Il fumetto si è evoluto fino a diventare un mezzo narrativo straordinariamente potente, che combina parole e immagini in modo da consentire una grande flessibilità nella manipolazione del significato, anche se spesso in uno spazio limitato.
Queste caratteristiche hanno implicazioni sia per la rappresentazione che per l’interpretazione delle immagini e del significato ideologico. Da un lato, gli elementi comunicativi incoraggiano la creazione di un testo ideologico chiuso, imponendo al lettore significati preferiti. Allo stesso modo, l’utilizzo di dispositivi narrativi come didascalie e nuvolette di pensiero può rendere i temi e i valori in un fumetto particolarmente espliciti. Queste peculiarità rendono il fumetto un eccellente mezzo di propaganda.
Gli Stati Uniti, in particolare, hanno a più riprese utilizzato questo mezzo durante il XX secolo per magnificare il patriottismo statunitense. Alcuni esempi sono stati i fumetti con personaggi noti, come Superman e Capitan America, che hanno combattuto in alcuni numeri con nemici rappresentati dai Paesi dell’Asse; durante la Guerra di Corea è stato creato un fumetto chiamato Korea My Home per spiegare ai cittadini coreani il ruolo delle forze statunitensi nel loro Paese e gli obiettivi malvagi dell’Esercito Popolare comunista.
Altri esempi ci sono arrivati dal periodo della Guerra Fredda, con fumetti che presentavano discorsi sul grande valore della democrazia con sottofondo della bandiera a stelle e strisce. Erano specialmente i fumetti dei supereroi dell’epoca a riportare il tema del comunismo in modo più diretto. I supercattivi comunisti dei fumetti Marvel includevano personaggi come Titanium Man, Radioactive Man o il Barbaro Rosso.
Le origini del fumetto
Al di là dell’utilizzo propagandistico, il dibattito sul ruolo politico del fumetto nel corso della sua storia rimane attivo. Risulta oltretutto limitante considerare solo i fumetti statunitensi all’interno di questo discorso. Il fumetto come lo conosciamo oggi è emerso nel XIX secolo come prodotto della rivoluzione industriale. In Francia, alla fine del XVIII secolo, la borghesia utilizzava immagini fortemente espressive dipinte su cartelli e manifesti per diffondere i propri ideali e raggiungere le persone che non sapevano leggere.
Il fumetto può svolgere due ruoli antitetici nei confronti della società. Da un lato, può rafforzare i miti e gli interessi della classe dominante, propagandando i suoi valori e relegando il lettore a un ruolo passivo. D’altra parte, può svolgere una funzione critica o di dissenso, soprattutto quando viene “dal basso” ed è opera di persone politicamente impegnate.
La nascita ufficiale del fumetto moderno è stata fatta risalire al 1892, quando sono apparse le storie comiche di J.G. Swinnerton sullo statunitense “Examiner”. Nel 1895, R. Felton Outcault ha pubblicato le sue tavole fumettistiche nel “New York World”, introducendo il fumetto come lo conosciamo oggi.
Per tradizione culturale, l’Europa si è dimostrata più restia inizialmente ad accogliere la diffusione di questo mezzo; e quando ciò è avvenuto, sono stati spesso apportati cambiamenti significativi, come la nobilitazione del linguaggio o l’eliminazione delle “nuvolette”. Ancora, in Italia, la produzione del fumetto è rimasta a lungo rivolta ai bambini: si può pensare al Corriere dei Piccoli o al settimanale Topolino.
Il fumetto come forma di resistenza
Sono state condotte ricerche che esplorano i modi in cui i fumetti comunicano, il potenziale dei fumetti come strumento educativo e di alfabetizzazione, la retorica persuasiva della forma dei fumetti e la natura psicoanalitica dei fumetti. Per le sue qualità di strumento comunicativo, il fumetto ha dato anche voce a chi non aveva accesso a mezzi più mainstream.
Il fumetto come forma e mezzo di protesta e resistenza più che di puro intrattenimento ha radici storiche che risalgono ai primi anni del XIX secolo. Thomas Nast, considerato “il padre del fumetto statunitense”, creava illustrazioni satiriche politicizzate. Nast trattava spesso il tema della violenza praticata dal Ku Klux Klan e della segregazione delle persone immigrate.
Questo mezzo di espressione ha ricoperto anche un ruolo simbolico per ispirare movimenti di resistenza o protesta. Il movimento Occupy Wall Street, che ha preso piede nel distretto finanziario di New York City per poi diffondersi in tutto il mondo, si è ispirato al fumetto V per Vendetta di Alan Moore e David Lloyd; la maschera utilizzata dai contestatori durante le proteste è ispirata al personaggio di “V”, che indossa una maschera di Guy Fawkes e combatte contro un regime fascista totalitario in una Gran Bretagna distopica del futuro.
Il fumetto underground
Un elemento interessante nell’ideologia dei fumetti è stato il ruolo dei fumetti alternativi, persino underground, come espressione di contro-cultura. Le tecnologie di autopubblicazione e la libertà politica dei “comix” underground hanno plasmato lo sviluppo dell’industria dei fumetti nei decenni successivi.
Radicati nei movimenti controculturali degli anni Sessanta, i comix underground sono forse il più significativo lascito culturale di quel periodo, a parte la musica. Sfruttando tecnologie di stampa economica e canali alternativi, come i negozi di musica e gli “head shop”, questi comix riflettevano e commentavano le tensioni della società statunitense. Personaggi come “Whiteman”, creato da Robert Crumb, o l’eroe anarchico “Trashman”, di Manuel ‘Spain’ Rodriguez deridevano le istituzioni dominanti e la cultura dei consumi con un linguaggio esplicito e rappresentazioni grafiche.
Molti dei fumetti più provocatori degli anni Ottanta e Novanta, come Maus di Art Spiegelman e American Splendor di Harvey Pekar, hanno una diretta discendenza dagli undergrounds. Internet offre un ulteriore canale alternativo di “pubblicazione” per gli autori di fumetti che desiderano seguire una strada diversa da quella mainstream.
Un altro lascito degli undergrounds è più una reazione ad essi che un loro sviluppo: l’ascesa dei fumetti femministi. I temi e le immagini sessiste di molti dei comix underground (nonché la loro inaccessibilità alle contribuzioni femminili) hanno spinto creatori come Trina Robbins e Joyce Farmer a creare fumetti con un orientamento decisamente femminista, affrontando apertamente questioni come lo stupro, l’aborto e la discriminazione di genere.
La narrazione del conflitto dal basso
L’estetica e le immagini visive plasmano la nostra percezione degli eventi politici, pertanto i fumetti possono contribuire alla rappresentazione e contestazione di narrazioni di conflitto.
Un esempio è Persepolis di Marjane Satrapi, graphic novel pubblicata tra il 2000 e il 2003. La narrazione passa attraverso gli occhi di una ragazzina (la stessa Satrapi) che vive l’Iran post-rivoluzionario, dominato dal fondamentalismo religioso e colpito dalla guerra con l’Iraq.
Non solo questa narrazione mostra al lettore occidentale un altro volto dell’Iran, al di là degli stereotipi diffusi, ma descrive in maniera incisiva l’esperienza dello sradicamento vissuta da chi lascia il suo Paese di origine per via di una guerra, o di un regime totalitario. Satrapi descrive la difficoltà di trovare un equilibrio tra l’integrazione nella nuova cultura (francese) e la preservazione della propria identità, sottolineando come anche le nazioni e la cultura del Paese d’origine giochino un ruolo fondamentale nel senso di identità che le persone si costruiscono.
I fumetti offrono prospettive alternative e possono affrontare temi marginali spesso trascurati dal discorso politico dominante. Possono portare luce su questioni controverse e traumatiche, offrendo una prospettiva diversa sugli eventi mondiali rispetto a quella che ci viene data dalla narrazione mainstream. Inoltre, come forma di narrazione visiva e verbale, il fumetto è in grado di sfidare le narrazioni dominanti e di esplorare temi complessi in modo sperimentale.
Forse il più famoso esempio di racconto del trauma della violenza politica è Maus di Art Spiegelman, romanzo a fumetti basato sulle storie raccontate dal padre dell’autore, un sopravvissuto all’Olocausto che ha vissuto nei campi di concentramento di Majdanek e Auschwitz.
Maus è stata un’opera acclamata ma anche criticata per via della sua natura, portando a chiedersi se una graphic novel sia il mezzo più adatto per rappresentare gli orrori dell’Olocausto. Al di là della sua importanza come mezzo narrativo che contribuisce a portare avanti la Memoria della Shoah, alla base dell’opera di Spiegelman vi è un motivo più personale: l’elaborazione del trauma. L’autore cerca non solo di fare i conti con l’eredità di quegli orrori, che è senza dubbio una delle motivazioni principali dietro all’opera, ma anche di confrontarsi con la sofferenza inespressa che ha portato sua madre, dopo essere stata liberata da Auschwitz e aver già perso un figlio durante i rastrellamenti, a togliersi la vita anni dopo.
All comics are political
Il fumetto ha dimostrato di essere un mezzo narrativo estremamente potente nel corso dei decenni, capace di combinare parole e immagini in modo altamente suggestivo. Al contempo, ha rappresentato un’importante forma di protesta, dissenso e resistenza; l’ha fatto dando voce alle ingiustizie sociali e al disagio vissuto da categorie marginalizzate, ma anche fungendo da mezzo di narrazione del conflitto armato e, più in generale, del trauma collettivo.
Il fumetto è qualcosa di riproducibile dal basso, con mezzi di produzione accessibili, e questo diventa ancora più vero nell’epoca digitale. Riportare l’esperienza personale esplorando temi complessi in modo sperimentale, con uno strumento che permette di sfidare le narrazioni dominanti, è un atto fortemente politico che fornendo nuove prospettive anima il pensiero critico di chi ne usufruisce.
Fonti e approfondimenti
Arioli, Mattia, Documenting De-colonial Practices through Comics: Joe Sacco’s Paying the Land, University of Bologna.
Considerazioni e storia del fumetto, Bibliomilanoest.it, 2017.
McAllister, Matthew P., Sewell, Edward H., Gordon, Ian Introducing Comics and Ideology, 2001.
Lappalainen, Saara Karoliina, “Today, we’re all broken.”: postcolonialism, trauma, and narrating genocide through comics, Tampere University, 2022.
Rech, Matthew F., Be Part of the Story: A popular geopolitics of war comics aesthetics and Royal Air Force recruitment, 2013.