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COP29: la politica climatica a uno snodo cruciale

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Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

L’11 novembre si è aperta a Baku, in Azerbaijan, la 29ª sessione della Conferenza delle Parti (COP29), appuntamento annuale dei governi convenuti dalle Nazioni Unite per discutere i cambiamenti climatici. 

La necessità di un’azione globale rapida, radicale e coordinata è, forse più che mai, sotto gli occhi di tutti. Pochi giorni fa, il programma scientifico europeo Copernicus ha rilevato che il 2024 sarà l’anno più caldo mai registrato. Ma sarà anche il primo anno in cui la temperatura registrerà un aumento di 1.5°C rispetto alla media del periodo pre-industriale. Le temperature record sono inoltre accompagnate da eventi estremi sempre più frequenti e violenti a tutte le latitudini.

Eppure, questa Conferenza si svolgerà in un clima internazionale particolarmente teso, che rende le aspettative piuttosto basse e i margini per i progressi necessari limitati. I conflitti in Ucraina e Medio Oriente, insieme all’incertezza legata alla politica climatica che adotteranno gli Stati Uniti del neo rieletto Donald Trump, rendono i negoziati particolarmente complessi.

Cos’è la COP?

La Conferenza delle Parti (COP) è il principale forum mondiale dedicato alla politica climatica. Sin dalla sua istituzione nel 1995, una volta l’anno, i rappresentanti delle 198 Parti firmatarie della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) si riuniscono per esaminare lo stato di implementazione e i risultati delle loro politiche climatiche. Nonché per stabilire come intensificare le misure di contrasto, mitigazione e adattamento al cambiamento climatico.

Per garantire una prospettiva inclusiva e favorire un confronto e una partecipazione universale, ogni anno, le sessioni della COP vengono ospitate, a rotazione, in una delle cinque diverse regioni di riferimento delle Nazioni Unite. Ovvero Africa, Asia, America Latina e Caraibi, Europa centrale e orientale, Europa occidentale. 

Questa edizione si sarebbe dovuta tenere in Europa orientale. La scelta stessa dell’Azerbaijan come Paese ospite è l’ennesimo sintomo di un clima internazionale teso. Una serie di veti e contro-veti, lanciatisi vicendevolmente da Unione europea e Federazione russa, ha portato Bruxelles a chiudere un occhio sull’invasione azera della regione del Nagorno Karabakh a danno degli armeni, nel Settembre 2023, pur di non lasciare la sede della COP29 ancora incerta.

Obiettivi chiave della COP29

Lo scorso anno, durante la COP28 di Dubai, si è tenuto il primo Global Stocktake (GST). Ossia il primo momento di valutazione dei progressi fatti per raggiungere gli obiettivi posti dagli Accordi di Parigi. I risultati non sono stati un granché buoni. 

Analizzati il livello globale di emissioni di gas climalteranti e l’efficacia delle politiche climatiche che i singoli Stati hanno presentato nei loro Contributi Nazionali Determinati (NDC), le Parti sono state chiamate a presentare alla COP29 NDC più ambiziosi. Inoltre, i governi sono stati invitati a discutere un aumento dei finanziamenti per accelerare la transizione energetica e l’adattamento ai cambiamenti climatici. Oltre che esortati a mettere a punto meccanismi più solidi per controllare il rispetto degli impegni climatici. Garantendo così una maggiore trasparenza e credibilità.

Questa edizione della COP ha quindi il compito di lavorare sulle prescrizioni dal GST dello scorso anno. In particolare, due sono i punti chiave in agenda. Il rafforzamento dei Contributi Nazionali Determinati e la definizione di un quadro di cooperazione finanziaria potenziato, altresì noto come il Nuovo obiettivo finanziario per il clima (NCQG)

Contributi Nazionali Determinati

Alcuni Stati hanno già presentato i loro NDC aggiornati, altri lo faranno proprio a Baku e, in generale, i governi avranno tempo fino a Febbraio 2025. Essendo i veri e propri motori dell’azione climatica, NDC attuabili, oltre che ambiziosi, sono imprescindibili. 

Sebbene non esista una ricetta di successo prestabilita, vi sono elementi che ne favoriscono l’incisività. Oltre a essere scientificamente allineati agli obiettivi di contenimento del riscaldamento globale al di sotto dei +2°C e di neutralità climatica, gli NDC rafforzati dovrebbero adottare un approccio sistemico alla decarbonizzazione. Piuttosto che concentrarsi esclusivamente sui settori economici più impattanti, è fondamentale che gli interventi coprano tutti i settori, per ottenere risultati più ampi e significativi. 

Questo approccio vale anche per la società. I nuovi NDC dovrebbero coinvolgere e includere tutti gli stakeholder. Governi statali e locali, società civile, settore privato, rappresentanze delle minoranze e delle comunità indigene dovrebbero essere tutti ugualmente coinvolti. Al fine di garantire il massimo sostegno alle politiche e quindi anche la loro implementazione.

Tali interventi dovrebbero poi essere accompagnati da obiettivi di breve, medio e lungo termine chiari. E dovrebbero essere coerenti con una strategia economica sostenibile. Per far sì che tutto ciò sia realizzabile, è indispensabile che gli NDC abbiano una strategia di investimento realistica e fattibile che supporti le manovre delineate.

Infine, gli NDC aggiornati dovrebbero includere metodologie trasparenti per il monitoraggio e la rendicontazione delle emissioni. Ciò assicurerebbe un’accurata misurazione e verifica dei progressi e favorirebbe il rispetto delle responsabilità prese dai singoli governi. In vista di questa COP, il World Resources Institute ha aggiornato la sua piattaforma Climate Watch in cui sarà possibile consultare i nuovi NDC presentati dagli Stati e monitorare, nel tempo, il loro grado di implementazione.

Mobilizzazione del capitale privato per gli NDC

Un obiettivo strategico collaterale all’aggiornamento NDC sarà rendere i nuovi Contributi Nazionali Determinati più attrattivi per gli investitori, come prescritto dal Global Stocktake del 2023. Il raggiungimento dell’obiettivo assicurerebbe la mobilitazione dei fondi necessari a realizzare iniziative climatiche su larga scala.

Per rendere le azioni per il clima più appetibili, agli investitori pubblici e privati, sarebbe fondamentale garantire la comparabilità e la coerenza delle modalità di rendicontazione dei risultati. Quadri standardizzati sarebbero essenziali per garantire la trasparenza e l’affidabilità che gli investitori richiedono. 

Integrare la rendicontazione climatica a quella finanziaria tradizionale per gli attori economici sarebbe un ulteriore tassello. Questo porterebbe a evidenziare gli impatti economici positivi delle azioni climatiche e incentivare così questi investimenti. Oltre a ciò, i Paesi dovrebbero sviluppare meccanismi che riducono la percezione dei rischi degli investimenti climatici, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo.

Nuovo obiettivo finanziario per il clima (NCQG) 

Oggetto di intense negoziazioni sarà anche il Nuovo obiettivo finanziario per il clima (NCQG), volto a stabilire le strategie per sostenere le politiche di adattamento e mitigazione degli effetti del cambiamento climatico dei Paesi in via di sviluppo. Il precedente Obiettivo finanziario per il clima era stato stabilito nel 2009. Allora, i Paesi storicamente responsabili delle emissioni si erano impegnati a mobilitare 100 miliardi di dollari all’anno fino al 2020. Nel 2015, durante la COP21 di Parigi, visto che nessun Paese aveva ancora contribuito, l’Obiettivo è stato prorogato fino al 2025 (e raggiunto solo nel 2022). 

Le Delegazioni si sono arenate per mesi sui dettagli di questo obiettivo, che deve però essere necessariamente concordato quest’anno. In linea con quanto stabilito dal GST, sarà quindi compito della COP29 stabilire l’entità, la struttura e i metodi di contribuzione e, ovviamente, i contribuenti. Ad oggi, nessuno di questi aspetti è ancora chiaro.

Ad essere chiare in compenso sono le linee guida lasciate dal Global Stocktake, che stabilisce che per rispondere alle esigenze dei Paesi in via di sviluppo dovrebbero essere sborsati, principalmente sotto forma di finanziamenti pubblici, da 455 a 2.400 miliardi di dollari. I fondi, continua il GST, dovrebbero essere distribuiti equamente tra gli sforzi di mitigazione (ridurre o prevenire le emissioni di gas serra) e le misure di adattamento. 

La semplificazione dell’accesso ai finanziamenti per il clima è considerata fondamentale, soprattutto per i Paesi più vulnerabili, e ciò comporta lo snellimento dei processi di richiesta e la riduzione degli ostacoli burocratici nell’accesso ai fondi. Infine, meccanismi rigorosi per tracciare le modalità di allocazione e spesa dei finanziamenti sono considerati prioritari per rendere gli sforzi più efficaci e stimolare gli investimenti privati. Amplificando l’effetto dei fondi pubblici e promuovendo così partnership globali.

Partita aperta sul NCQG: chi vuole cosa

Nel dibattito attuale sul NCQG, si evidenzia una netta divergenza di priorità e approcci tra le economie emergenti e i Paesi del Nord del mondo. Gestione, provenienza e distribuzione delle risorse finanziarie costituiscono il cuore dello scontro.

Le economie emergenti, rappresentate da gruppi come il Gruppo Africano, il Gruppo Arabo, l’Alleanza degli Stati Insulari Piccoli (AOSIS) e i Paesi in Via di Sviluppo Similmente Orientati (LMDC) sostengono politiche che garantiscano che il Nuovo Obiettivo benefici principalmente i Paesi del Sud globale. I gruppi chiedono che questi ultimi abbiano accesso alle risorse mobilizzate con il NCQG, puntando a un quadro che dia la priorità alle loro esigenze specifiche. Spingendo anche per la mobilitazione di almeno un trilione di dollari all’anno.

Questa graniticità si frantuma però su altre questioni. Gruppi africani e arabi e persino la Russia, per mitigare il rischio di un aumento sconsiderato del debito con le economie leader (incluse Ue, Regno Unito e Stati Uniti), propongono di ampliare la base dei contributori al di là dei Paesi più industrializzati. Questa proposta incontra una forte opposizione da parte dei Paesi a basso reddito. I quali vogliono assicurarsi che i primi si assumano una quota maggiore di responsabilità finanziarie per compensare le loro emissioni storiche.

Le altre fratture sul NCQG

Ci sono altre questioni aperte. Per esempio, la spinta dell’Ue e del Regno Unito a incorporare finanziamenti privati nell’architettura finanziaria pubblica non riceve grande sostegno al di fuori dell’Occidente. I Paesi del Sud globale vogliono assicurarsi che quelli più ricchi adempiano ai loro obblighi finanziari senza fare un eccessivo affidamento sul capitale privato.

Emergono anche differenze nell’approccio alla gestione di queste risorse. Il Nord del mondo (incluse Ue, Regno Unito, Svizzera e Canada) sostiene la mobilizzazione delle risorse interne ai singoli Paesi per finanziare iniziative climatiche. Il gruppo AILAC, quello dei Paesi Meno Sviluppati (LDC) e il G77 + Cina indicano, invece, una preferenza per il sostegno finanziario internazionale diretto rispetto agli aggiustamenti fiscali nazionali. Varia anche la durata degli obiettivi. Mentre i Paesi africani e asiatici prediligono un obiettivo quinquennale con revisione, l’UE e la Svizzera chiedono un quadro decennale. 

Tuttavia, tutte le Parti sostengono l’integrazione del monitoraggio dell’NCQG nel quadro di trasparenza potenziato (ETF) già previsto dall’Accordo di Parigi per la revisione degli NDC. Ciò denota che il monitoraggio del NCQG con strumenti già esistenti per ottimizzare tempi e meccanismi costituisce un terreno di incontro e un’area di intervento universalmente considerata prioritaria.

Analizzare queste posizioni e le loro ragioni storiche e politiche è molto importante. Per comprendere non solo le strategie finanziarie in gioco ma anche le correnti geopolitiche più ampie che influenzano l’agenda climatica. Dove il bilanciamento di responsabilità continua a essere oggetto di forti scontri tra economie emergenti e sviluppate.

Uno snodo cruciale

Questo è il contesto in cui i governi del mondo proveranno a confrontarsi per rendere le loro politiche climatiche più rapide ed efficienti. E mantenere gli obiettivi degli Accordi di Parigi un orizzonte ancora realizzabile. 

Quello che ci si aspetta è che a Baku venga messo in pratica il GST. Definendo e implementando un quadro d’azione solido capace di accelerare sostanzialmente i progressi verso gli obiettivi climatici globali. La COP29 sarà inoltre cruciale per affermare definitivamente il ruolo della finanza. E, in questo contesto, rafforzare anche la cooperazione pubblico-privato.

Fonti e approfondimenti

Carbon Brief (2024), Interactive. Who wants what at the COP29 climate change summit.

Climate Action Network International (2024), Guidelines for NDCs 3.0. Delivering on the GST outcome and beyond

Gabbatiss, J. (2024), Rich countries met $100bn climate-finance goal by ‘relabelling existing aid’, Carbon Brief.

Haber, S. & Guilanpour, K. et al. (2024), What are “Investable” NDCs?, Center for Climate and Energy Solutions.

Organisation for Economic Co-operation and Development (2024), The New Collective Quantified Goal on Climate Finance.

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