La Dottrina Militare Russa

Dottrina Russa
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Da Kaliningrad sul Baltico, a Sebastopoli sul Mar Nero, una cortina di ferro sembra ancora una volta essere calata sull’Europa. Lo spettro della Guerra Fredda, forse mai scomparso del tutto, è tornato a far tremare il mondo intero. In quest’ottica sembra utile, se non indispensabile, soffermarsi sull’insieme dei concetti strategico-militari che guidano la  Federazione Russa. Tali precetti possono essere rintracciati nella Dottrina Militare Russa del 2014, un documento approvato da Putin il 26 dicembre dello stesso anno.

La Dottrina Militare del 2014 rassomiglia sotto molti aspetti alla dottrina adottata nel  2010, ma il nuovo documento presenta delle piccole ed insidiose differenze che possono aiutarci a comprendere come l’atteggiamento di Mosca sia cambiato  nei  confronti  della NATO.

Come la dottrina del 2010, quella adottata nel 2014 esprime il grande senso di insicurezza della Russia causato dalla rapida espansione della NATO verso Oriente. Esercitazioni militari di forze dell’Alleanza Atlantica nei paesi confinanti con la Federazione e il dispiegamento di missili antibalistici sul territorio Europeo sono sempre visti come una provocazione ed un tentativo di indebolire le capacità di difesa della Russia. Ma a differenza del documento del  2010, una cooperazione con la NATO allo scopo di rafforzare la sicurezza  collettiva non è più considerata una possibilità reale.  La dottrina del 2014 a malapena menziona la NATO come partner per un dialogo su base egalitaria, rivelando quindi l’insanabile frattura ormai creatasi tra la Russia e il resto dell’Occidente. Non a caso il Cremlino negli ultimi anni si è rivolto ad Oriente nella ricerca di nuove partnership (UEE e Cina – per saperne di più).

Come traspare nel documento, Mosca ha per obiettivo principale la difesa della propria  sfera  di interessi vitali. In particolare, si fa riferimento alla necessità del Cremlino di evitare che nei paesi con cui la Russia confina, si insidino governi intenzionati a minare gli interessi nazionali della Federazione. Tuttavia, i limiti di questa sfera vitale non vengono specificati all’interno del documento; una mossa probabilmente intesa, come esplicato dagli analisti della NATO, a mantenere un certo livello di ambiguità strategica.

A differenza  della dottrina militare del 2010, quella del 2014 presta particolare attenzione alla guerra d’informazione. Tecnologie della comunicazione e informatiche possono essere utilizzate da forze esterne per indebolire il consenso interno e affievolire il sentimento patriottico della popolazione russa. Queste tecnologie possono includere vari aspetti del mondo contemporaneo, da social come Facebook e Twitter alla Cyberguerra.  Putin ed  il suo establishment hanno guardato con grande preoccupazione ai movimenti di protesta che hanno avuto luogo a Mosca ed in altre parti della Russia  tra il 2011 ed il 2012. Il consenso della popolazione nei confronti di Putin è molto alto, ma queste paure riflettono in un certo modo il timore che le stesse tattiche di  guerra d’informazione usate dal Cremlino in paesi esteri (dall’Ucraina al caso più recente, ancora da verificare, degli Stati  Uniti) possano essere utilizzate contro la Russia per minarne la solidità interna.

Una delle principali priorità individuate dall’establishment militare russo è senza dubbio l’ammodernamento dell’arsenale convenzionale della Russia. Anche in questo caso tale intenzione era già stata espressa nella dottrina militare del 2010, ma in questo momento la capacità della Russia di incrementare la propria capacità di offesa e difesa convenzionale sembra molto più credibile. Sul finire della Guerra Fredda la spesa totale per il Militare dell’Unione Sovietica ammontava a ben 300 miliardi di  dollari. Nel 1998 tale spesa ammonta a soli 20.8 miliardi, ma sotto la guida di Putin, la Russia ha ripreso ad intensificare gli sforzi per rimanere al passo con le  forze della NATO e nel corso dei primi anni del nuovo secolo la spesa  per la difesa è tornata a crescere, arrivando a 90 miliardi nel 2013.

Tuttavia, la  modernizzazione militare non  deve essere calcolata solo in termine di miliardi spesi. Uno dei più grandi problemi dell’esercito russo nel periodo immediatamente successivo al crollo dell’Unione Sovietica era costituito dal fatto che le forze militari russe erano formate quasi totalmente da coscritti, mentre le unità speciali a disposizione di Mosca erano ben poche. Con Putin, il processo di professionalizzazione dell’esercito ha fatto enormi passi avanti. I contingenti inviati dal Cremlino in Ucraina sono costituiti da forze d’elite, ma la percentuale totale dell’esercito russo rappresentata da questo tipo di soldati è ancora molto bassa, ossia solo l’1%  delle  forze armate.

Il piatto forte della dottrina militare Russa è ovviamente  il nucleare. Nel documento del 2010 la Russia ammetteva la possibilità di utilizzare armi nucleari anche in risposta ad attacchi convenzionali volti a ledere gli interessi di Mosca. Questa opzione non viene esplicitamente menzionata nella nuova dottrina militare, ma il Cremlino si riserva comunque la possibilità di utilizzare la  armi atomiche in due  tipi di conflitti: quelli su vasta scala e quelli regionali. Sotto questo punto di vista giocano un ruolo fondamentale anche le armi atomiche di tipo tattico, ovvero quelle armi nucleari con minore gittata e minore forza devastante, ma dotate di una maggiore precisione e utilizzabili quindi per difendersi da attacchi convenzionali (per esempio per colpire basi militari nemiche  o arrestare un’avanzata in forze).

La Russia sembra quindi ancorare la propria dottrina nucleare al concetto di “tailored damage (danno su misura), ossia alla capacità di arrecare un danno soggettivamente inaccettabile per  il nemico, di modo tale che  i danni causati dal conflitto superino i vantaggi che l’aggressore intende guadagnare. Si tratta di un concetto molto flessibile e che presenta quindi numerosi vantaggi rispetto al precetto più classico di “unacceptable damage” (danno inaccettabile). Tuttavia, sul piano del nucleare, ciò che preoccupa di più la Russia è l’uscita degli USA dall’Anti-Ballistic Missle Treaty nel  2001. Di fatto la capacità degli USA di dispiegare e produrre  armi di difesa antimissilistiche reca un’implicita minaccia alla Russia, in quanto se ne indeboliscono le capacità di deterrenza nucleare.

Quali sono  quindi le  conclusioni che possiamo trarre dall’analisi della dottrina militare russa? Le informazioni appena descritte devono infatti essere considerate in relazione al potenziale militare USA e NATO. Sebbene la Russia abbia fatto grandi passi avanti  nell’ammodernamento delle proprie forze militari, il gap con gli USA sia tecnologico che numerico rimane molto grande. I 90 miliardi spesi dalla Russia nel 2013 per la difesa  impallidiscono di fronte ai 619 miliardi spesi dagli Stati Uniti. La minaccia posta dalla Russia  alla NATO non è credibile in un’ottica di lungo termine. Non ci troviamo più di fronte all’Unione Sovietica, capace di proiettare la sua forza  e la sua ideologia nel mondo intero, ma ci troviamo di fronte ad una potenza meno ambiziosa, posta sulle difensive e con obiettivi più regionali che globali. Il fine della Russia sembra più quello di bloccare l’avanzata dell’Occidente verso i suoi confini piuttosto che riacquisire lo stesso prestigio e potere dell’epoca sovietica. Certo questo rimarrà sempre il  sogno nel cassetto di Putin, ma la realtà dei fatti ci spinge a leggere la situazione in un modo differente.

Fonti e approfondimenti

http://www.ndc.nato.int/news/news.php?icode=830

http://nationalinterest.org/feature/russias-new-military-doctrine-should-the-west-be-worried-11944

http://www.neweasterneurope.eu/articles-and-commentary/1559-russia-s-revised-military-doctrine-putin-s-posturing-and-swaggering

http://www.globalsecurity.org/military/world/russia/doctrine.htm

http://www.defensenews.com/story/defense/policy-budget/policy/2015/01/10/russia-military-doctrine-ukraine-putin/21441759/

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