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Il plebiscito di Putin è un segnale di debolezza

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Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Vladimir Putin ha vinto le elezioni russe. E su questo non c’erano dubbi. Lo Zar rimarrà in carica almeno per un altro mandato, fino al 2030, per poi verosimilmente governare il Paese fino al 2036, quando avrà raggiunto la veneranda età di 83 anni. A meno che non escano nuovi cavilli che gli permettano di aggirare ancora una volta il limite costituzionale di due mandati. Nonostante il risultato scontato delle elezioni, il voto in Russia offre comunque degli spunti per riflettere sullo Stato di salute del Paese e sulla forza di Putin. 

I dati sull’affluenza

Il primo dato che emerge è quello dell’affluenza che, secondo quanto riferito dal vicepresidente della Commissione elettorale centrale (CEC) Nikolai Bulaev, si è attestato al 74,22%. Il voto elettronico a distanza (DEG) ha toccato addirittura il 94%. Si è votato anche nei territori ucraini parzialmente occupati dalla Russia e annessi nel 2022, dove l’affluenza ha oscillato tra l’80 e il 90%. In queste regioni il plebiscito per Putin è stato ancora più bulgaro: lo Zar ha raggiunto il 95% delle preferenze nel Donetsk, il 94% nel Lugansk, il 93% a Zaporizhzhia e l’88% nel Kherson. 

Molti esperti pensavano che Putin si limitasse a ottenere un risultato intorno all’80%, invece il consenso ha superato l’87%. Una crescita di quasi 25 punti percentuali se si guardano le elezioni del 2012, quando arrivò al 63,6%. Numeri talmente alti che potrebbero ottenere l’effetto opposto rispetto a quello cercato dal Cremlino, ovvero dimostrare che il Paese è unito nonostante le difficoltà della guerra in Ucraina e l’isolamento internazionale. 

Le crepe nel sistema russo

Il plebiscito non può cancellare gli ultimi eventi del Paese, che hanno dimostrato quanto questo blocco monolitico sia in realtà solo un’illusione. A gennaio migliaia di russi si sono messi in fila per chiedere che Boris Nadezhdin venisse inserito nelle liste elettorali. Nonostante i vari ricorsi, a febbraio la Corte suprema lo ha escluso dalla competizione. Nadezhdin si era espresso in modo chiaro contro la guerra in Ucraina, oltre a definire “roba da Medioevo” le posizioni sull’aborto e sulla comunità Lgbt dell’amministrazione Putin.

C’è stata anche una protesta alle urne. Il “mezzogiorno contro Putin”, invocato dall’ex deputato municipale di San Pietroburgo Maxim Reznik, ha avuto luogo in tutto il mondo. Gli oppositori si sono sincronizzati per votare tutti insieme alle 12 domenica 17 marzo.

La protesta era stata avallata da Alexei Navalny e ha visto partecipare anche la sua vedova, Yulia Navalanaya, rimasta in fila per sei ore nel seggio di Berlino prima di poter esprimere il suo voto. Fuori dalla Russia, manifestanti contro Putin hanno fatto sentire il loro dissenso di fronte ai seggi, alle volte arrivando anche ad avere frizioni con i pochi sostenitori dello Zar presenti. 

La morte di Navalny

Proprio la morte di Navalny è stato un altro evento che ha evidenziato, casomai ce ne fosse bisogno, che Putin non gode dell’87% del sostegno. Dopo che l’oppositore russo è morto, a febbraio, nella colonia penale a circa 40 miglia dal Circolo Polare Artico, migliaia di persone si sono presentate al suo funerale a Mosca intonando canti contro Putin e la guerra. 

Anche durante le elezioni la tomba di Navalny è stata meta di pellegrinaggio. E sono dovute arrivare le elezioni affinché Putin parlasse della morte dell’ex oppositore: “uno sfortunato incidente”. Nel suo discorso per la vittoria, Putin ha parlato della possibilità di un suo scambio con detenuti occidentali: “Qualche giorno prima della scomparsa del signor Navalny, alcuni colleghi mi hanno detto che c’era l’idea di scambiare il signor Navalny. La persona che mi ha parlato non aveva ancora finito la frase, e io ho detto: ‘Sono d’accordo’. Ma, purtroppo, è successo quello che è successo”. 

E ora?

Putin approfitterà di questo rinnovato mandato per continuare la sua narrazione sul benessere russo e sulla guerra in Ucraina, ma paradossalmente la forza ostentata potrebbe dimostrarsi una debolezza. Una cosa che Putin non potrà permettersi. 

Non solo perché, dopo due anni di invasione, è alta la frustrazione anche tra i russi per un conflitto di cui non si vede la fine. Ma anche perché il periodo successivo alle elezioni presidenziali è quello in cui il Cremlino introduce abitualmente politiche impopolari e quindi dovrà essere pronto a non inimicarsi ancora il suo popolo. 

Dopo il voto del 2018, Putin aumentò l’età pensionabile. Ora la paura è che stia per arrivare una nuova mobilitazione. Lo Zar lo ha sempre negato, ma le recenti piccole conquiste sul fronte orientale dell’Ucraina hanno richiesto un dispendio importante di uomini e mezzi che andranno sostituiti. Si parla di decine di migliaia di unità.  

 

Fonti e approfondimenti

Betrò, F., “Due anni di guerra in numeri”, Lo Spiegone, 24/02/2024

Betrò, F., “È morto Alexei Navalny, il dissidente russo che ha sfidato il Cremlino”, Lo Spiegone, 16/02/2024

Izvestia, “Общая явка на выборах президента России превысила 74%”, 17/03/2024 

Kommersant, “Заявления Путина после выборов: обмен Навального, недопуск Надеждина и судьба Харьковской области”, 18/03/2024

MacFarquhar, N., “Five Takeaways From Putin’s Win in Russia”, The New York Times, 17/03/2024

Meduza, “With Russia’s three-day voting done, Putin secures his fifth presidential term and 25th–31st years in power”, 18/03/2024

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