visto come un invito diretto soprattutto ai lavoratori latinoamericani che costituiscono la spina dorsale del settore dei casinò e del turismo dello Stato. Ma gli sforzi della campagna Trump per raggiungere più latinos possibile nello Stato non sono finiti. In Nevada i repubblicani stanno organizzando sessioni di phone banking in spagnolo e corsi di formazione per i locali. Sull’altro fronte, Harris sta spendendo 3 milioni di dollari in radio in lingua spagnola questo mese, affermando che si tratta del più grande investimento nei media ispanici di sempre.
I latinoamericani per Trump in Arizona
L’Arizona è invece uno Stato dalla storia più repubblicana. Tanto che quattro anni fa la vittoria di Biden, con un margine risicato, è stata vista insieme alla Georgia come uno dei risultati più importanti per i democratici. L’ultimo prima di Biden a vincere fra i Dem fu infatti Bill Clinton nel 1996. Prima di lui bisogna tornare indietro addirittura al 1948 e a Harry Truman. Ma a oggi, secondo i sondaggi, Trump è avanti seppur di poco.
L’Arizona ha la quarta popolazione ispanica più grande del Paese, un terzo della popolazione dello Stato. Harris in questo momento sta ricevendo meno sostegno da questo blocco rispetto a quello ricevuto da Biden. La sicurezza dei confini e l’immigrazione illegale sono questioni molto dibattute nel Paese, ma l’Arizona è l’unico Stato chiave in cui sono davvero al centro dell’attenzione. Temi cari a Trump.
Ma in Arizona la questione è ancora più complessa. Oltre ai candidati alla presidenza, gli elettori dello Stato troveranno altre iniziative elettorali legate ai confini statali. Le più importanti sono due. Una sancirebbe il diritto all’aborto nella costituzione dello Stato. L’altra se passasse darebbe alle forze dell’ordine poteri più ampi per arrestare gli immigrati che entrano illegalmente nel Paese. La prima mobiliterebbe i pro-choice e l’elettorato femminile, tendenti verso i dem, la seconda, sostenuta secondo i sondaggi dal 60% dei cittadini dello Stato, tende verso i repubblicani.
I latinoamericani per Trump in Pennsylvania
Per molti l’immagine della Pennsylvania e della Rust Belt in generale è ancora quella di un luogo in calo demografico popolato per la maggioranza da bianchi. E in parte è così, ma non ovunque. Molte città e cittadine infatti vedono una forte crescita demografica di cittadini con origine latinoamericana.
Dagli anni Novanta questi nuovi arrivati hanno contribuito effettivamente, in città operaie come Reading, Allentown e Bethlehem, a ripristinare la crescita della popolazione, stabilizzare i mercati immobiliari e fornire manodopera a nuovi settori come la logistica e i trasporti. Allentown è ora composta al 54% da latinos, una percentuale più alta di quella di Los Angeles. Lancaster e York, che sono rispettivamente al 40% e al 38% latine, hanno percentuali significativamente maggiori rispetto a Chicago e New York. E Reading, con il 69% di latini, si avvicina al 70% di Miami.
Naturalmente, il numero complessivo di elettori latinoamericani in quelle grandi città è molto più grande rispetto a queste ultime citate. Se nel 2020 Biden si è assicurato la Pennsylvania con un distacco di 80.000 voti, anche oggi piccoli spostamenti nei margini tra gruppi chiave, come gli elettori latini in Pennsylvania, possono determinare chi diventerà presidente. Se i cubanoamericani e i venezuelani in Florida tendono a essere orientati verso i repubblicani, in Pennsylvania portoricani e dominicani tendono più verso i democratici.
I latinoamericani: perché Trump
Molti presumono che i dem conquistino questo elettorato semplicemente promuovendo l’uguaglianza razziale, ma tralasciare gli interessi personali, economici in primis, sarebbe un grave errore. Solo una piccola parte degli elettori ispanici afferma che le attuali condizioni economiche siano buone. E anzi, così come fra gli afroamericani, molti affermano di aver dovuto ridurre la spesa alimentare nell’ultimo anno a causa dei costi. Nel complesso l’economia rimane questione più citata e dirimente per il voto. E Trump appare in testa tra gli elettori ispanici che affermano che l’economia è la cosa più importante.
Va poi sottolineato come l’astensionismo di questa fascia elettorale sia storicamente ben radicato, seppur ultimamente in diminuzione. Nel 2020 i latinos che hanno votato sono stati 16,6 milioni, in crescita del 30,9% rispetto alle elezioni del 2016. Con il numero di aventi diritto, oggi significherebbe che in questa classe di voto l’astensionismo supererebbe ampiamente il 50%. Per entrambi i partiti mobilitare il numero più alto possibile di elettori ad andare a votare per la propria parte è fondamentale. Con la campagna elettorale agli sgoccioli, tale sforzo si amplificherà nei prossimi giorni.
Fonti e approfondimenti
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Carrasquillo, A., “The Latino Battleground You Haven’t Heard About“, Politico, 10/10/2024
Cohn, N., “Why Is Trump Gaining With Black and Hispanic Voters?“, The New York Times, 13/10/2024
Irwin, L., “Harris underperforms with Latino voters, Trump maintains grasp: Poll“, The Hill, 13/10/2024
Lizza, R., “‘Nobody in Politics Is Able to Say It’: The Truth About Latino Voters“, Politico, 09/07/2024
Medina, J., Igielnik, R., Ulloa, J., “Harris Struggles to Win Over Latinos, While Trump Holds His Grip, Poll Shows“, The New York Times, 13/10/2024
Ordonez, F., “In Nevada, Latinos could pick the next president. They aren’t sold on either candidate“, NPR, 01/10/2024
Remnick, D., “Why Are More Latino Voters Supporting Trump?“, The New Yorker, 16/08/2024
Sandoval-Strausz, A. K., “Latino voters are a growing force in Pennsylvania’s old industrial towns − and they could provide Harris or Trump with their margin of victory“, The Conversation, 03/10/2024
King, J., “Economic worries boost Trump’s Hispanic support in battleground Nevada“, CNN, 17/09/2024
Krauze, L., “Harris just made a serious mistake with Latino voters“, The Washington Post, 14/10/2024
Whiteley, P., “US election: why Latino and Hispanic voters are shifting to Trump after a long history of supporting the Democrats“, The Conversation, 20/05/2024