Il gendarme e la speranza: le economie di Marocco e Tunisia

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Dopo aver analizzato la situazione economica di Algeria ed Egitto continuiamo il nostro focus sui Paesi Nord Africani. Oggi parliamo di  Marocco e Tunisia.

 

Marocco

Il Marocco è una monarchia parlamentare guidata dal re Muhammad VI della dinastia alawide. Il Paese è sempre stato particolarmente stabile, infatti da molti è soprannominato il gendarme del Nord Africa per il suo ruolo di stabilizzatore della zona. Il governo è sempre stato guidato in modo autocratico fino al 1997 quando sono state concesse delle importanti riforme e il governo ha preso importanza. Il clima conciliante verso le proteste è un atteggiamento che ritroviamo anche nel periodo delle primavere arabe. Il re ha proposto delle riforme e ha eliminato la classe dirigente precedente, andando incontro alle richieste della piazza. In realtà non vi è stato alcun cambiamento, lo stato continua il suo forte controllo sociale, particolarmente dura è infatti la repressione contro i saharawi, i beduini del nord est e i laici critici della monarchia.

Parlando dal punto di vista economico, dal 2010 l’andamento economico del Marocco  è stato altalenante, ma sempre positivo (continua la crescita costante iniziata nel 2003): dopo una buona chiusura in termini percentuali del 2015 con una crescita del PIL pari al 4,5%, il 2016 ha visto un rallentamento nella crescita pari circa all’1% rispetto al 2015. Tale rallentamento è dovuto al lungo periodo di siccità maturato nei primi mesi del 2016, che ha inciso pesantemente sulla crisi dell’economia nazionale. Ovviamente, il settore che maggiormente ha risentito di tale problematica è stato il settore agricolo il quale ha visto ridurre la produzione del 12.1% (si pensi che la produzione del grano è scesa a 38 milioni di quintali dai 70 dell’anno scorso). Per quanto riguarda gli altri settori la produzione è aumentata in maniera “pigra” attorno al 2,5%. Il livello di inflazione è rimasto al di sotto del 2% riflettendo la politica monetaria prudente adottata dalla Banca Centrale (Bank al-Maghrib) e la caduta internazionale dei prezzi delle materie prime.

Il settore agricolo impiega circa il 40% dei lavoratori occupati, il settore industriale circa il 22% ed il restante è impiegato nel settore dei servizi. Nonostante sia in forte crescita e rappresenti il Paese più ricco della Regione, il Marocco rimane un Paese fortemente agricolo. Questo deriva anche dalla scarsità di giacimenti petroliferi e di gas (questi ultimi molto contenuti) che invece paesi come l’Algeria stanno sfruttando per mutare la composizione del tessuto economico.

Con la liberalizzazione dei prezzi di benzina e diesel e altri sforzi fiscali di consolidamento a partire dal 2013, il debito pubblico del Marocco ha intrapreso un sentiero negativo (di riduzione) e le esportazioni sono aumentate significativamente. Secondo la Banca Mondiale, basandosi sulle performance da inizio 2016, il Marocco dovrebbe ridurre il suo disavanzo pubblico di un importo pari al 3,5% del PIL. Questo sarebbe il risultato di un imponente flusso di entrate e della continua riduzione dei sussidi al consumo forniti dallo Stato. Il debito pubblico, dunque, dovrebbe stabilirsi secondo le previsioni della Banca Mondiale attorno ad un 64% del PIL.

Per quanto riguarda il fronte estero, come precedentemente detto, il deficit nel saldo del conto corrente (semplificando, la differenza tra esportazioni e importazioni) si è ridotto in maniera costante soprattutto grazie alla emersione della “nuova industria marocchina”, trainata da quella automobilistica e seguita da quella aeronautica ed elettronica. Secondo le stime della Banca Mondiale a fine 2016 il deficit nel saldo non dovrebbe eccedere l’1,5% del PIL.

Dal punto di vista economico sociale, negli ultimi anni si è assistito ad una crescita del reddito pro capite che ha contribuito ad eliminare la povertà estrema e sta contribuendo a ridurre la povertà; bisogna comunque sottolineare che le disparità persistono e l’occupazione rimane bassa. Mentre il tasso di povertà si è ridotto dall’8,9% del 2007 al 4,2% del 2014, circa il 19% della popolazione rurale vive ancora in condizione di povertà o comunque risulta vulnerabile. Il tasso di occupazione, come detto piuttosto basso, si aggira intorno al 47% , ed i nuovi posti di lavoro che vengono creati sono generalmente in nero e precari. Il tasso di disoccupazione, invece, si attesta al 9% e risulta stabile da anni: all’interno di questa percentuale è da segnalare il tasso di disoccupazione giovanile, in particolare quello che riguarda i giovani residenti in città, aumentato a giugno al 38,8%.

Altro aspetto fondamentale per quanto riguarda l’economia marocchina è il settore turistico che  continua ad incrementare il numero degli arrivi, sfruttando anche le difficoltà degli altri paesi Nord Africani nel mantenere un clima sicuro. La stabilità del potere marocchino ha consentito di mantenere le mete principali molto appetibili per i turisti, grazie anche al grande sviluppo infrastrutturale che il Marocco da sempre dedica a questo settore.

 

Tunisia

La Tunisia è da tutti considerata la speranza delle Primavere arabe. Dopo essere stata sottoposta ad una lunga dittatura, del generale Ben Ali, nel 2011 è stata il luogo di inizio della prima primavera araba, iniziata con il sacrificio in piazza dell’ambulante Mohamed Bouazizi. L’esercito dopo questo caso si è schierato con i manifestanti e si è poi tirato fuori dalla disputa politica, rimanendone estraneo. Dopo l’allontanamento del dittatore, il clima politico del Paese è stato caratterizzato da una fervente vita partitica, dopo la modifica della costituzione sul modello francese semi-presidenziale. Il governo, formato all’indomani delle prime elezioni democratiche, era guidato dal partito islamista moderato Ennahda, ma dopo il fallimento di questo progetto, si è dovuto andare verso un governo di unità nazionale. Le nuove elezioni del 2014 hanno prodotto un grande elemento di discontinuità, con il passato e con gli altri paesi mediorientali: Ennahda è stato superato dal partito laico Nidaa Tounes e il partito islamista ha riconosciuto la sconfitta, permettendo di formare un nuovo governo. Dopo vari tentativi di governo, frustrata anche dagli attentati terroristici e dai fallimenti economici, attualmente la Tunisia è guidata dal primo ministro Yūssef al-Shāhed con governo di coalizione laica e il supporto esterno di Ennahda, che ha ufficialmente ripudiato il salafismo e l’estremismo islamico.

 

Dal punto di vista economico, la Tunisia ha pagato a caro prezzo gli effetti dei tre attacchi terroristici avvenuti nel 2015. In termini di PIL, il prodotto interno tunisino è cresciuto del solo 0,8% grazie alla importante performance nella produzione agricola, la quale ha registrato un +9,2% (la produzione di olive ha trainato la crescita), mentre gli altri settori economici hanno registrato una contrazione. Una combinazione di scioperi e disordini sociali nelle regioni minerarie (in particolare quelle di fosfato) e il declino a lungo termine della produzione di petrolio e gas ha portato ad una forte contrazione nelle industrie chimiche (-5,3%) e raffinazione del petrolio (-18,2%) e un calo complessivo delle industrie non manifatturiere (-4,1%). Dalle ultime stime per il 2016, il PIL (crescita annuale), si attesta ad un +1,30%, in rialzo dunque rispetto al 2015. Tuttavia lo stesso settore agricolo ha registrato una perdita del 3,7% rispetto al 2015, stessa percentuale registrata per il settore ittico (-3,6%). Il tasso di inflazione risulta più alto di quello marocchino, attestandosi attorno al 4,1% nel 2016.

Per quando riguarda il debito pubblico, nel 2015 (per la prima volta dal 2011) si è attestato sotto al 5% del PIL, grazie alla caduta del prezzo delle materie prime (in particolare del petrolio) e ai minori sussidi per il settore energetico erogati dal governo. In generale, la quota del debito rispetto al PIL rimane al 52%. Osservando la bilancia dei pagamenti, il deficit nel 2015 si attesta ad un 8,7% rispetto al PIL. Tuttavia, nel 2015 il deficit del saldo di conto corrente è stato ridotto all’11,3% del PIL, rispetto al record negativo toccato nel 2014, pari al 13,7% del PIL. Questa riduzione è in linea con la riduzione della domanda domestica, e i minori prezzi internazionali dell’energia. Le esportazioni sono diminuite nonostante lo straordinario impatto dell’olio di oliva (in forte concorrenza con quello italiano) per la crisi nel settore minerario e la debolezza del settore manifatturiero.

Il Tasso di disoccupazione secondo le stime del 2016 rimane molto alto al 15,4%. Particolarmente colpite sono le donne, il cui tasso di disoccupazione è al 22%, i laureati (31,2%) e infine i giovani (31,8%). Anche per la Tunisia vale il discorso del lavoro informale (ossia quel lavoro che sfugge alla contabilità nazionale): secondo le stime dell’Istituto Nazionale di Statista tunisino, i lavoratori informali si attestano in un range che oscilla tra il 35 e il 42% e principalmente sono occupati presso i tipici bazar di strada. Il PIL pro capite è rimasto invariato rispetto al 2014. Per quanto riguarda il discorso povertà, non ci sono dati ufficali dopo il 2010: secondo la Banca Mondiale la povertà è scesa dal 7,6% del 2013 al 7,1% nel 2015, tuttavia le battute di arresto nel settore minerario e soprattutto in quello turistico potrebbero avere degli impatti negativi sulle percentuali e sul benessere della popolazione. In particolare il settore turistico ha registrato una percentuale di arrivi in calo di 30,8 punti percentuali rispetto al 2014 e gli introiti del turismo sono caduti del 35,1%.

Le Primavere arabe hanno trasformato il Nord Africa sia politicamente che economicamente. Mentre il Marocco continua a rimanere saldo nelle sua stabilità politica grazie alla forte centralizzazione del potere in mano a Muhammad VI, la Tunisia sta ancora cercando di assestarsi all’interno del nuovo ordine politico. Proprio perché considerata la speranza delle  Primavere, quest’ultima è soggetta ad attacchi terroristici che oltre a minare la sicurezza del Paese, inclinano anche le prospettive economiche. Tutto ciò involontariamente favorisce il gendarme del Nord Africa, il quale, rappresentando un partner commerciale affidabile per i paesi occidentali e una meta sicura per i turisti (fino ad ora), riesce ad attirare flussi economici e turistici che precedentemente sarebbero stati diretti verso gli altri Paesi, specialmente Tunisia ed Egitto.

 

 

Fonti e Approfondimenti

http://databank.worldbank.org/data/reports.aspx?source=2&country=MAR

http://data.worldbank.org/country/morocco

https://chronicle.fanack.com/morocco/economy/

http://www.worldbank.org/en/country/tunisia/overview#1

http://data.worldbank.org/country/tunisia

http://www.tradingeconomics.com/tunisia/indicators

https://chronicle.fanack.com/tunisia/economy/

http://www.worldbank.org/en/country/tunisia/publication/economic-outlook-spring-2016

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