La battaglia contro l’immigrazione è velocemente diventata il cuore della politica interna dell’amministrazione Trump, che a gennaio 2025 è tornato alla Casa Bianca. L’obiettivo è onorare le promesse fatte in campagna elettorale di rafforzare i controlli al confine con il Messico per impedire il passaggio delle persone migranti e di espellere almeno 3.000 irregolari al giorno.
Una crisi di facciata utile per mascherare lo scontro con le autorità locali
Ma molti, in realtà, vi leggono soprattutto un pretesto per distogliere l’attenzione pubblica da problemi più urgenti, come le conseguenze economiche dei dazi globali. Mentre oppositori e analisti cercano di attirare l’attenzione sull’economia, l’amministrazione Trump utilizza le proteste, per lo più pacifiche, scoppiate in diverse città degli Stati Uniti a sostegno dei migranti e contro il trend autoritario del governo, per rappresentare un quadro di crisi e caos interno.
In questo contesto, si inserisce un evento senza precedenti nella storia recente del Paese: l’invio della Guardia nazionale in aree urbane contro il volere delle autorità locali. La Guardia nazionale è un corpo militare di riservisti impiegati per operazioni di protezione civile ed è necessaria l’autorizzazione del governatore per il suo dispiegamento. L’amministrazione Trump, negli ultimi mesi, ne ha disposto l’invio in varie città per sedare situazioni definite «ingestibili» e «rischiose per la sicurezza nazionale», bypassando l’autorità degli stati.
Da Washington a Los Angeles, passando per Dallas e Denver, in questo clima di scontro politico e ideologico, le ripercussioni psicologiche e sociali sono probabilmente l’aspetto più trascurato. Le fasce più vulnerabili della popolazione, come gli stranieri, irregolari o meno, sono colpite duramente dal clima di insicurezza e diffidenza che si respira nelle città. Discriminazioni, rischio di deportazione e discorsi d’odio lasciano un’impronta indelebile sul tessuto sociale e sul benessere mentale delle comunità più fragili: un costo umano che psicologi e ricercatori stanno cercando con fatica di comprendere e denunciare.
Le Città santuario nel mirino dell’amministrazione federale
Le misure repressive e il dispiegamento di forze federali contro i manifestanti fanno parte di una più ampia battaglia dell’amministrazione Trump contro tutte le città e gli stati che stanno cercando di proteggere le persone migranti dalle espulsioni di massa. Il termine Sanctuary cities (Città santuario, in italiano) è molto vasto: indica quelle legislazioni che non accettano di collaborare con le forze federali quando quest’ultime richiedono informazioni sullo stato migratorio di un sospetto “illegale”.
Oltre al rifiuto delle autorità locali di collaborare con l’Immigration and customs enforcement (Ice), queste giurisdizioni si distinguono anche per la presenza di una società civile impegnata e attiva. Chiese e scuole diventano luoghi sicuri per le persone in fuga dagli agenti e non mancano reti di sostegno e soffiate per avvisare le persone migranti di una probabile retata.
È proprio questo il contesto in cui sono nate le proteste nella città di Los Angeles e nel resto della California a giugno 2025. Lo stato più democratico e multiculturale degli Stati Uniti ha invaso pacificamente le strade di Los Angeles per protestare contro le politiche di Trump.
Il presidente statunitense ha poi sfruttato le poche e circoscritte sacche di guerriglia per dipingere un quadro di illegalità e pericolo e disporre l’invio della Guardia nazionale. Aiutata dai media mainstream, la risposta del governo è sembrata a molti un chiaro messaggio alle Città santuario, ai sindaci e ai loro cittadini: il governo era intenzionato a fare di tutto per farle cedere.
Le proteste di Los Angeles: la militarizzazione del dissenso
Le proteste di giugno contro l’Ice e i suoi raid a tappeto sono diventate un simbolo della frattura ideologica e delle tensioni politiche che attraversano gli Stati Uniti, da est a ovest. Nate come dimostrazioni pacifiche nei pressi dei centri di detenzione o nei quartieri a maggioranza straniera di Los Angeles, le manifestazioni poi sono dilagate velocemente, estendendosi a San Francisco, Santa Monica e San Diego.
Stando ad alcuni resoconti, le azioni violente e smisurate della polizia locale e degli agenti dell’Ice sono state la miccia che ha spinto un numero crescente di persone a unirsi ai manifestanti, causando alcuni isolati episodi di distruzione. Le immagini di cortei di famiglie e cittadini comuni dispersi con l’uso di lacrimogeni e proiettili di gomma hanno fatto il giro del mondo.
In questo clima di tensione, le parole di Trump sul suo social network Truth: «L’ordine verrà riprestinato, gli immigrati clandestini verrano espulsi e Los Angeles verrà liberata» e la decisione di inviare la Guardia nazionale senza una richiesta ufficiale (necessaria per legge) del governatore della California, Gavin Newsom, o della sindaca di Los Angeles, Karen Bass, suonavano come un attacco diretto alla loro autorità. Importante è anche ricordare che entrambi sono esponenti di spicco del partito democratico e che Newsom è largamente riconosciuto come potenziale concorrente alle prossime elezioni presidenziali.
Trump contro tutti, anche la legge federale
Una sentenza di un giudice federale della California del 2 settembre 2025 ha confermato che l’azione di Trump ha violato le leggi federali, in particolare il Posse Comitatus Act. Dal 1878, questa legge regolamenta l’uso delle forze militari per motivi di ordine interno, vietandolo tranne che in casi eccezionali. Secondo la sentenza, gli sporadici episodi di disordine non giustificavano l’intervento dell’esercito federale.
In effetti, gli esiti della pronuncia dei giudici sono sostenuti dai pochissimi precedenti nella storia recente. Nel 1992, il presidente George Bush dispose l’invio della Guardia nazionale, che era stato richiesto dal governatore della California, per aiutare le autorità a fronteggiare un’ondata di proteste. Le manifestazioni erano scoppiate a seguito dell’assoluzione di alcuni poliziotti colpevoli di aver picchiato a morte un cittadino afroamericano, Rodney King, fermato per guida in stato di ebbrezza.
L’unico a dover scavalcare l’autorità del governatore per motivi di ordine pubblico fu Lyndon Johnson, che nel 1965 mandò le truppe a difendere la marcia di cittadine e cittadini afroamericani da Selma a Montgomery, in Alabama. L’allora governatore Wallace, segregazionista convinto, infatti, non voleva dare protezione ai manifestanti per i diritti civili.
Dopo la sentenza del tribunale californiano, la questione – se Trump abbia l’autorità o meno di schierare truppe federali per far rispettare le leggi civili – è oggetto di contenzioso presso la Corte d’appello del nono circuito. Negli Stati Uniti, infatti, il sistema delle Corti d’appello è costituito da 11 circuiti corrispondenti a diverse aree geografiche e il nono copre California, Nevada e altri stati occidentali.
Intanto, i fatti si sono ripetuti in altre città come Washington e Memphis. Quando è stata la volta di Portland, in Oregon, la governatrice democratica Tina Kotek e la sua amministrazione hanno seguito le orme della California, presentando a fine settembre un ricorso legale contro il governo.
L’impatto psicologico sulle comunità migranti
Le azioni dell’Ice e la presenza militare rafforzano il senso di insicurezza, paura e persecuzione, specialmente tra coloro che sono già fuggiti da situazioni traumatiche. Come racconta un articolo pubblicato sul Washington Post, la vita delle persone migranti o figlie di stranieri è peggiorata significativamente dall’arrivo di Trump alla Casa Bianca. Chi può esce di casa il meno possibile, ma molti altri sono costretti a recarsi in luoghi ormai posti sotto pressione dall’Ice, come i parcheggi dei grandi magazzini, dove centinaia di persone vanno ogni giorno in cerca di un impiego.
Secondo un articolo pubblicato dall’American Psychological Association, ci sono due livelli di rischio per la salute mentale delle persone migranti quando si trovano in contesti restrittivi e criminalizzanti. Da un lato, la paura di venire arrestati e deportati aumenta il rischio di stress cronico e sintomi da Disturbo post-traumatico da stress. Molte persone infatti hanno figli piccoli da sostenere o anziani a carico e sono quindi costrette a uscire di casa, rischiando di essere fermate dall’Ice. Questo genera conseguenze anche sulla loro salute fisica, causando malattie cardiovascolari e problemi legati all’alimentazione.
Dall’altro lato, sebbene la detenzione per le persone migranti sia una questione civile e non penale, molto spesso i centri dell’Ice somigliano alle carceri federali o sono ospitati proprio in queste strutture. Le persone arrestate sono quindi spesso esposte ad abusi e sovraffollamento, non hanno accesso alle cure mediche e sono soggette a restrizioni smisurate rispetto ai motivi del loro arresto.
Psicologi e ricercatori faticano a studiare l’impatto della detenzione sulla salute mentale delle persone migranti, principalmente a causa della mancanza di dati pubblici e della poca attenzione dell’Ice al tema. Le somiglianze con il sistema giudiziario penale però permettono di capire la gravità delle conseguenze sulla mente e sul fisico di queste persone, che portano già i segni dei traumatici viaggi per raggiungere gli Stati Uniti o dell’ansia causata dalla paura costante delle autorità.
Le implicazioni per la società civile
Sebbene sia innegabile che le persone migranti paghino il prezzo più alto, le politiche di repressione e stigmatizzazione del dissenso stanno avendo un impatto significativo anche su tutto il resto dell’opinione pubblica degli Stati Uniti.
Il dispiegamento militare federale in uno stato come la California ha intensificato le divisioni politiche, trasformando la città di Los Angeles in un campo di battaglia simbolico e reale. Inoltre, la decisione di Trump ha indebolito notevolmente l’autorità del governatore e delle autorità locali, inclusa la polizia cittadina. Nel tentativo di aumentare la propria popolarità, il governo statunitense rischia di compromettere la percezione di sicurezza tra i cittadini e le cittadine, aumentando i contrasti con la polizia, che dovrebbe invece rappresentare il primo baluardo di sicurezza in ogni città.
In California, come in altre parti del Paese, Trump ha dimostrato che il suo obiettivo principale è mantenere la fiducia di quella parte della popolazione che lo sostiene ciecamente. L’invio della Guardia nazionale, un corpo generalmente impiegato in operazioni di soccorso (come nelle calamità naturali), e la retorica della «tolleranza zero» sono azioni simboliche che intendono creare un senso di emergenza e crisi irrisolvibile, giustificando così l’uso di “qualunque mezzo” per ristabilire l’ordine.
In un contesto così instabile e delicato, le ripercussioni psicologiche e lo stress morale rischiano di lacerare irreparabilmente il tessuto sociale degli Stati Uniti. Con 107 milioni di cittadini che possiedono almeno un’arma da fuoco, una delle conseguenze più probabili delle tensioni e delle spaccature sociali e politiche potrebbe essere proprio l’incremento di sparatorie e aggressioni armate contro chi semplicemente esprime opinioni diverse.
Fonti
Afp. “L’Oregon fa causa a Donald Trump sull’invio della guardia nazionale a Portland”. Internazionale. 29 settembre 2025.
Bryant, Erica. “What Is a Sanctuary City?”. Vera. 22 aprile 2025.
De Luca, Alessia. “Trump, Los Angeles e la strategia della tensione”. ISPI Daily Focus. 9 giugno 2025.
“How the Los Angeles protests unfolded: A visual guide”. Al Jazeera. 11 giugno 2025.
Madokoro, Laura. “Sanctuary cities in the US were born in the 1980s as Central American refugees fled civil wars”. The Conversation. 15 Agosto 2025.
Mason, Melanie. “‘It’s like a game of Whac-A-Mole’: How Trump’s ICE raids knocked Los Angeles to its knees”. Politico. 19 luglio 2025.
Michael, Chris. “Los Angeles protests: from immigration raids to sending in the marines – a visual timeline”. The Guardian. 10 giugno 2025.
Reich, Robert, “We are witnessing the first stages of a Trump police state”. The Guardian. 9 giugno 2025.