A cinque anni dallo scoppio delle cosiddette Primavere Arabe, nel Nord Africa il panorama politico ed economico rimane molto variegato e di difficile comprensione. Per questo motivo confrontiamo due dei paesi più importanti, Algeria ed Egitto, comparabili perché accomunati dalla medesima struttura organizzativa dello Stato (fortemente centralizzata) e dalle risorse economiche a disposizione. Le differenze tra i due derivano dalla recente storia politica che ha influenzato in maniera decisiva l’andamento economico: in Egitto la rivolta ha stravolto l’assetto politico preesistente; in Algeria, invece, gli echi della rivolta dei paesi confinanti non hanno intaccato il contesto politico.
Algeria
L’Algeria fonda il suo assetto istituzionale su un sistema fortemente centralizzato, privo di un sistema partitico. Il presidente Abdelaziz Bouteflika, eletto nel 1999, è un rappresentante delle forze armate che, dopo aver vinto la guerra civile degli anni 90 contro i movimenti islamisti, sono diventate la principale forza politica del Paese. Il Presidente Bouteflika ha lentamente trasformato il proprio ruolo di rappresentante delle forze armate in una leadership forte, paragonabile ad una dittatura militare. Il sistema politico non ha partiti di opposizione reali, che non vengano controllati o moderati dal potere. Le sommosse delle primavere arabe non hanno sfiorato, se non in minima parte, il Paese.
Sin dalla guerra di indipendenza, l’economia algerina è basata sull’esportazione del petrolio, del gas e dei prodotti ad essi affini. Il settore degli idrocarburi ricopre il 30% del PIL e oltre il 95% dei guadagni derivanti dalle esportazioni. L’ex colonia francese rappresenta oggi il sesto paese mondiale per gas esportato e questa posizione ha permesso alla Banca Centrale algerina di generare riserve monetarie in valuta straniera per un valore vicino ai 200 miliardi di dollari (il possesso di valuta straniera consente alla moneta algerina di essere protetta da eventuali attacchi speculativi che potrebbero provocare crisi monetarie). Ciò ha permesso di ridurre la percentuale di debito rispetto al PIL al solo 2%.
L’importanza ricoperta nel settore energetico e la sua posizione geografica portano l’Algeria a rappresentare un partner commerciale fondamentale per l’Europa, in particolare per i paesi in via di sviluppo che scarseggiano di risorse energetiche. Tuttavia, la specializzazione nel settore degli idrocarburi rende carenti il settore agricolo e industriale obbligando il Paese ad importare la maggior parte dei beni primari. Nel 2015, nonostante l’aumento della produzione di petrolio, la bilancia commerciale (saldo tra esportazioni ed importazioni ) presentava un saldo negativo.
Nonostante la crescita e la stabilità economica che ha caratterizzato gli ultimi anni (secondo le stime della Banca Mondiale nel 2015 il PIL è aumentato del 4%), in Algeria rimangono le forti difficoltà nel diversificare le attività produttive rispetto al solo settore energetico (ricordiamo come i prezzi del petrolio e del gas siano soggetti ad ampie fluttuazioni: ciò rende poco sicuro ancorare l’economia del Paese alla sola vendita di idrocarburi). In particolare, persistono i problemi legati ai diritti economici e sociali della popolazione: il tasso di disoccupazione giovanile nel 2015 si attestava al 30% e si registra la mancanza di piani per le abitazioni.
La situazione infrastrutturale, che sin dalla guerra di indipendenza rappresenta il tallone di Achille del Paese nordafricano, sta migliorando in seguito all’aumento della spesa pubblica divenuto possibile grazie alle esportazioni degli idrocarburi. Dal 2000 è stato lanciato un ambizioso piano per la costruzione di ferrovie, servizi di trasporto urbano e di autostrade. Quest’ultime sono indirizzate non solo per il miglioramento dei collegamenti all’interno del Paese, ma anche (e soprattutto) al di fuori, come collegamento per i vicini Marocco e Tunisia.
Egitto
L’Egitto è un sistema centralizzato, che presenta un sistema politico cellulare, in cui i ruoli di forza sono guidati dai Fratelli Musulmani e dalle forze armate. Un potere fortemente centralizzato è sempre stata la caratteristica del Paese, partendo dalla leadership di Nasser e di Al-Sadat. I leader che si sono succeduti nel tempo sono sempre stati capaci di gestire le diverse anime del Paese, in particolare le forze armate, che storicamente ricoprono un ruolo chiave come difesa del sentimento egiziano. L‘ex presidente Mubarak ha governato per anni con il pugno di ferro, bilanciando la volontà di esercito e movimenti islamisti. Dopo la caduta del regime, la bilancia del sistema si è rotta e si sono alternati il Presidente Morsi e l’attuale Presidente Ab-al Fattah Al Sisi, rappresentante e capo delle forze armate. Adesso l’Egitto è uno stato fortemente centralizzato in cui il potere è nelle mani dell’esercito, e non esclusivamente del Presidente.
La situazione economica egiziana è decisamente più travagliata rispetto a quella algerina. Sin dal 2011, i continui cambi di governo e l’instabilità politica hanno portato allo sbando l’economia, nonostante il tasso di crescita del PIL nel 2015 abbia registrato un positivo 4%. E’ di novembre la notizia della concessione del prestito da parte del Fondo Monetario Internazionale (FMI) per un importo pari a 12 miliardi di dollari statunitensi in tre anni. Ricordiamo che vengono concessi prestiti ai paesi richiedenti solo se questi accettano di applicare le “ricette” stabilite dai tecnici del FMI per fronteggiare la situazione economica.
Tra i diktat del Fondo appaiono l’introduzione di una maggiore imposta sulle vendite, l’eliminazione di sussidi per la produzione di carburante da parte delle aziende statali e più ampie riforme economiche accompagnate da una fluttuazione della sterlina egiziana controllata. In altri termini, la quotazione della valuta egiziana sul mercato dei cambi dovrà mantenersi all’interno di un corridoio stabilito dalle autorità monetarie (la sterlina egiziana ha subito un svalutazione del 14% rispetto al 2015).
In realtà, i veri problemi che il Paese si trova ad affrontare sono due: il crollo del settore turistico e il basso livello di Investimenti Diretti Esteri (IDE), ossia gli investimenti internazionali volti all’acquisizione di partecipazioni ‘durevoli’ (di controllo, paritarie o minoritarie) in un’impresa estera (mergers and aquisitions) o alla costituzione di una filiale all’estero (investimenti greenfield), che comporti un certo grado di coinvolgimento dell’investitore nella direzione e nella gestione dell’impresa partecipata o costituita.
Per quanto riguarda il primo, l’incasso totale derivante dal settore turistico nel 2015 ammontava a 5.9 miliardi di dollari, in ribasso rispetto ai 7.3 miliardi del 2014. Il dato risulta ancor più preoccupante se si confronta l’ammontare del 2010 (anno precedente allo scoppio delle rivolte) pari a 12.5 miliardi. Le previsioni sul 2016 non sembrano invertire la rotta. La difficoltà in tale settore, infatti, sembra un problema che affliggerà il Paese per lungo tempo: ciò viene confermato anche solo vedendo la continua cancellazione di voli verso il Sinai effettuata da paesi come Francia, Russia e Regno Unito che, in passato, fornivano la gran parte del bacino turistico. Ovviamente la precaria situazione politica contribuisce alla riduzione di turisti stranieri nel Paese ed è per questo che il Ministro del turismo sta stipulando accordi con i Sauditi (che costituiscono oggi i leader in numero di presenze turistiche in Egitto), per incrementare il flusso turistico.
L’altra criticità che pone un problema sul lungo periodo è il flusso degli IDE. In un mondo globalizzato, riuscire ad attrarre flussi di capitali esteri in maniera durevole all’interno del Paese è fondamentale per accrescere la produzione e per attirarne di altri. L’Egitto rappresenta per gli investitori internazionali un luogo in cui esistono margini di profitto. Tuttavia, gli investitori sono attratti da luoghi in cui fare affari sia relativamente semplice: l’odierna situazione egiziana non offre questa condizione. L’Egitto, infatti, si colloca 131 su 181 in termini di “facilità di fare affari”: ben cinque posizioni sono state perse rispetto al 2015. A tal proposito, il governo di Al-Sisi ha dichiarato di compiere tutti gli sforzi necessari per modernizzare la legislazione e semplificare il contesto imprenditoriale.
Per l’Egitto, dunque, oltre ai problemi interni derivanti dalla forte centralizzazione che si estende anche al settore economico, i viscosi rapporti con i partner esteri rappresentano oggi il problema principale.
L’evoluzione della situazione politica nel Nord Africa e nel Medio Oriente, risulta di fondamentale importanza per i due Paesi. La primavera che ha invaso le vie del Cairo nel 2011, trascinando un’ondata di speranza (quantomeno per i media occidentali) ha in realtà affossato l’economia egiziana. Contrariamente, la stabilità del potere algerino ha rafforzato l’economia ed ha mantenuto intatto il ruolo che l’Algeria ricopre nel settore energetico, consentendo un sostanziale aumento della spesa pubblica volto ad innovare le infrastrutture del Paese. Dal punto di vista delle conquiste sociali raggiunte negli ultimi cinque anni, Algeria ed Egitto continuano ad essere assimilabili: il governo di Bouteflika continua a mantenere salda la presa sulla popolazione; allo stesso modo, il governo Al-Sisi ha attuato una restrizione delle libertà molto forte, annullando di fatto le speranze di un cambiamento.
La questione della stabilità politica nel Nord Africa riguarda anche i paesi europei: l’Italia rappresenta lo sbocco principale per la produzione egiziana, cosi come la Francia trova nell’Algeria il suo mercato più grande oltre i confini nazionali. Se ampliamo il punto di vista, dobbiamo considerare anche la posizione strategica che occupa l’Egitto geograficamente e il ruolo ricoperto dall’Algeria come produttore di idrocarburi alternativo alla Russia e ai Paesi arabi. Il canale di Suez, infatti, è la via principale del commercio tra Asia ed Europa; un’instabilità politica potrebbe comportare il rallentamento (se non addirittura l’interruzione) degli scambi tra i due continenti, provocando uno shock nel commercio internazionale. Gas e petrolio prodotti in Algeria, come detto, sono fonti essenziali per la crescita dei Paesi europei in via di sviluppo.
Uguali e diversi, Algeria ed Egitto oggi rappresentano, insieme, le contraddizioni della situazione politica nel Nord Africa: possibilità di crescita e di sviluppo, grazie alle risorse interne, accompagnate da una ritorno al passato dal punto di vista sociale e politico.
Fonti e Approfondimenti
http://www.mei.edu/content/article/imf-reforms-not-enough-repair-egypt-s-economy
http://www.imf.org/external/mmedia/view.aspx?vid=5206829739001
http://it.tradingeconomics.com/algeria/balance-of-trade
http://www.bank-of-algeria.dz/html/docs.htm
http://data.worldbank.org/indicator/NY.GDP.MKTP.KD.ZG?end=2015&locations=DZ&start=2010
http://data.worldbank.org/indicator/NY.GDP.MKTP.KD.ZG?end=2015&locations=EG&start=2010