Ricorda 1932: L’Holodomor

Riccardo Barelli - Remix Lo Spiegone - maidan.org.ua - Wikimedia

Fra l’autunno del 1932 e la primavera del 1933 una terribile carestia investì il territorio della Repubblica Sovietica Ucraina, causando la morte di milioni di persone. Sebbene anche il Caucaso settentrionale, il Kazakistan, la regione del Volga, la Siberia occidentale e gli Urali meridionali abbiano subito una sorte simile, in Ucraina il fenomeno viene ricordato come vero e proprio sterminio per fame della popolazione ucraina: Holodomor.

Il termine, coniato appositamente per descrivere un evento senza precedenti nella storia del Paese, racconta infatti una sofferenza inedita, inflitta, secondo alcune interpretazioni, in maniera sistemica: l’Holodomor rappresenta ancora oggi una ferita aperta nei confronti di Mosca. Per comprendere l’entità del fenomeno, è necessario guardare alle politiche di collettivizzazione messe in atto da Stalin già dagli anni precedenti.

La collettivizzazione dell’agricoltura in URSS

A partire dalla seconda metà degli anni ‘20, l’URSS intraprese un percorso di trasformazione e regolamentazione della propria struttura economica e sociale. L’agricoltura, settore economico fondamentale in Ucraina grazie al terreno estremamente fertile, fu al centro del  Primo Piano Quinquennale.

Dal 1927 i lavoratori agricoli furono invitati ad aderire ai Kolchoz (cooperative agricole) e Sovchoz (aziende agricole di Stato), per aumentare la produzione di cibo e risorse destinati all’esportazione. Queste realtà dovevano vendere parte del loro prodotto a prezzi e quantità fissate dallo Stato, che assunse man mano il controllo sia delle terre che della produzione.

I piccoli imprenditori agricoli sovietici (definiti kulaki, contadini benestanti proprietari di porzioni di terra, macchinari agricoli, bestiame e con almeno un operaio alle proprie dipendenze), che si erano appena liberati dal giogo imperiale e avevano beneficiato della redistribuzione delle terre avviata da Lenin dopo la Rivoluzione d’ottobre, non accettarono di buon grado l’esproprio dei loro beni da parte dello Stato sovietico.  

Alle loro proteste, Stalin reagì in maniera coercitiva: il periodo tra il 1929 e il 1932 vide l’imposizione della collettivizzazione forzata, ovvero la fine della proprietà privata della terra. Funzionari governativi da Mosca furono inviati nelle campagne per requisire le quantità previste dalla pianificazione centralizzata e mettere in atto le nuove norme, sostituendosi ai lavoratori delle cooperative e procedendo anche alla cosiddetta dekulakizzazione, cioè all’eliminazione fisica o alla deportazione in campi di lavoro forzato dei contadini e dei piccoli proprietari terrieri che si opponevano alle politiche del governo centrale.

La repressione contadina in Ucraina e la carestia del ‘32-’33

Queste misure risultarono particolarmente violente in Ucraina, Repubblica a vocazione spiccatamente agricola dove i kulaki costituivano un gruppo molto rilevante della popolazione e dove le “terre nere” assicuravano una produzione agricola molto ricca. Nella Repubblica Socialista Sovietica Ucraina fu  collettivizzato il 70% delle fattorie, a fronte di una media del  59% nel resto dell’Unione Sovietica. I contadini si ribellarono strenuamente, ricorrendo a molti mezzi, come l’occultamento delle derrate alimentari e l’uccisione del bestiame affinché non fosse consegnato ai kolchoz.

La reazione di Mosca fu estremamente dura: il 7 agosto 1932 fu introdotta la pena di morte e condanne a pene detentive per reati quali la sottrazione di grano, cereali o cibo in genere, anche per uso personale. 

Con il sopraggiungere dell’autunno, la situazione già instabile si tramutò in vera e propria carestia. Le condizioni climatiche sfavorevoli si andarono a sommare ai cattivi raccolti degli anni precedenti. L’inefficienza delle politiche di collettivizzazione causò confusione e diseguaglianza nella spartizione delle derrate, e la resistenza a queste politiche indebolì ulteriormente la produzione. 

Non solo: per l’autunno 1932 le autorità di Mosca richiesero all’Ucraina un impraticabile incremento significativo del raccolto. Quando, alla fine di ottobre, ricevettero solo il 39% del grano richiesto, accusarono i contadini ucraini di sabotaggio. 

Più di 100.000 persone, perlopiù kulaki e membri dell’intelligencija, furono condannate sulla base del decreto del 7 agosto: cinquemila furono giustiziate e oltre 26mila imprigionate. Una speciale commissione, capeggiata dal Ministro degli Esteri dell’URSS Vjačeslav Molotov, fu inviata a requisire il grano mancante; al contempo, fu ordinato di confiscare tutti i cibi e beni  possibili, comprese sementi e macchinari. Le fattorie subirono incursioni e devastazioni.

Holodomor: morte per fame

In pochi mesi, la fertile Ucraina si trasformò in luogo di sterminio. Interi villaggi si spopolarono per inedia e anche a causa delle deportazioni di massa della popolazione contadina. L’introduzione del “passaporto interno” da parte del Politburo nel dicembre 1932 consentiva il trasferimento per lavoro dalle campagne alle città solo con il permesso del PCUS, che veniva sistematicamente rifiutato. La popolazione contadina ucraina, scampata alle condanne e alle deportazioni, si ritrovò così bloccata in una terra ormai privata di risorse. 

Il governo sovietico negò la criticità della situazione e il proprio coinvolgimento attivo in essa, proibendo al contempo ai cittadini stranieri di visitare la regione. Nel frattempo, il Politburo diede inizio a iniziative di facciata per ovviare alla crisi, con forniture di latte e campagne di mobilitazione. Tuttavia, queste azioni si rivelarono ampiamente insufficienti e in netto contrasto con le politiche attuate dal governo sovietico. In seguito, testimoni oculari riferirono situazioni estreme: gruppi di bambini in fuga, cadaveri per le strade, fosse comuni, casi di cannibalismo.  

A questa realtà si riferisce il termine Holodomor, unione dei termini holod (fame, carestia) e moryty (uccidere, esaurire, condannare a morte), rimasto quasi tabù anche nella stessa Ucraina fino alla dissoluzione dell’URSS.

La mietitura del 1933 permise di evitare l’aggravarsi della carestia, ma non di risanare la situazione. Mosca incrementò le requisizioni proprio alla luce del buon raccolto, e i casi di dissenso furono nuovamente repressi attraverso la deportazione di intere comunità. 

E’ in questo contesto di attacco alla base identitaria del Paese, il mondo contadino, che centinaia di funzionari politici russi vennero inviati in Ucraina per contrastare le ultime tracce di opposizione a Stalin e di nazionalismo ucraino, sostituendo anche i funzionari locali nell’ottica della russificazione del Paese.

Il dibattito attuale

Gli storici sono concordi sul fatto che milioni di persone morirono d’inedia in Ucraina tra il 1932 e il 1933. 

Tuttavia, c’è discordanza sulle stime esatte delle vittime, che variano tra 1,5 e 10 milioni a seconda delle fonti e delle interpretazioni. I dati dell’Istituto Ptoukha di demografia e studi sociali dell’Accademia Ucraina delle Scienze riportano 4.5 milioni di perdite a causa dell’Holodomor in Ucraina tra il 1932 e il 1933. Inoltre, confrontando il censimento del 1933 con quello del 1926 si evince che, nel periodo interessato, all’aumento del 15,7% della popolazione dell’URSS corrispose in Ucraina un calo del 9,9%. 

Alla 61ma Assemblea delle Nazioni Unite, nel 2006, l’allora ministro degli esteri ucraino Tarasjuk dichiarò che tra il 1929 e il 1939 si contarono 7-10 milioni di morti, considerando anche le persone costrette a emigrare e le nascite mancate a causa della fame e dell’infertilità. 

La mancanza di documentazione ufficiale e il silenzio di Mosca ancora oggi circa le morti che afflissero l’intero blocco sovietico, e l’Ucraina in particolare, a causa della carestia del 1932-33 non permettono una stima esatta delle conseguenze del fenomeno.  

Anche la classificazione stessa dell’Holodomor è oggetto di discussione a livello internazionale, specialmente in termini di intenzionalità. Chi non riconosce l’ipotesi del genocidio, come la Russia, asserisce che la carestia e le morti ad essa connesse non sarebbero da considerarsi effetto di politiche deliberate nei confronti della Repubblica Sovietica Ucraina, quanto invece di fattori concomitanti: condizioni climatiche avverse, scarsità dei raccolti, insufficiente coordinazione a livello regionale, difficoltà nell’implementazione di nuove politiche economiche. L’argomentazione alla base di queste posizioni sarebbe la diffusione della carestia e delle morti per fame anche in altre Repubbliche e regioni interne alla Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa, allora il centro del potere sovietico. I numeri disponibili riportano però uno sbilanciamento in termini di spopolamento per carestia in quegli anni: su cinque milioni di morti dichiarati in tutta l’URSS, almeno quattro sarebbero di nazionalità ucraina.

Per affamare la fertile Ucraina era davvero necessario un evento senza precedenti. La convinzione più diffusa, dunque, è che quanto accaduto in Ucraina fosse tra gli obiettivi delle politiche agricole ed economiche introdotte da Stalin. Solo recentemente si è avuto accesso ad archivi dell’epoca; questi testimonierebbero di come la carestia sia stata sfruttata intenzionalmente dal regime sovietico per colpire i centri nevralgici del Paese, rappresentati in particolare da contadini e kulaki, e attuare il nuovo disegno di ingegneria sociale volto alla russificazione generale per sedare i nazionalismi che minacciavano il governo centrale. Si tratta, quindi, di un dibattito fondato non solo sull’intenzionalità della manovra, ma anche una duplice interpretazione: etnica e di classe. Anche il console italiano a Mosca Sergio Gradenigo già nel 1933 scriveva a Roma che “la carestia è stata deliberatamente pianificata dal governo di Mosca e messa in atto attraverso requisizioni brutali. Lo scopo definitivo di questo crimine è liquidare il problema ucraino in pochi mesi, sacrificando da 10 a 15 milioni di persone”. 

Nel 2008, il Parlamento Europeo ha classificato l’Holodomor comecrimine contro il popolo ucraino e contro l’umanità. Le Nazioni Unite non si sono mai pronunciate con risoluzioni comuni, nonostante gli svariati solleciti di numerosi Paesi in merito, arrivando al massimo a definire l’Holodomor come il “risultato di politiche e azioni crudeli che provocarono la morte di milioni di persone”, anche a causa del veto di Mosca che ancora oggi sminuisce quanto accaduto.

A livello internazionale, solo 19 Paesi hanno riconosciuto ufficialmente l’Holodomor come genocidio a livello statale. Tra questi, naturalmente, l’Ucraina, che dal 2006 ha stabilito di ricordare la sua tragedia più grande ogni quarto sabato di novembre e continua la sua lotta per la memoria e il riconoscimento dei caduti.

 

Fonti e approfondimenti

Applebaum, Anne, Red Famine: Stalin’s War on Ukraine, Anchor, 2017

Conquest, Robert, The Harvest of Sorrow: Soviet Collectivization and the Terror-Famine, Oxford University Press, 1986

Graziosi, Andrea, Lettere da Kharkov: La carestia in Ucraina e nel Caucaso del Nord nei rapporti dei diplomatici italiani. 1932-33, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1991

HOLODOMOR: la memoria negata – film documentario

Snyder, Timothy, Bloodlands: Europe Between Hitler and Stalin, Basic Books, 2010

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