Nel 1958 la Guinea Conakry ottenne la propria indipendenza dalla Francia. Fu un passo coraggioso e pericoloso, che fece del Paese la prima colonia ufficialmente libera, ma che allo stesso tempo la fece ritrovare isolata e la costrinse ad affrontare numerose sfide. Sékou Touré, l’Elefante, fu colui che gestì il passaggio e che trasformò, volente o nolente, la Guinea in un paese di stampo socialista.
Tutto ebbe inizio a metà degli anni ’50. L’allora governo Mollet, resosi conto del fatto che i costi riguardanti l’amministrazione dei territori d’oltremare e gli investimenti per lo sviluppo superavano i guadagni, decise di provvedere alla modifica del sistema di gestione. Se confrontata con l’altra potenza coloniale (la Gran Bretagna), la Francia ha sempre utilizzato un sistema di controllo delle colonie più diretto, definito appunto direct rule, secondo il quale il governo dei territori d’oltremare era affidato a commissari francesi.
Era proprio tale sistema a rendere le spese amministrative eccessive e il governo, tramite il Ministro delle Francia d’Oltremare Gaston Deferre, provvide a una parziale decentralizzazione. La loi-cadre Defferre del 1956 permise la creazione di consigli di governo nei territori d’oltremare che sarebbero stati eletti a suffragio universale concedendo loro, e alle assemblee locali, maggiore autonomia.
La mossa si rivelò insufficiente. In Africa fremevano ormai ovunque movimenti indipendentisti: già dalla fine degli anni ’40 era attivo in tutti i territori francesi il Rassemblement Démocratique Africain (RDA). Checché se ne pensi, il gruppo aveva ideologie moderate e chiedeva maggiore autonomia, sostenendo l’inappropriatezza della Costituzione francese del 1946. Alleato del Partito Comunista Francese, l’unica delle forze di governo in cui aveva trovato appoggio, venne subito etichettato come sovversivo e, oltre a subire le conseguenze della repressione, si ritrovò presto senza rappresentanza in Francia essendo stato, il PCF, escluso dall’esecutivo. Il Parti Démocratique de Guinee, il partito di Touré, era proprio una sezione locale del più grande RDA.
Nel frattempo, in Francia, a causa soprattutto dell’incapacità della classe dirigente di risolvere la questione algerina, si fece appello al Generale de Gaulle, che assunse nel 1958 il ruolo di Presidente del Consiglio. Il Generale, che aveva per lungo tempo criticato con forza le istituzioni della IV Repubblica, ree di aver fatto diventare la Francia uno stato debole e incapace di tornare a fare parte del gruppo delle grandi potenze, organizzò un referendum per l’approvazione della Costituzione della V Repubblica, che avrebbe trasformato la Francia in una repubblica presidenziale.
Il referendum del 28 settembre, oltre a modificare l’assetto istituzionale interno francese, prevedeva una parte riservata alle popolazioni coloniali che potevano scegliere tra l’accettazione della nuova Costituzione – e quindi l’entrata a far parte della Comunità Francese, che sostituiva la vecchia Unione Francese esistente dal 1946 -, oppure il rifiuto della Costituzione e del nuovo sistema amministrativo e la conseguente indipendenza immediata.
Spinti dalle minacce di De Gaulle, più volte chiaro sul fatto che la secessione sarebbe costata cara alle ex colonie, e prevedendo doveri e rischi, tra i quali la chiusura della collaborazione e degli aiuti in seguito a un’eventuale decisione del genere da parte dei possedimenti francesi, tutti i territori d’oltremare accettarono la nuova costituzione. Tutti, tranne la Guinea di Sékou Touré, dove il “no” ottenne il 94%.
De Gaulle era stato a Conakry, capitale della Guinea, alla fine di agosto, durante il viaggio in Africa per spingere le colonie ad accettare la costituzione. Fu in questa occasione che Touré pronunciò la celebre frase “Il n’y a pas de dignité sans liberté. Nous preferons la liberté dans la poverté, à l’opulance dans l’esclavage” (“Non esiste dignità senza libertà. Noi preferiamo la libertà nella povertà, alla ricchezza nella schiavitù”).
Come De Gaulle aveva promesso, le conseguenze per la Guinea furono molto pesanti: il Paese venne abbandonato, politicamente ed economicamente, in un processo che era in realtà cominciato subito dopo l’esternazione della volontà di votare “no”. Al referendum seguì il tentativo da parte della Francia di isolare la Guinea anche a livello internazionale, rifiutando di riconoscerne l’indipendenza e spingendo anche i suoi alleati a fare altrettanto.
Sékou Touré, consapevole della grave crisi finanziaria in cui versava il suo Paese, si consultò con Kwame Nkruma, presidente del Ghana, ex colonia inglese già indipendente dall’anno precedente, il quale accettò di aiutarlo concedendogli un prestito di £ 10 milioni. L’atto di solidarietà di Nkruma segnò l’inizio di un lungo rapporto di collaborazione e fiducia tra i due paesi, dimostrata quando, nel 1959, i due firmarono un progetto di unione, che però non venne mai messo in pratica, e nel momento in cui Touré offrì asilo a Nkruma nel 1966, dopo che questi era stato spodestato da un colpo di stato, nominadolo anche vicepresidente ad honorem della Guinea.
Sentendosi ormai abbandonato dalle potenze occidentali, Touré trovo appoggio, soprattutto economico e finanziario, nella compagine socialista: l’Unione Sovietica e la Cina si mostrarono presto pronte a sostenerne l’indipendenza e, dopo Ghana e Liberia, furono i primi a riconoscerla.
Da quel momento in poi la Guinea plasmò sé stessa – per volere di Sékou Touré, ma spinta dal disinteresse della Francia e dei suoi alleati – in uno stato socialista. Presto il Parti Démocratique divenne l’unica organizzazione politica legale: solo coloro che ne facevano parte potevano ambire a occupare posizioni pubbliche e Touré fu rieletto ogni sette anni fino alla sua morte, avvenuta nel 1984. Durante il suo periodo al potere non mancarono violazioni dei diritti umani, incarcerazioni sommarie e omicidi; ne furono vittime sia i suoi nemici, che i suoi collaboratori ritenuti non sufficientemente fedeli. Finirono in carcere ministri, scomparvero deputati e Touré riuscì a sventare numerosi colpi di stato e tentati omicidi. Si stima che quasi due milioni di persone abbiano lasciato il Paese spaventate dal regime di terrore.
L’ideologia socialista di Touré era differente da quella marxista classica: innanzitutto la lotta di classe non venne posta alla base del processo di cambiamento volto allo stravolgimento della società ma, al contrario, fu intesa come un demone che rischia di frammentare l’unità del popolo, il quale deve invece essere unito per combattere contro le forze coloniali e gli sfruttatori. Sembra che anche il sistema fortemente autoritario da lui istituito sia sintomo delle sue credenze politiche di base socialista, che lo portavano a credere a un sistema con partito unico in grado di creare una relazione così stretta tra lo stato e il popolo da permettere, in futuro, un governo popolare diretto privo dell’intermediazione delle istituzioni. Questa visione portava il presidente ad avere una forte fiducia nei cittadini, perno centrale della società, che giovarono di importanti riforme nei campi dell’istruzione e della parità di genere.
Per risanare l’economia e le finanze della Guinea, Touré optò comunque per politiche di stampo tendenzialmente marxista classico: si mise in atto un processo di nazionalizzazione delle compagnie esterne e vennero istituiti dei piani di sviluppo fortemente centralizzati. Tali strumenti non aiutarono particolarmente la crescita economica del Paese, che rimase povero, nonostante le sue grandi riserve di materie prime. Fu probabilmente per questo che non appena se ne presentò l’occasione, cioè quando i rapporti tra Francia e Guinea si distesero alla fine degli anni ’70, la Guinea si aprì agli investimenti e ai flussi di capitali stranieri, lanciando i primi segnali di volontà di abbandono del sistema marxista.
Sékou Touré, che continuò a governare la Guinea fino alla sua morte avvenuta nel 1984, è stato definito e descritto, persino dal suo biografo, come un eroe e un tiranno. Egli ha liberato la Guinea dal giogo francese, presentandosi come esempio per tutti gli altri stati del continente, ma ha anche creato un sistema socialista repressivo e violento, oltre che inefficace. La solida base ideologica del suo credo è stata oscurata dalla brutalità delle sue pratiche e dal fallimento dei suoi progetti economici. Purtroppo, anche l’eroe della decolonizzazione, del potere del popolo e dell’uguaglianza, fece fatica ad avvicinarsi alla democrazia.
Fonti e approfondimenti:
- http://uca.edu/politicalscience/dadm-project/sub-saharan-africa-region/guinea-1958-present/
- http://www.kznhass-history.net/files/seminars/Schmidt2008.pdf
- Foreign Intervention in Africa. From the Cold War to the War on Terror, Elizabeth Schmidt
- https://www.nytimes.com/1984/03/28/obituaries/ahmed-sekou-toure-a-radical-hero.html
- https://www.sahistory.org.za/sites/default/files/DC/slfeb90.6/slfeb90.6.pdf
- http://www.guinee-plurielle.com/article-sekou-toure-guinea-s-hardline-hero-or-visionary-villain-121686952.html
Tutti quelli che non sono caduti sotto le sconfitte imperialiste dell’Occidente vengono facilmente qualificati demoni dagli stessi.
Sékou Touré non è mai stato dittatore ma era un gran visionista che, se fosse seguito nelle sue idee di Africa dagli altri dirigenti come Senghor e Felix Ophouet B che purtroppo si sono rivellati traditori per tutta l’Africa, l’Africa avrebbe superato anche la Cina attuale sul punto di vista sviluppo economico e benessere.
Per far cadere il regime di Touré, la francia ha provato ogni mezzo possibile fino al punto di utilizzare alcuni guineani armandoli contro il loro proprio Paese dando loro miliardi di false stampe del franco Guineano da iniettare nel mercato della Guinea affine di uccidere economicamente il Paese nascente. Questi cittadini indegni che si sono venduti al nemico della loro nazione, sono stati arrestati, giudicati, condannati ed alcuni esecuti…. Visto che la non riuscita di questi complotti francesi rappresentavano per la Francia un fallimento, ha cominciato subito le sue propagande contro il Touré con il qualificativo DITTATORE SANGUINARIO.
Sékou Touré rimarrà per noi un eroe eterno ed immortale e più passa il tempo, più diventa un modello per i giovani africani… Ci serve esattamente tutto quello che voleva lui per l’Africa per poter parlare di un’Africa libera ed emancipata.