Il 28 ottobre in Marocco a Imzouren, una piccola città della Rif Region, parte Nord Occidentale del Paese, Mouhcine Fikri, un venditore di pesce, è morto schiacciato all’interno dei macchinari di un camion per la raccolta dei rifiuti. L’ambulante cercava di riprendere il pesce che le autorità gli avevano sequestrato, dato che era stato pescato fuori dal periodo previsto dalle normative vigenti. Le immagini dell’uomo, che per rispetto non condivideremo, hanno fatto il giro del Paese mobilitando buona parte della popolazione per chiedere un cambiamento. Il re si è immediatamente mosso per cercare di sedare le manifestazioni. La scelta è stata quella di non usare la violenza e affrontare la situazione in modo pacifico.
Le proteste sono continuate per quasi una settimana fin quando la popolazione non è tornata alla normalità dopo che la monarchia ha garantito un processo e condannato la violenza. Ma cosa c’è dietro alla morte di un solo uomo? Chi era Mouhcine Fikri e chi rappresentava nel Marocco?
La Rif Region
Il Marocco ha molte criticità ma va sottolineato che le proteste sono scoppiate inizialmente in una regione particolarmente problematica del paese: la Rif Region. Questa regione, è l’unica bagnata dal Mar Mediterraneo ed è divisa dal resto del Paese dalle montagne dell’Atlante che sembrano quasi chiuderla in un mondo a parte. Le tribù di questa zona sono di origine berbere, discendenti dalle antiche tribù del deserto, fondatori delle grandi biblioteche di Timbuktu e da sempre carovanieri nel Sahara. Hanno abbracciato la fede islamica, portata dagli invasori arabi nel Medioevo, ma non si sono mai sentiti arabi.
Questa frazione di Marocco è una delle regioni più povere del Paese, questo fattore economico, misto al sentimento nazionale berbero, ha sempre caratterizzato molto gli sviluppi della società locale e il suo rapporto con il governo centrale.
Il governo ha sempre considerato poco e male questa zona, come si nota dalla mancanza di infrastrutture, ancora inferiori ad altre regioni povere del Paese. La percentuale di povertà in questa regione si impenna rispetto al dato nazionale con il 37% della popolazione locale che vive in povertà, spesso facendo lavori stagionali come la pesca del pesce spada, attività di Mouhcine Fikri. L’economia di questa regione è stata molto colpita da decisioni di Rabat, come quella sulla pesca, e si è trasformata in una zona fiorente per il mercato nero. La produzione di hashish e il contrabbando verso la Spagna sono i principali motori di questa regione.
Nel 1900 quando il Marocco iniziava a pensare all’emancipazione dalla Spagna, i cittadini della Rif si costituirono in una repubblica indipendente, guidata da Abdelkrim al-Khattabi, arrivando ad adottare una propria moneta, e la bandiera berbera. La regione rimase formalmente indipendente, anche grazie alle questioni marocchine che tenevano impegnato il governo centrale, fino al 1920 quando gli Stati europei sedarono la tenace regione con l’uso di gas nervino. Il Sultano assistette alla morte della propria popolazione senza opporsi e anzi sfruttando questo evento per prendere il controllo della regione. L’etnia berbera è sempre stata una spina nel fianco del Sultano e nel 1956 si arrivò alla decisione di decretare la legge marziale. Il principe Hassan II, poi chiamato il Magnifico, prese il controllo della regione e con l’uso della violenza placò la rivolta, arrivando persino a definire gli abitanti dei “selvaggi”, indomiti pronti a combattere
T’han mo e Hogra
In queste proteste vi sono state due parole chiave che sono risuonate nella regione e hanno guidato i movimenti di piazza: T’han mo e Hogra.
T’han mo si può tradurre dall’arabo con la frase “Macellalo”. Questa parola si sente all’interno del video in cui il venditore di pesce viene ucciso e si capisce che a pronunciarla è stato l’ufficiale della polizia, che aveva sequestrato il pesce. Questo termine è diventato lo slogan delle manifestazioni in tutto il Marocco e in particolare nella Rif Region, dove al grido di questa parola si sono svolti gli scontri tra polizia e manifestanti.
La polizia è lo strumento del governo per tenere sotto controllo le regioni più periferiche e spesso è l’unica rappresentazione di un governo centrale lontano. Le forze di sicurezza provengono per la maggior parte dal centro del Paese e spesso abusano del potere e della distanza dal centro, esercitando un potere incontrastato. All’interno dello Stato la divisione e l’arretratezza nelle regioni più lontane dal centro ha portato all’annullamento del controllo da parte delle forze dell’ordine.
Dalla violenza e dal sopruso sorge il secondo termine. In marocchino Hogra è il termine che indica l’umiliazione profonda dell’ uomo, ed è proprio così che da decenni le popolazioni delle regioni meno sviluppate indicano il trattamento che il governo centrale gli riserva. Sono innumerevoli i casi in cui questa umiliazione ha portato dei cittadini a perdere la vita, a volte a togliersi la vita, per la totale perdita della dignità. Molto famoso il caso di Amina Filali, che si tolse la vita dopo che le autorità la obbligarono a sposare il suo stupratore.
La primavera del Marocco
Le problematiche della Rif Region sono sicuramente fondamentali per spiegare come le proteste sono nate, ma resta la domanda: per quale motivo le sommosse si sono allargate a tutto il Paese?
Il Marocco a livello nazionale ha grandi problematiche legate ai diritti umani e alla povertà dilagante. Il governo ha un forte controllo della società che esercita con durezza, molti sono i rifugiati politici marocchini nei paesi occidentali. La lotta si articola soprattutto contro gli oppositori interni, liberali e islamisti, e contro gli appartenenti al Fronte Polisario, per la questione del popolo Saharawi.
La povertà però è una delle criticità maggiori per il Marocco. Solamente venti anni fa il Marocco aveva un prodotto interno lordo pro capite pari a 500$, con 6,5 milioni di abitanti sotto la soglia della povertà assoluta. Adesso la situazione è migliorata con solo 3,3 milioni di abitanti sotto la soglia, ma di questi, 1,7 milioni sono nelle zone rurali della nazione, tra cui possiamo trovare la Rif Region.
Il 30% della popolazione rurale è disoccupata, e il dato non rivela la percentuale di donne che è sicuramente molto più alta. Nelle grandi città marocchine la gente vive di espedienti, ma può per lo meno usufruire dei servizi forniti dallo Stato e dalle organizzazioni non governative, nelle zone rurali la situazione dei servizi è disastrosa. Le infrastrutture sono molto limitate e circoscritte alle zone produttive della nazione.
La popolazione degli strati più bassi della popolazione si è rivista nella povertà di quell’uomo e nella frustrazione dovuta dall’impossibilità di poter migliorare le proprie opportunità e per questo è scesa in piazza, chiedendo un cambiamento di rotta.
Nonostante tutte le proteste, le rivoluzioni popolari in Marocco sono decisamente lontane dall’aversi, difatti, tolte la Rif Region e la zona del Western Sahara, la popolazione del Marocco è molto vicina e legato al Sultano. Questo si può capire analizzando le proteste di piazza che si sono svolte nel Paese nelle ultime settimane. Le proteste sono state di appello al sovrano, nella maggior parte della nazione, per cacciare la makhzen, la casta di elite, ma mai il re stesso.
Questo sentimento di vicinanza crea un grande vantaggio al monarca che può sempre salvarsi, anche grazie alla grande capacità di gestire le criticità popolari. Il re ha risolto le questioni popolari delle scorse settimane senza mettere mano al bastone ma solo alla carota. In un discorso pubblico il monarca ha criticato le forze di polizia che avevano fatto il proprio lavoro senza sensibilità e lanciando una commissione di inchiesta per chiarire gli eventi. Con questa stessa tecnica moderata il Marocco aveva gestito le manifestazioni di piazza durante il periodo delle primavere arabe, promettendo delle riforme superficiali, poi fortemente annacquate nel periodo successivo.
Le immagini del Marocco hanno ricordato a tutti la morte di Mohamed Bouazizi, venditore ambulante tunisino che dandosi fuoco davanti al palazzo presidenziale aveva dato inizio alla sommossa che portò alla caduta del dittatore Ben Ali. Con queste premesse il mondo si è subito schierato pronto a entrare e pasteggiare sul cadavere del caduto Marocco. In realtà il regno di Muhammad VI non è mai stato a rischio, ma le crepe del Paese sono ben in vista.