La Corte di giustizia UE riconosce il rapporto di filiazione per le coppie omosessuali

rapporto di filiazione
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La Corte di giustizia dell’UE compie un importante passo avanti nell’obbligo del riconoscimento del rapporto di filiazione tra coppie omosessuali attraverso il diritto alla libera circolazione e alla cittadinanza europea. Nella recente sentenza del 14 dicembre 2021, resa nel caso C-490/20 PPU, la Grande Sezione, infatti, si è espressa sulla portata del diritto di libera circolazione e di soggiorno negli Stati membri dell’Unione europea, con importanti risvolti, anche sul piano del diritto internazionale privato, rispetto alla questione della circolazione degli status familiari (inclusa l’omogenitorialità) nello spazio giudiziario europeo.  

Il caso

La CGUE si è espressa grazie al rinvio pregiudiziale disposto dal Tribunale amministrativo di Sofia, in Bulgaria, dove il personale del Comune della città si è rifiutato di rilasciare un certificato di nascita (necessario per richiedere la cittadinanza bulgara) per una minore, nata nel 2019 in Spagna e riconosciuta dallo Stato spagnolo come figlia di due donne: una con cittadinanza bulgara e una con cittadinanza britannica. Nel certificato di nascita della bambina, rilasciato dalle autorità spagnole competenti, entrambe le donne sono indicate come «madre». La motivazione addotta per il rifiuto del rilascio del certificato di nascita da parte dello Stato bulgaro risiedeva nell’impossibilità per il modello dell’atto di nascita di inserire più di una persona come «madre».  Inoltre, la donna richiedente il certificato si era rifiutata di indicare l’identità della madre biologica della bambina. 

La Corte di giustizia, per la prima volta, è stata chiamata a esprimersi sulla controversa questione del legame di filiazione tra un minore e genitori dello stesso sesso, con riferimento al godimento dei diritti derivanti dalla libera circolazione. I giudici di Lussemburgo hanno, in questo senso, affermato l’obbligo degli Stati membri di assicurare il pieno esercizio di tale diritto da parte del minore, in quanto cittadino europeo. Il minore ha il diritto di poter viaggiare con entrambi i genitori, non rilevando in alcun modo il legame biologico o giuridico degli stessi con il figlio. Nel diritto di accompagnare il minore, i genitori devono poter disporre di un documento che menzioni tale rapporto di filiazione in capo ad entrambi; in pieno accordo con quanto disposto dalla Direttiva 2004/38/CE

La questione del rispetto dell’identità nazionale bulgara

Il giudice bulgaro del rinvio ha prospettato l’ipotesi secondo cui il rilascio del certificato di nascita, con indicazione di entrambe le madri della minore, potesse pregiudicare l’identità nazionale della Repubblica di Bulgaria (con riferimento alla clausola di identità nazionale di cui all’art. 4, par. 2, TUE). In tal senso la legge bulgara, infatti, non prevede la possibilità di menzionare in un atto di nascita due genitori dello stesso sesso.

La Corte di giustizia, rifiutando l’argomentazione proposta dal giudice bulgaro del rinvio, ricorda che sebbene lo status di cittadino sia una materia appartenente alla competenza degli Stati nazionali, i quali sono «liberi di prevedere o meno, nel loro diritto nazionale, il matrimonio tra persone dello stesso sesso e la genitorialità di queste ultime», va sottolineato che proprio nell’esercizio di tale competenza gli Stati membri devono rispettare il diritto dell’Unione. Un temperamento che implica l’osservanza del diritto primario alla libertà di circolazione e soggiorno dei cittadini europei. Viene così asserito che il diritto del minore a poter soggiornare e circolare liberamente nello spazio territoriale dell’Unione prevale sulla normativa statale (anche qualora fosse incompatibile) con l’esercizio di questo diritto umano fondamentale. 

Una formulazione cauta ma significativa per le famiglie omogenitoriali 

Pur circoscrivendo la portata delle proprie conclusioni al godimento dei diritti di libera circolazione e soggiorno nel territorio dell’Unione europea, la Corte ha “introdotto” l’obbligo degli Stati membri di riconoscere un rapporto di filiazione tra un minore e i genitori dello stesso sesso, senza alcuna distinzione fra i due coniugi, laddove tale legame sia già stato legalmente accertato e riconosciuto da un altro Stato membro. Così facendo, la Corte conferma il pensiero giuridico inaugurato con la sentenza Coman dove  era già stato precedentemente  riconosciuto il diritto di un cittadino di uno Stato terzo, legalmente sposato con un cittadino europeo in uno Stato membro, a vedersi concedere il diritto di soggiorno nello Stato membro del coniuge europeo. 

A questo punto è possibile prevedere un ulteriore sviluppo della materia con riferimento alla determinazione dello Stato competente ad accertare il rapporto giuridico di filiazione, alla tipologia di certificato da poter utilizzare a tal fine (prevedendo in ipotesi un certificato europeo) e alla disciplina del riconoscimento del legame genitoriale operato da uno Stato membro laddove la filiazione è avvenuta al di fuori dei confini europei. 

 

 

 

 

Fonti e approfondimenti   

Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 14 dicembre 2021, Causa C-490/20, https://curia.europa.eu/juris/liste.jsf?language=it&td=ALL&num=C-490/20.

Situazioni familiari transfrontaliere – riconoscimento della genitorialità, https://ec.europa.eu/info/law/better-regulation/have-your-say/initiatives/12878-Situazioni-familiari-transfrontaliere-riconoscimento-della-genitorialita_it.

Conclusioni dell’avvocato generale nella causa C-490/20 V.M.A. / Stolichna obshtina, rayon “Pancharevo, https://curia.europa.eu/jcms/upload/docs/application/pdf/2021-04/cp210062it.pdf.

 

 

 

 

Editing a cura di Beatrice Cupitò

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