Il co-housing in Svezia: la Sofielunds Kollektivhus di Malmö
Nell’immaginario comune, la Svezia è sinonimo di natura incontaminata, architettura moderna e qualità della vita. A partire dagli anni Settanta il Paese è diventato però anche sinonimo di co-housing, un modo di abitare alternativo e solidale nato in Danimarca e diffusosi capillarmente in tutta la Scandinavia. Il termine inglese, che tradotto letteralmente significa coresidenza, indica degli insediamenti abitativi composti da alloggi privati, appartamenti o piccole case, che condividono ampi spazi comuni destinati all’uso di tutti. I residenti che decidono di optare per una soluzione abitativa di questo tipo sottoscrivono solitamente un contratto di affitto che include la possibilità di usufruire di tutte le aree comuni indistintamente, ma anche l’obbligo di prendersene cura. La portata rivoluzionaria del co-housing è data proprio dalla combinazione tra l’autonomia tipica di un’abitazione privata e i vantaggi della vita in comunità. Ottimizzazione dei costi e lotta alla solitudine sono i fattori principali che spingono migliaia di persone a trasferirsi in una residenza improntata a questo stile, come i circa cento abitanti della Sofielunds Kollektivhus di Malmö, nel Sud della Svezia. Qui, nella città famosa per il ponte Øresund che collega Svezia e Danimarca, due grandi condomini sono stati convertiti in un esperimento di co-housing di gran successo.
Le peculiarità della Sofielunds Kollektivhus
La Sofielunds Kollektivhus (Sofielund è il nome del quartiere in cui si trova) è iniziata come un progetto dell’amministrazione locale nel 2011, ma i lavori di ristrutturazione e messa in sicurezza dei due palazzi che la compongono sono terminati solo verso la fine del 2014. Alla fine dei lavori erano stati ricavati 45 appartamenti, abitati oggi da nuclei familiari di varie dimensioni, da anziani soli o giovani studenti. Le persone che vivono nella Kollektivhus di Malmö hanno scelto una soluzione abitativa che li faccia sentire meno soli in una grande città. Inoltre, buona parte degli abitanti che dal 2014 hanno iniziato a occupare le piccole unità abitative si conosceva già, facilitando così la messa in pratica del vivere insieme che è la base della filosofia del co-housing. Hanno anche fondato un’associazione, anni prima, per poter iniziare a stabilire le regole per vivere in armonia e per prendersi cura degli spazi comuni: turni per la pulizia, per la cura dei giardini, per la preparazione dei pasti nella gigantesca cucina condivisa. Nonostante alcuni compiti non siano obbligatori, è bene infatti che chi abita in un co-housing partecipi alla sua manutenzione: se ciascuno fa la propria parte, i costi saranno più bassi, così come l’impatto ambientale e lo spreco di risorse.
Architettura e politica
È la stessa architettura di questi stabili a spingere le persone a passare del tempo insieme, a condividere piccoli momenti di quotidianità. Naturalmente non vale per tutti i co-housing del mondo, ma gli edifici di Sofielund sono circondati da grandi balconate comunicanti e ci sono tante scalinate e passaggi interni che collegano un appartamento all’altro. I residenti più anziani e con difficoltà nei movimenti si possono sentire più tranquilli sapendo di non essere mai realmente soli e i bambini hanno sempre qualcuno con cui giocare. I genitori lavoratori risparmiano molto ogni mese non dovendo pagare una baby-sitter, perché c’è sempre un vicino disponibile a dare una mano. Anche le spese condominiali sono pressoché inesistenti, visto che il collettivo dei condomini si prende cura di tutte le incombenze burocratiche e insieme si porta avanti la manutenzione dei palazzi.
In un’intervista al sito di architettura e design statunitense Houzz, la presidente dell’associazione dei condomini Hilda Gustaffson racconta che la maggior parte delle persone che sceglie di vivere in quello che chiama un “condominio solidale” è anche mossa da un pensiero politico. Il sistema capitalista di stampo statunitense ha fatto delle abitazioni unifamiliari un simbolo di benessere e ricchezza, a scapito però della socialità e della solidarietà. Gli appartamenti della Kollektivhus sono inoltre più sostenibili: la cucina comune riduce gli sprechi alimentari e permette anche a chi è in difficoltà di avere un pasto caldo assicurato. Infatti, uno dei principi cardine della vita nel co-housing è aiutare gli altri.
La particolarità della Kollektivhus di Sofielund
Ciò che rende il co-housing di Sofielund unico sono l’efficiente divisione dei compiti tra i condomini e l’amministrazione chiara e trasparente di tutti gli aspetti della vita comunitaria. Consultando il sito ufficiale dello stabile si possono reperire informazioni sulla planimetria dei vari appartamenti, le attrezzature disponibili negli spazi comuni e sugli eventi organizzati quotidianamente. Dal 2016, i 45 appartamenti sono occupati da un totale di 150 inquilini, e anche se la disponibilità di un alloggio non è facile da prevedere, è possibile registrarsi nella sezione coda appartamenti per quando si libererà un posto. Sul sito è reperibile anche uno statuto ufficiale della Kollektivhus, che riporta tutte le norme da rispettare una volta preso in affitto un appartamento, ma anche i requisiti per essere accettati. Naturalmente non c’è spazio per pregiudizi o discriminazioni: chiunque può venire a Sofielund, basta che si tratti di persone pronte a rinunciare all’individualismo tipico delle grandi città. Sta infatti in questo la filosofia del co-housing che affascina sempre più persone: rompere con il tradizionale concetto di condominio in cui nessuno sa nulla dei propri vicini e abbracciare uno stile di vita collaborativo e solidale, attento alle esigenze di tutti e dell’ambiente.
Fonti e approfondimenti
Threshold Centre Cohousing Community.
Whateley L., Grin and share it: the rise of the midlife housemate, The Guardian, 13/06/2015.
Editing a cura di Cecilia Coletti
Copertina di Simone D’Ercole
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