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L’M23 e l’esercito ruandese stanno prendendo Goma

goma congo

MONUSCO - Wikimedia Commons - CC BY-SA 2.0

Goma è ormai prossima alla caduta. Nella notte tra il 26 e il 27 gennaio, il Movimento del 23 marzo (M23) – il principale gruppo armato nell’Est della Repubblica Democratica del Congo (Rdc) – e l’esercito ruandese – da tempo presente in modo illegale nella Rdc a fianco dell’M23 – hanno preso d’assalto la capitale del Nord Kivu.

È il culmine di un’offensiva che, in dieci giorni, ha permesso ai ribelli di portare sotto il proprio controllo più territorio di quanto ne avessero mai conquistato negli ultimi due anni e mezzo. Grazie al sostegno logistico e militare del Ruanda, l’M23 ha attaccato, una dopo l’altra, diverse città strategiche nei dintorni di Goma. Arrivando così ad accerchiarla, in una manovra a tenaglia che non le sta lasciando scampo.

Un’avanzata inarrestabile

Nato nel 2012 e sconfitto l’anno successivo, l’M23 è tornato in attività nel 2021. In un alternarsi di escalation violente e momenti di maggiore tranquillità, il gruppo armato si è più volte avvicinato a Goma, pur senza conquistarla. È successo nel novembre 2022. E poi a febbraio 2024, quando l’avanzata dei ribelli ha spinto centinaia di congolesi a rifugiarsi nei campi di sfollati alla periferia della città.

Fallito un tentativo di cessate il fuoco, da agosto 2024, l’avanzata dell’M23 è stata lenta, ma inesorabile. E questa volta sì, i ribelli puntavano a Goma.

Con la presa di Masisi (a nord-ovest della capitale del Nord Kivu), il 5 gennaio, il movimento armato si è assicurato un’area strategica, crocevia delle strade che collegano Goma alle aree rurali. Poi, è stata la volta delle città minerarie di Lumbishi, Shanje, Chambo e Bweremana. Fino ad arrivare, il 21 gennaio, a Minova, a sud-ovest. Occupandola, l’M23 ha bloccato la strada nazionale 2, la principale via di approvvigionamento alimentare per Goma. Che quindi si è trovata isolata e, paradossalmente, dipendente dai soli prodotti alimentari ruandesi.

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Le direttrici principali dell'offensiva su Goma. Remix @LoSpiegone da Flickr

Quando, il 23 gennaio, i ribelli sono entrati anche a Sake, a 27 chilometri da Goma, in città ha iniziato a dilagare il timore di un attacco imminente. E la morte del generale Peter Cirimwami – governatore militare del Nord Kivu, ferito al fronte – non ha fatto altro che aggravare la paura.

Nel frattempo, il Ruanda ha iniziato a dispiegare ulteriori truppe (arrivando a circa 3.000-4.000 secondo le Nazioni Unite) lungo il perimetro orientale di Goma, parallelo al confine congo-ruandese (ufficialmente chiuso da domenica sera). Con la scusa di dover garantire la propria sicurezza nazionale, Kigali ha aumentato la pressione sull’esercito congolese (appoggiato dai Wazalendo, una coalizione di movimenti armati ostili all’M23) e facilitato l’avanzata dei ribelli.

L’ingresso a Goma

L’attacco alla capitale del Nord Kivu quindi era imminente. Nella serata del 26 gennaio, sui social media hanno iniziato a circolare video che mostravano esplosioni alla periferia di Goma.

La mattina del 27 gennaio, l’M23 ne ha annunciato la conquista. Dal canto suo, il governo congolese ha detto che l’M23 e i militari ruandesi erano in città e che quanto avvenuto equivaleva a una “dichiarazione di guerra del Ruanda”. Parole che hanno innalzato ulteriormente la tensione tra due Paesi che dal 25 gennaio hanno cessato i rapporti diplomatici e ritirato gli ambasciatori.

Alcuni quartieri sono già nelle mani dell’M23 e dell’esercito ruandese. La stazione radiotelevisiva, inizialmente conquistata dai ribelli, è stata ripresa dall’esercito congolese (Fardc) nella serata del 27 gennaio. Nonostante gli scontri, sembra che l’M23 e i ruandesi non siano ancora riusciti a prendere il controllo degli edifici governativi e dell’aeroporto, presidiato dai caschi blu della Monusco.

Alcune esplosioni si sono verificate anche oltre confine, nelle città ruandesi di Rubavu e Gisenyi. La presenza di elementi delle Fardc e dei Wazalendo è stata confermata, anche se non è chiaro in che misura e quanto profondamente si siano infiltrati in Ruanda.

Nel frattempo, la situazione umanitaria è drammatica. In città, mancano elettricità e acqua corrente dal 25 gennaio. I campi di sfollati alla periferia sono pieni di civili – circa un milione – fuggiti dai loro villaggi, man mano venivano conquistati. Rifugiatisi a Goma, si trovano ora accerchiati dal movimento armato che ha tolto loro ogni via di fuga.

La comunità internazionale

Mentre i combattimenti si intensificavano sempre di più, il vertice straordinario del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla Rdc, inizialmente previsto per il 27 gennaio, è stato anticipato al giorno precedente.

Al di là delle condanne formali, però, la diplomazia internazionale è in una palese situazione di impasse. Questo a causa della riluttanza dei decisori politici occidentali ad agire concretamente contro il Ruanda. Oltre a essere un importante alleato politico e militare di Stati Uniti e Unione europea, Kigali è anche centrale per l’approvvigionamento di minerali critici, contrabbandati e saccheggiati nel Nord Kivu.

Una nuova riunione del Consiglio di sicurezza è stata convocata per il pomeriggio del 28 gennaio. La speranza dei rappresentanti congolesi è che, questa volta, la comunità internazionale sia disposta ad andare oltre le parole, sanzionando il Ruanda e ponendo un embargo alla sua esportazione di minerali critici.

Anche la diplomazia regionale è in una fase di stallo. Né il processo di Luanda – che cerca il dialogo tra il presidente congolese, Félix Tshisekedi, e quello ruandese, Paul Kagame – né quello di Nairobi tra Rdc e M23 hanno mai raggiunto risultati concreti.

Una città strategica

Goma è fondamentale per l’M23 e il Ruanda. La città è un polo economico. Prossima al confine congo-ruandese e affacciata sul lago Kivu, permette di controllare rotte commerciali chiave nell’est della Rdc, oltre agli scambi transfrontalieri.

Ma Goma – in quanto capitale provinciale – è anche un centro politico e la sua conquista ha un forte valore simbolico. Oltre a infliggere un duro colpo al governo centrale, mostrando la sua incapacità nel controllare il territorio, l’M23 ora può consolidare la propria presenza. In un’area su cui, di fatto, esercita già una propria amministrazione, riscuote le tasse e controlla i flussi di risorse naturali essenziali per il finanziamento delle sue operazioni.

Ora, resta da vedere fino a dove si spingeranno l’M23 e il Ruanda. Bukavu, capitale del Sud Kivu, non è lontana e i ribelli hanno già fatto conquiste importanti anche in questa provincia. Nel frattempo, quel che è certo è che la situazione è sempre più tesa e il rischio – data la presenza ruandese nella Rdc e gli scontri nelle città di confine – è un conflitto di proporzioni regionali.

Dopo le due guerre del Congo, se la diplomazia non riuscirà a intervenire efficacemente, si profila all’orizzonte un nuovo capitolo di profonda tensione in un conflitto che dura già da oltre trent’anni.

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