Teachers’ Strike 2018: la vittoria di docenti e studenti in Oklahoma

Di tutti i movimenti nati in America negli ultimi anni – Black Lives Matter, MeToo, March For Our Lives – ce n’è uno che, pur avendo avuto meno risonanza di questi, probabilmente a causa del suo radicamento solo in alcuni red states (ovvero Stati storicamente controllati dai Repubblicani) e della sua marcata settorialità, comunque ci offre uno spaccato interessante di alcune delle realtà più nascoste, ma non per questo meno importanti, degli USA: parliamo dei Teachers’ Strike del 2018.

Per Teachers’ Strike si intende la serie di scioperi e manifestazioni, iniziati il 22 febbraio scorso in West Virginia, portata avanti dai docenti delle scuole cosiddette K-12 (ovvero riguardanti il periodo che va dal Kindergarten all’High School) e che ha coinvolto in successione anche altri Stati americani – Oklahoma, Kentucky, Arizona, North Carolina, Georgia – tutti Stati con condizioni simili per quanto riguarda il sistema scolastico. Tra questi, il movimento dell’Oklahoma merita un’attenzione particolare, nonostante tutte le proteste siano rilevanti e fortemente interconnesse tra loro.

La protesta nel Sooner State è iniziata ad aprile 2018, in reazione alle condizioni disastrose in cui versa l’istruzione pubblica. Dovendo fare i conti con un deficit di un miliardo di dollari nei fondi per la scuola, dovuto sia all’inefficienza del sistema di reperimento dei fondi per la scuola pubblica (che derivano in gran parte da settori troppo volatili per offrire entrate stabili, ovvero le tasse sulla proprietà e le tasse alle compagnie petrolifere), sia al taglio delle tasse sui redditi che ha alleggerito il bilancio per l’istruzione, negli ultimi anni il governo ha effettuato pesanti tagli alla spesa per l’istruzione.

Inoltre, anche il sistema politico-istituzionale è stato messo sotto accusa, soprattutto a causa della State Question 640, la legge del 1992 che impone una maggioranza del 75% in entrambe le Camere dello Stato per approvare qualsiasi riforma che aumenti le tasse e, di conseguenza, i fondi pubblici da investire in un aumento dei redditi o delle entrate per le scuole, rendendo questo di fatto impossibile per i legislatori.

Il risultato combinato di questi fattori è che il sistema scolastico, in Oklahoma, semplicemente non funziona. I professori devono fare i conti con salari tra i più bassi degli USA, classi affollate e mancanza di materiali, tant’è che molti di loro ogni anno fuggono al di fuori dello Stato, dove sanno che potranno ricevere stipendi molto più alti per il loro lavoro. Quelli che restano, invece, sono costretti a svolgere almeno altri due, tre lavori per mantenere le proprie famiglie. A tutto questo si aggiunge la frustrazione derivante dalla consapevolezza di essere in una situazione di stallo istituzionale.

La crisi di bilancio esplosa negli ultimi anni, con le tasse sui settori immobiliare e petrolifero che non sono state in grado di garantire un flusso costante e consistente di entrate nelle casse dell’Oklahoma, ha quindi generato un effetto a catena, per cui lo Stato si è trovato a fare i conti con una situazione emergenziale sia dal punto di vista economico, sia del capitale umano, in particolare a causa dell’esodo dei professori, che ha tolto ulteriori risorse alle scuole e ha aggravato la situazione d’emergenza. L’ultimo anello di questa relazione causa-effetto sono gli studenti, i cui risultati peggiorano perché il sistema non è semplicemente più in grado di garantire gli standard minimi per un’istruzione di qualità.

Il punto di rottura definitivo si è raggiunto il 28 marzo scorso, quando il Senato dello Stato ha bocciato la legge che avrebbe finanziato un aumento di 6,100$ annui per i docenti, facendo partire lo sciopero e le proteste, che hanno fin da subito riscosso grande partecipazione, coinvolgendo decine di migliaia di persone.

Come quasi tutti gli altri movimenti nati negli Stati Uniti negli ultimi anni, anche le proteste dei Teachers’ Strike si sono strutturate come un grassroot movement, ovvero non sostengono direttamente né i sindacati (coi quali comunque collaborano nelle fasi di contrattazione), né alcun partito politico, ma nascono dal basso e cercano di sfruttare il leverage politico di cui dispongono per fare lobbying sulle istituzioni dello Stato e cambiare così la situazione a proprio favore.

É stato proprio questo tipo di organizzazione che li ha resi un movimento efficace, perché ha permesso loro di diffondersi a macchia d’olio, con grande velocità, oltrepassando anche i confini dei singoli Stati. Considerato che quelli coinvolti nella protesta sono territori con una tradizione tendenzialmente repubblicana, in cui il GOP è fortemente radicato, le istituzioni spesso sono poco recettive su temi come la spesa sociale e gli investimenti nell’istruzione (che non sono propriamente cavalli di battaglia dei repubblicani), mentre i sindacati hanno generalmente un basso potere contrattuale. Ciononostante, il movimento è riuscito a portare alla ribalta la questione, imponendo il tema sull’agenda politica non solo locale ma anche nazionale, facendo leva su una mobilitazione forte, sull’uso dei social media come piattaforma per la diffusione delle notizie e grazie all’alleanza strategica che si è venuta a creare tra i movimenti nei diversi Stati.

La forza che hanno avuto i Teachers’ Strike è facilmente desumibile dai risultati raggiunti in termini puramente politici. Se è vero che in Georgia e North Carolina, infatti, le proteste ancora non si sono concluse, in tutti gli altri Stati invece il movimento dei professori ha ottenuto delle vittorie importanti. L’Oklahoma, in particolare, è stato il caso più eclatante, con il governo che dopo pochi giorni ha dovuto cedere a molte delle richieste del movimento, mettendo in campo diverse misure di impatto considerevole: un aumento di 6,000$ annui per i docenti, di 1,250$ annui per il resto del personale delle scuole e ulteriori 50 milioni di $ di investimenti, finanziati tramite l’aumento delle tasse per le compagnie produttrici di tabacco e sul consumo di carburante.

La cosa importante da ricordare è che non saranno solo i docenti a beneficiare dell’aumento dei finanziamenti alle scuole pubbliche. La situazione emergenziale che si era venuta a creare, infatti, ricadeva in gran parte sugli studenti, che vedevano alcuni dei loro professori fuggire oltre confine, mentre quelli che restavano facevano i conti con una motivazione pressoché inesistente a continuare e con uno stress costante causato dalle routines lavorative insostenibili, che li costringevano a lavorare in modo incessante anche dopo l’orario scolastico, per garantire uno standard decente di vita alle loro famiglie. Gli investimenti ottenuti ad aprile non saranno rivoluzionari, ma sono il tassello iniziale per permettere all’Oklahoma di ricostruire un sistema scolastico funzionale.

I successi formativi degli studenti, infatti, sono positivamente correlati al livello di spesa pubblica per la scuola, il che significa che ogni $ investito in istruzione migliora l’outcome per gli alunni in termini di risultati standardizzati nei test. Questo, specialmente in un sistema scolastico come quello americano, basato principalmente sui meriti individuali, dove per accedere alle università di fascia medio-alta sono necessari punteggi SAT molto alti, diventa una discriminante fondamentale nel momento in cui sono in gioco le possibilità di mobilità sociale degli studenti.

Per questo, guardare ai Teachers’ Strike interpretandoli solo ed esclusivamente come una vittoria dei docenti, significa dare una lettura solo parziale di ciò che è stato ottenuto. I benefici ricadranno sul sistema scolastico in generale, sulla sua qualità e, cosa più importante, sulle opportunità che avranno gli studenti di migliorare le proprie traiettorie sociali. Questo, prima di tutto, rende questo movimento un successo e un esempio di come i grassroots movements siano, in questo momento, una delle principali forze motrici dell’opposizione e del cambiamento negli USA.

Fonti e approfondimenti:

https://www.huffingtonpost.com/entry/opinion-hazell-oklahoma-teachers-strike_us_5ac7f017e4b0337ad1e821f3

https://www.brookings.edu/blog/brown-center-chalkboard/2018/04/12/oklahoma-teacher-walkouts-backstory/

https://www.brookings.edu/blog/brown-center-chalkboard/2018/04/06/hidden-factors-contributing-to-teacher-strikes-in-oklahoma-kentucky-and-beyond/

https://www.nytimes.com/2018/06/04/upshot/school-funding-still-lags-after-recession-ended.html

https://www.nytimes.com/2018/04/12/us/oklahoma-teachers-strike.html

https://www.newyorker.com/magazine/2018/06/04/the-teachers-strike-and-the-democratic-revival-in-oklahoma

http://time.com/5239548/oklahoma-teachers-walkout-ends/

http://theconversation.com/5-things-to-know-about-the-teacher-strike-in-oklahoma-94277

https://www.nytimes.com/2018/06/04/upshot/school-funding-still-lags-after-recession-ended.html

https://www.nytimes.com/interactive/2018/09/06/magazine/teachers-america-second-jobs.html

https://okpolicy.org/the-education-funding-package-is-a-major-step-forward-theres-more-work-to-do/

Be the first to comment on "Teachers’ Strike 2018: la vittoria di docenti e studenti in Oklahoma"

Leave a comment

Your email address will not be published.


*


%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: