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Maduro vince le elezioni, le opposizioni non riconoscono i risultati

Maduro

@Eneas de Troya - Flickr - Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)

Con uno scarto di circa 4 milioni di voti sul secondo arrivato Henri Falcón, Nicolás Maduro è stato confermato Presidente della República Bolivariana de Venezuela per i prossimi sei anni. Il dato che però rimarrà come testimonianza più importante di queste elezioni è sicuramente quello sull’affluenza. Stando alle stime del CNE (Consejo Nacional Electoral), infatti, la partecipazione si sarebbe attestata intorno al 46,1%, mentre le opposizioni sostengono si sia fermata al di sotto del 30%: in ogni caso un crollo netto se guardiamo al 2013, anno in cui circa l’80% dei venezuelani si recò alle urne per eleggere il successore di Hugo Chavez.

Le elezioni di domenica 20 maggio sono state accompagnate da mesi di instabilità politica e sociale: il prezzo del petrolio è calato bruscamente, anche per le sanzioni economiche, e l’inflazione ha superato il 13mila%; a ciò va aggiunta la scelta presa da buona parte dell’opposizione di boicottare l’appuntamento. Nonostante le proteste internazionali affinché le elezioni non si tenessero, era stato proprio il principale avversario di Maduro, Henri Falcón, a sostenere che ci fossero le condizioni per garantire la trasparenza in quanto “siamo riusciti ad avere gli osservatori internazionali in tutto il processo, dall’inizio alla fine”. A schierarsi apertamente contro, dichiarando che non avrebbero riconosciuto i risultati delle urne, sono stati in primo luogo gli Stati Uniti che, come vi avevamo raccontato, hanno intrapreso anche una campagna di finanziamenti in favore delle opposizioni e delle migliaia di profughi fuorisciti dalla nazione negli ultimi mesi. Accanto a Washington, oltre a diversi paesi del continente, anche l’Europa e Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, per la quale “senza un ampio accordo sul calendario elettorale e sulle condizioni necessarie non si può pensare a un processo elettorale credibile e inclusivo”. Le elezioni venezuelane, infatti, si svolgono solitamente l’ultimo trimestre dell’anno; solo una decisione unilaterale aveva portato ad anticiparle alla data del 22 aprile (poi diventata il 20 maggio a seguito di accordi tra governo e opposizione). Gli unici a esprimersi a favore delle elezioni erano stati Bolivia, Cuba, Ecuador e Nicaragua, tutte e quattro governate da presidenti filo bolivariani, e la Russia, che ha visto nella crisi venezuelana un’opportunità per manifestarsi sul territorio sudamericano.

Nel tarjeton (così è chiamata la scheda elettorale in Venezuela) oltre al faccione del Presidente uscente comparivano anche quelle degli altri tre principali sfidanti: Henri Falcón, leader di Avanzada Progresista, Reinaldo Quijada, dell’Unidad Política Popular 89, Javier Bertucci, pastore influente della Chiesa cristiana Maranatha; anche Luis Alejandro Ratti, ex militante di Movimiento al Socialismo, aveva presentato la propria candidatura, salvo ritirarla a inizio maggio. La Mesa de Unidad Democratica, partito che racchiude le principali opposizioni, aveva già fatto sapere di non considerare legittime nè tantomeno legali le elezioni in questione; tuttavia, oltre ad appellarsi al popolo venzuelano affinché non andasse a votare e a promettere pressioni per “vere elezioni”, la MUD non ha presentato un piano chiaro per il giorno dopo le elezioni. Vero è che i candidati a sfidare l’attuale presidente dovevano essere molti di più, salvo essere interdetti dalla tornata elettorale. I principali leader dell’opposizione, infatti, hanno visto chiudersi in faccia la porta della candidabilità dal CNE, Consejo Nacional Electoral, con in testa la sua Presidente Tibisay Lucena Ramírez. Oltre a non poter partecipare alle elezioni, molti di essi sono passati per il carcere o si sono auto esiliati: Henrique Capriles Randoski, Leopoldo López, Ramón Muchacho, Antonio Ledezma, Freddy Guevara, Maria Corina Machado e David Smolansky.

Viste le premesse, la giornata di domenica non poteva che svolgersi in un clima teso. Già dalla mattina le notizie si rincorrevano frenetiche a proposito dell’affluenza e della regolarità delle procedure. Se dagli schermi di TeleSur, fedele al bolivarismo, Socorro Hernández parlava di “processo elettorale senza alcuna complicazione”, il quadro che emergeva da altre fonti raccontava una realtà diversa. Realtà secondo la quale i seggi elettorali, nonostante i numerosi appelli al voto, rimanevano per lo più deserti e ai responsabili dei partiti oppositori non era concesso assistere alle pratiche di voto. Fatto, quest’ultimo, denunciato anche da Henri Falcón.

A ciò va aggiunto anche il caso dei cosiddetti puntos rojos, banchetti del PSUV atti a registrare le presenze tramite il Carnet de la Patria,  documento inaugurato sotto Maduro necessario per acquistare qualsiasi bene di prima necessità. Stando agli accordi presi, questi sarebbero dovuti rimanere a una distanza minima di duecento metri dai seggi elettorali, mentre numerose testimonianze li vogliono più vicini o, come nel caso del Liceo Miguel Antonio Caro, addirittura dentro la struttura adibita al voto. A denunciare le irregolarità sono stati in primis i candidati  Javier Bertucci e Henri Falcón che, oltre al mancato rispetto della distanza, hanno denunciato i puntos rojos per aver spinto coercitavamente a votare Maduro. “Difficilmente si può riconoscere il risultato di una elezione nella quale non sono stati rispettati gli accordi di garanzia”, ha detto Bertucci, aggiungendo anche che non c’è libertà per esercitare il proprio diritto di voto. Dello stesso avviso Falcón, che ha parlato di offerte in denaro per esprimere preferenze al PSUV.

L’ultimo atto della protesta in merito alle violazioni si è avuto ancora con un tweet del leader di Avanzada Progresista nel quale si annunciava il rifiuto a riconoscere i risultati delle elezioni a causa delle gravi irregolarità riscontrate e dei patti di garanzia sugellati.  Dal canto suo Tibisay Lucena, presidente del CNE, ha invece assicurato che “tutte le denunce a proposito dei puntos rojos sono state prese in carica e verranno verificate il prima possibile”.

A far eco alle parole della presidente del CNE sono arrivate puntuali quelle di Nicòlas Maduro che, dal pulpito dove ha tenuto il discorso di vittoria, ha risposto a Falcòn accusandolo di essere “un candidato bugiardo” che “respinge i risultati prima che siano stati dati: non si era mai visto nella storia”. Il Presidente bolivariano si è soffermato, inoltre, sullo scarto percentuale tra i voti ottenuti da lui e dall’ex militare annunciando che “è la prima volta che un candidato vince con il 68% dei voti, a 47 punti dal secondo classificato”.

Nei prossimi giorni Maduro si recherà davanti all’Asamblea Nacional Constituyente per giurare sul suo incarico. Assemblea che, nel 2019, dovrebbe terminare la stesura di una nuova Costituzione ancor più socialista, che eliminerà il vincolo dei mandati permettendo una potenziale rielezione all’infinito e che elargirà ancor più poteri al presidente in carica. È inoltre probabile che, una volta arrivati a un docuemento definitivo, Maduro cercherà una nuova legittimazione dei poteri tramite nuove elezioni parlamentari, un processo che promosse anche Hugo Chávez per dare validità alla Costituzione promulgata nel 1999. Chávez, che non poteva contare sulla maggioranza in parlamento (così come Maduro, sconfitto nel 2015), convocò nuove elezioni e ottenne così una maggiornaza chavista anche in parlamento. Questa eventualità metterebbe l’opposizione di fronte a un grande dilemma: accettare il gioco (o il giogo) della democrazia venezuelana, o perdere anche l’ultimo bastione politico che gli rimane?

Il processo per una pacificazione sociale è ancora di là da venire e il popolo venezuelano ne rimane l’unica grande vittima.

FONTI E APPROFONDIMENTI:

Venezuela tra elezioni anticipate e nuove dottrine Monroe

Vertice OSA a Lima: tutti invitati, tranne il Venezuela

http://www.bbc.com/mundo/noticias-america-latina-43984863

http://www.bbc.com/mundo/noticias-america-latina-43969125

https://www.independent.co.uk/news/world/americas/venezuelan-presidential-election-2018-candidates-issues-nicolas-maduro-henri-falcon-economy-oil-a8350731.html

http://www.bbc.com/mundo/noticias-america-latina-43846613

https://www.telesurtv.net/news/venezuela-cne-cinco-candidatos-elecciones-presidenciales-20180307-0045.htmlhttps://www.telesurtv.net/news/elecciones-venezuela-como-votar-20180515-0024.html

http://www.bbc.com/mundo/noticias-america-latina-43673920

https://www.infobae.com/america/venezuela/2018/02/26/un-ingeniero-chavista-opositor-al-dictador-nicolas-maduro-presento-su-candidatura-presidencial/

http://www.bbc.com/mundo/noticias-america-latina-43379603

https://www.elpais.com.uy/opinion/editorial/venezuela-dieta-maduro.html

http://www.el-nacional.com/noticias/politica/presidente-chileno-elecciones-venezuela-son-una-farsa_233889

http://www.lr21.com.uy/mundo/1367396-cne-venezuela-es-insolito-que-no-acepten-los-resultados-de-unas-elecciones-que-aun-no-se-han-realizado

http://www.noticias24.com/venezuela/noticia/343346/lucena-son-bienvenidos-todos-aquellos-que-deseen-acompanar-las-elecciones-del-20m/

 

 

 

 

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