Dopo quasi otto mesi e diversi tentativi di mediazione fallita, Hamas e Israele sarebbero vicine a un accordo per arrivare, alla fine di un percorso, al cessate il fuoco permanente. Ma manca ancora qualcosa.
Dai negoziatori del governo di Banjamin Netanyahu è arrivata la proposta di una roadmap in tre fasi che porterebbe alla fine della guerra. Le condizioni di Israele sono state sostenute dal governo statunitense di Joe Biden che si è fatto promotore della possibile intesa e, tramite il suo presidente, ha invitato la milizia palestinese ad accettare.
In cosa consiste la roadmap
La bozza di Tel Aviv prevede un’iniziale tregua nei combattimenti dentro alla Striscia di Gaza, un cessate il fuoco limitato che dovrebbe durare sei settimane. Periodo nel quale le forze armate israeliane dovrebbero ritirarsi dalle aree più popolate del territorio palestinese. Contestualmente, Hamas è tenuta a iniziare il rilascio degli ostaggi che secondo le stime ufficiali dello Stato ebraico sarebbero 124. Non è chiaro quanti ostaggi dovrebbero essere rilasciati in questa prima fase. Né quanti effettivamente siano ancora vivi.
L’obiettivo iniziale è quello di riportare indietro donne, anziani e feriti e anche alcuni dei corpi di chi è scomparso. Nelle trattative precedenti Hamas aveva proposto che venissero liberati circa 30 detenuti palestinesi per ogni ostaggio israeliano rilasciato, compresi quelli condannati all’ergastolo. Ma questo numero non è stato confermato, così come il nome di chi uscirebbe dalle carceri dello Stato ebraico, dove si trova ancora recluso Marwan Barghouti, storico leader di Fatah.
Sempre nella prima fase del possibile accordo, è previsto che i palestinesi costretti ad abbandonare le proprie terre facciano ritorno alle loro case. Anche quelli che vivevano nel nord della Striscia, dove si sono concentrati i combattimenti e dove, ormai, è rimasto poco. Da capire, nel caso non si giungesse a un accordo definitivo dopo il primo passaggio, cosa ne sarebbe di queste persone. Tra le clausole dell’intesa anche l’entrata di almeno 600 camion al giorno di aiuti umanitari a Gaza.
La seconda fase della roadmap prevede altre sei settimane di tregua che porterebbero a un ritiro completo delle Idf (Israeli defence forces) dalla Striscia e al rilascio di tutti gli ostaggi rimasti ancora nella mani di Hamas e delle altre milizie. Da questo momento in poi si parlerebbe di cessate il fuoco permanente che introdurrebbe così alla terza e ultima fase. Nella quale si prevede un piano di ricostruzione della Striscia di Gaza sostenuto da Stati Uniti e comunità internazionale. L’idea è che i lavori durino circa cinque anni, durante i quali si impedirebbe ad Hamas di riarmarsi. Nella terza e ultima fase dovrebbero anche essere restituiti tutti i corpi degli ostaggi israeliani morti.
Le pressioni dell’estrema destra israeliana
Netanyahu ha confermato la posizione israeliana sull’accordo, sottolineando che l’obiettivo principale è quello di riportare gli ostaggi israeliani a casa. Ma ha anche ribadito che tra gli obiettivi “il primo fra tutti” è “l’eliminazione di Hamas”. Non sarà possibile arrivare a una pace finché “tutte le nostre condizioni” non verranno rispettate, ha sottolineato Bibi.
Il premier israeliano deve fare i conti, da una parte, con le proteste delle famiglie degli ostaggi che spingono per arrivare a un accordo e continuano a scendere in piazza per farsi sentire, nonostante – per la prima volta da un anno a questa parte – un sondaggio sia tornato a dare Bibi in testa. Dall’altra, Netanyahu deve fare i conti con gli estremisti di destra che compongono il suo governo, in particolare i ministri Itamar Ben Gvir (Potere ebraico) e Bezalel Smotrich (Sionismo religioso). I due falchi israeliani minacciano di uscire dalla maggioranza se il Primo ministro accettasse l’accordo, accusandolo di svendere il Paese e la sua sicurezza. Il presidente israeliano Isaac Herzog ha invece detto che sosterrà Netanyahu nella sua scelta.
Il dopo Hamas
A creare più di un problema al governo isrealiano è anche la prospettiva del “dopo Hamas” a Gaza. L’estrema destra vorrebbe un’occupazione militare della Striscia, alla quale Netanyahu ha ammiccato. Questa soluzione però non è ben vista dagli alleati di Israele, primi fra tutti gli Stati Uniti. E nemmeno da alcuni componenti dello stesso governo. Il ministro della Difesa Yoav Gallant, che ha comunque ribadito la necessità di eliminare Hamas prima di un’eventuale fine della guerra, ha dialogato con il segretario degli Usa Antony Blinken sottolineando la necessità “di identificare e consentire l’emergere di un’alternativa di governo locale” nella Striscia.
Da annotare anche che il partito Unità nazionale guidato dal ministro del gabinetto di guerra Benny Gantz ha presentato alcuni giorni fa una proposta di legge per sciogliere il Parlamento israeliano e indire elezioni anticipate entro il mese di ottobre se non si arriverà a un accordo entro l’8 giugno. Poi ha specificato che l’ultimatum non era tassativo nella sua data. In ogni caso Unità nazionale non ha la maggioranza per sciogliere la Knesset, dal momento che la coalizione del premier Netanyahu ha i numeri per continuare con il suo governo.
La posizione di Hamas
La situazione interna alla politica israeliana contribuisce a mantenere sul chi-va-là la milizia palestinese di natura islamica, che ha fatto trapelare di considerare “positivamente” l’accordo proposto da Israele e rilanciato da Biden venerdì 31 maggio. Dopo una giornata nella quale sembrava che si fosse giunti a un punto, le parole di Netanyahu hanno fatto tornare sui propri passi Hamas.
Prima ha prima specificato che l’accordo deve essere accettato, in ultima istanza, da Yahya Sinwar, leader di Hamas a Gaza, e Mohammed Deif, il comandante delle Brigate Qassam. E poi ha preteso una garanzia ufficiale da parte degli Stati Uniti affinché controllino in prima persona che Israele rispetti tutte le parti dell’intesa. Hamas infatti non si fida che, una volta deposte le armi, il governo di Netanyahu non trovi escamotage per mantenere il controllo militare su Gaza.
C’è poi da tenere in considerazione che gli ostaggi israeliani non sono tutti nelle mani di Hamas. Affinché l’intesa vada in porto, infatti, anche la Jihad islamica e gli altri movimenti palestinesi devono dare il loro ok. Il tutto mentre le morti civili palestinesi hanno raggiunto il numero impressionante di oltre 36 mila dal 7 ottobre.
Fonti e approfondimenti
al Jazeera, “Biden says Israel has agreed to ‘enduring’ Gaza ceasefire proposal”, 31/05/2024
Asharq Al Awsat, “What’s in Israel’s Three-Phase Gaza Ceasefire Roadmap”, 1/06/2024
BBC, “Hamas hostages: Stories of the people taken from Israel”, 3/06/2024
Staff, T.,“For first time in a year, poll shows Netanyahu preferred to Gantz as prime minister”, The Times of Israel, 30/05/2024