Il Protocollo di Montreal è stato il primo trattato internazionale ratificato da tutti i paesi del mondo. Entrato in vigore il primo gennaio del 1989, si è rivelato uno strumento efficace contro il progressivo assottigliamento della fascia di ozono atmosferico.
L’ozono è un gas naturale presente in atmosfera e raggiunge la concentrazione massima nello strato più basso della stratosfera. Questa fascia, che perciò prende il nome di ozonosfera, è fondamentale per la vita sulla Terra. Le molecole di ozono infatti sono in grado di assorbire le radiazioni UV provenienti dal sole, che sono energetiche e penetranti, tanto da essere in grado di alterare e danneggiare il DNA degli esseri viventi. L’ozono, che non consente ai raggi UV di raggiungere il suolo, protegge uomini, animali e piante.
Nel 1974 tre scienziati americani, Rowland, Molina e Crutzen, che si stavano occupando dello studio dei CFC (clorofluorocarburi, sostanze chimiche sintetiche contenenti cloro, fluoro e carbonio), scoprirono che tali composti erano i principali responsabili di una consistente riduzione dell’ozonosfera. La scoperta ha dato il via ad una serie di provvedimenti in materia, tra cui il più importante è proprio il Protocollo di Montreal.
ODS e il buco dell’ozono
I CFC non sono gli unici composti ad avere effetti distruttivi sulla barriera di ozono. È stata definita a tal proposito una famiglia di sostanze ozono lesive, che sono indicate con la sigla ODS (Ozone Depleting Substances).
Fanno parte dell’elenco nove gruppi chimici, con la caratteristica comune di avere almeno un atomo di cloro o bromo all’interno della molecola:
- Clorofluorocarburi (CFC)
- Altri clorofluorocarburi
- Halon
- Tetracloruro di carbonio (CTC)
- Tricloroetano (TCA)
- Bromuro di metile (MB)
- Idrobromofluorocarburi (HBFC)
- Idroclorofluorocarburi (HCFC)
- Bromoclorometano (BCM)
I CFC, introdotti negli anni ‘30, sono stati usati come agenti refrigeranti, propellenti negli spray, solventi nell’industria elettronica e espandenti negli imballaggi di polistirolo. Gli Halon sono stati usati come agenti estinguenti nei sistemi antincendio, gli HCFC sono invece ottimi sostituti sia per i CFC che per gli Halon. Tutte le altre sostanze sono state utilizzate nelle industrie chimiche.
Una caratteristica comune alle ODS è di essere molto persistenti. Questo consente loro di riuscire ad oltrepassare la troposfera, raggiungere la stratosfera e di rimanervi per decenni. Qui entrano in gioco una serie di reazioni chimiche, il cui risultato è la distruzione dell’ozono (O3), che viene trasformato in ossigeno da parte del cloro (o bromo). Il processo non si arresta subito: il cloro residuo continua ad aggredire l’ozono. È stato stimato che un singolo atomo di cloro può distruggere fino a 10.000 molecole di O3.
I meccanismi di circolazione atmosferica sono tali per cui l’assottigliamento della fascia di ozono raggiunge i livelli massimi al polo sud (con riduzioni fino al 50% del livello normale). Questa consistente riduzione in corrispondenza dell’Antartide appare come un’apertura dalle immagini satellitari e perciò il fenomeno ha preso il nome di buco dell’ozono.
Il Protocollo di Montreal
Alla fine degli anni 70, a seguito della scoperta del buco dell’ozono, il problema delle ODS inizia ad essere discusso a livello internazionale. Grazie anche all’intervento dell’UNEP, nel 1985 la Comunità internazionale elabora un sistema normativo di riferimento: la Convenzione di Vienna per la protezione della fascia di ozono. L’obiettivo condiviso dai paesi firmatari è di proteggere la salute umana e l’ambiente dagli effetti dannosi risultati dalle attività umane, che impoveriscono lo strato d’ozono.
La stesura del Protocollo di Montreal nel 1987 riprende e amplia la Convenzione di Vienna. Nel documento vengono definite le misure per una graduale riduzione e progressiva eliminazione delle ODS. In particolare viene indicato un calendario per i CFC, che ne prevede la messa al bando totale entro il 2030. Il Protocollo, inoltre, disciplina gli scambi commerciali, la comunicazione dei dati di monitoraggio, l’attività di ricerca, lo scambio di informazioni e l’assistenza tecnica ai Paesi in via di sviluppo. Sottoscritto inizialmente da 40 Paesi, è ora ratificato da 197.
Azioni ed emendamenti successivi
Negli anni il Protocollo è stato sottoposto a revisioni ed a frequenti verifiche, che hanno contribuito ad innalzare il livello di rispetto degli obblighi imposti.
Nel 1990 è stato istituito il Fondo Multilaterale Ozono per aiutare i Paesi in via di sviluppo a conformarsi agli impegni di eliminazione delle ODS. Il Fondo ad oggi ha erogato finanziamenti per 3.2 miliardi di dollari per circa 7000 progetti.
Un emendamento significativo è stato approvato durante il 28° incontro delle Parti il 15 ottobre 2016 a Kigali. Con l’emendamento di Kigali le Parti si sono impegnate a ridurre la produzione e il consumo anche di HFC, ovvero il gas che era stato eletto come sostituto dei CFC. Dagli studi più recenti è infatti emerso che gli HFC, pur non essendo delle sostanze ozono lesive, sono comunque dei potenti gas serra, con un impatto migliaia di volte superiore a quello della CO2. Il programma di riduzione prevede un abbattimento del consumo di HFC di oltre l’80% nei prossimi 30 anni.
In questo modo il Protocollo di Montreal contribuirà alla lotta al cambiamento climatico in linea con l’Accordo di Parigi.
Successi attuali e previsioni future
Secondo uno studio pubblicato su Geophysical Research Letters a gennaio del 2018, il buco dell’ozono è in via di guarigione. La ricerca ha analizzato i dati sull’atmosfera terrestre raccolti in un arco temporale di 12 anni e ha dimostrato come l’aumento del livello di ozono sia riconducibile alla diminuzione dei CFC.
L’ozonosfera si sarebbe risanata con un tasso del 3% per decade a partire dal 2000. Le proiezioni stimano che il buco sull’antartide dovrebbe richiudersi entro il 2060.
Il Protocollo di Montreal si qualifica perciò come uno degli accordi internazionali di maggior successo. Inoltre, con l’emendamento di Kigali ha rafforzato la sua qualifica di strumento per la lotta al cambiamento climatico. Si stima infatti che potrebbe evitare l’aumento della temperatura globale fino a 0.5°C, un contributo fondamentale per rimanere al di sotto del limite di 2°C globali.
È perciò necessario continuare a monitorare e verificare l’impegno delle Parti nell’attuazione delle misure previste dal Protocollo, garantendo un’ulteriore e continua riduzione delle ODS. Contemporaneamente dovranno essere trattate e stoccate correttamente le quantità di ODS ancora in circolazione, dovranno essere impediti traffici illegali e dovrà essere garantito che le sostanze di nuovo sviluppo non rappresentino né una minaccia per l’ozono, né un fattore di incremento dell’effetto serra.
Fonti e approfondimenti
Interfred, Nascita, storia e normative gas refrigeranti
United Nations Environmental Program (UNEP), Production and Consumption of Ozone Depleting Substances under the Montreal Protocol 1986 – 2004, 2005
Commissione Europea, Protection of the ozone layer | Azione per il clima
Convenzione di Vienna del 22 marzo 1985 per la protezione dello strato d’ozono, 1985
Gren Studio Service, La Convenzione di Vienna per la protezione della fascia di ozono (1985), 24/2/2011
UNEP, Montreal Protocol assessment reveals healing ozone, untapped potential for climate action | UN Environment, 5/11/2018
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