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Il futuro di Gaza mette in crisi il governo israeliano

Ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant

Minisrtro della Difesa israeliano Yoav Gallant @U.S. Secretary of Defense

Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant fa la sua mossa e mette in crisi la tenuta del governo di Tel Aviv.

Forte dell’appoggio degli Stati Uniti, con i quali gode di un rapporto privilegiato, Gallant ha attacco in modo diretto “l’indecisione” del Primo ministro Benjamin Netanyahu intimandogli di “decidere e dichiarare che Israele non governerà la Striscia di Gaza con i civili e che non ci sarà alcun governo militare”.

Dall’inizio dell’attacco dello Stato ebraico il destino politico di Gaza dopo l’eventuale vittoria è stato al centro delle trattative internazionali e dei dialoghi con l’Autorità nazionale palestinese, che potrebbe governare quel che resterà della Striscia una volta finita la guerra.

Le diverse visioni nel governo

Una visione non sostenuta, almeno pubblicamente, dal governo di Netanyahu che ora si trova a dover gestire le parole dure del suo ministro della Difesa: “La fine della campagna militare – ha spiegato Gallant – deve essere accompagnata da un’azione politica. Il ‘giorno dopo Hamas’ può essere raggiunto solo con entità palestinesi che prendono il controllo di Gaza, con attori internazionali e l’istituzione di un governo alternativo al potere di Hamas” anche perché, in caso alternativo, il rischio è che ci siano “costi non necessari per vite degli israeliani”.

Affermazioni che hanno trovato una pronta risposta da parte di Bibi, tranchant nel chiudere le porte a questo tipo di possibilità: “Finché Hamas resta a Gaza, nessun altro governerà la Striscia: certamente non l’Autorità nazionale palestinese”.

Gallant, comunque, non è una colomba, e parlando di quello che sta succedendo nel sud della Striscia solo poche settimane fa aveva detto che “l’operazione a Rafah non si fermerà finché Hamas non è eliminata o che il primo ostaggio non sia tornato in Israele”.

L’affaire partitico

Lo scontro tra i due leader è anche uno affaire partitico, visto che entrambi si trovano all’interno del Likud e, verosimilmente, Netanyahu rischia di non vedersi riconfermato né alla guida della formazione né del governo, una volta finita la guerra. 

Già a marzo del 2023 Bibi aveva licenziato Gallant quando chiese di fermare la legge di riforma giudiziaria, che portò a proteste enormi in tutto il Paese.

Gallant può godere anche dell’appoggio di Benny Gantz, leader centrista del partito Blu e Bianco, che insieme al ministro della Difesa e al premier fa parte del Gabinetto di guerra.

Uno scontro simile si era già aperto a gennaio, quando Gantz presentò un piano simile per il dopoguerra con l’appoggio dell’esercito israeliano (Idf). 

A sostegno di Netanyahu

Dalla parte di Netanyahu, ma soprattutto contro Gantz, si sono mossi subito i falchi del governo israeliano, chiedendo le sue dimissioni.

A tuonare per primo è stato il ministro della Sicurezza, di estrema destra, Itamar Ben Gvir: “Un simile ministro della difesa deve essere sostituito per raggiungere gli obiettivi della guerra” ha detto. Nonostante il sostegno degli Usa, Gantz rischia quindi di vedersi isolato. Lo scontro interno è aperto.  

 

Fonti e approfondimenti

Beaumont P, Israel war cabinet split looms as defence minister demands post-war Gaza planThe Guardian, 16 maggio 2024

Rasgon A, Boxerman A, Crowley M, Fuller T, Blinken Warns Fighting Could Undo Aid Gains in Gaza, The New York Times, 15 maggio 2024

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