Il voto sul referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari del 20 e 21 settembre scorso, vinto con un risultato schiacciante dal “sì”, ha aperto un importante dibattito sugli effetti più diretti che tale riforma avrebbe avuto sull’assetto istituzionale italiano. Ma non solo: l’aria di riforma ha anche dato la possibilità di riflettere, più in generale, sui cardini dell’ordinamento costituzionale e sul loro funzionamento.
In questo contesto, è stato soprattutto il Parlamento a essere analizzato, spesso usando un approccio comparatistico, per comprenderne le principali differenze con le assemblee legislative del resto d’Europa. Ma come si strutturano e quali sono le funzioni e i poteri dei parlamenti degli altri Paesi dell’Unione europea? E quali sono le sostanziali differenze con il Parlamento italiano?
Bicameralismo paritario, eccezione italiana
Una delle caratteristiche dell’ordinamento italiano, che lo rende unico rispetto al resto d’Europa, è proprio l’organizzazione del Parlamento. L’assemblea rappresentativa italiana, infatti, è composta da due rami: Camera dei Deputati e Senato della Repubblica. L’Italia non è però l’unico Paese che prevede un Parlamento bicamerale. La peculiarità tutta italiana consiste nel fatto che queste due camere non solo vengono elette entrambe direttamente dagli elettori, ma hanno anche uguali poteri e compiti.
Le uniche differenze tra le due Camere che compongono il nostro Parlamento riguardano il numero di rappresentanti (attualmente 640 deputati e 315 senatori, che dalla prossima legislatura – grazie alla riforma – saranno 400 e 200), l’elettorato passivo (solo chi ha compiuto 25 anni può votare per il Senato) e la legge elettorale (che, secondo la Costituzione, per il Senato deve essere su base regionale). In tutto il resto, Camera e Senato si equivalgono. Non c’è caso in cui il volere di una camera possa prevalere sull’altra, e tale caratteristica risulta ben visibile nell’iter legislativo, in cui il testo, identico, di un disegno di legge deve essere approvato da entrambe le Camere in tutte le sue parti.
Un’organizzazione di questo genere ha inevitabilmente delle ripercussioni sui tempi di approvazione delle leggi. Le famose “navette” da una camera all’altra dilatano i tempi delle discussioni e dell’approvazione dei testi; inoltre, si possono verificare delle vere e proprie situazioni di impasse. Questo è il motivo principale per cui il bicameralismo paritario ormai da anni è al centro del dibattito istituzionale, in quanto è pensiero quasi unanime che sia ormai necessario avviare un progetto di riforma per il suo superamento.
I tempi di approvazione di una legge
L’Italia è uno dei Paesi dell’Unione europea che legifera meno. In un anno, il 2017, il Parlamento italiano ha approvato 88 leggi. Nell’arco di un’intera legislatura, quella del quinquennio 2013-2018, le leggi approvate in Italia sono state 379, di cui solo 94 di iniziativa parlamentare e ben 283 di iniziativa governativa.
I dati italiani sono decisamente più bassi rispetto alla media europea che si assesta sulle 700 leggi per ogni legislatura. I tre Paesi che legiferano di più sono Svezia (2.372 leggi), Lituania (1.948) e Cipro (1.425), mentre i fanalini di coda sono Spagna (203 leggi), Malta (186) e Irlanda (157). In questa classifica, l’Italia si posiziona al diciannovesimo posto sui 27 Paesi UE.
Per interpretare al meglio questi dati è necessario analizzare anche la natura di ciascun parlamento per capire se ci sia un nesso tra bicameralismo e maggior lentezza nel produrre leggi. Se escludiamo però le tre assemblee legislative che legiferano di più, tutte formate da una sola Camera, per le altre non sembrerebbe esserci una ferrea logica di questo genere, tanto che nelle ultime cinque posizioni di questa classifica tre sono occupate da parlamenti monocamerali e due da parlamenti bicamerali.
Non è quindi corretto considerare la struttura del parlamento come principale causa della lentezza nella produzione legislativa. Al contrario, sui tempi di lavoro dei parlamenti incide di più l’origine del disegno di legge. Una tendenza che accomuna tutti i parlamenti degli Stati UE evidenzia che i tempi di approvazione di una legge si riducono in modo considerevole quando si tratta di proposte governative, mentre per le proposte parlamentari si raddoppiano.
Monocameralismi vs bicameralismi
Per quanto riguarda l’architettura dei parlamenti dei 27 Paesi dell’Unione europea, 15 sono monocamerali mentre i restanti 12 sono formati da due camere.
Tra i Paesi con un parlamento formato da una sola camera troviamo principalmente Paesi molto piccoli e con pochi abitanti (Cipro, Malta, Lussemburgo), nordici (Danimarca, Svezia, Finlandia, repubbliche baltiche) e con tradizioni socialiste (Bulgaria, Croazia, Ungheria, Slovacchia). Gli unici Stati mediterranei con un parlamento monocamerale sono Portogallo e Grecia. Entrambi, però, hanno promulgato una nuova costituzione solo negli anni Settanta, dopo un lungo periodo di dittatura.
Per quanto riguarda, invece, i parlamenti bicamerali, i Paesi europei che hanno scelto una soluzione di questo genere hanno delle caratteristiche ben distinguibili. Prima di tutto è una scelta che caratterizza i Paesi grandi e popolosi (Germania, Francia, Spagna, Polonia) che necessitano quindi di un maggior livello di rappresentanza, ma anche di quei Paesi culturalmente eterogenei, spesso organizzati in senso federale (Germania, Belgio, Paesi Bassi, Spagna) poiché in questi casi è necessario un tipo di rappresentanza più capillare, in cui una delle due camere, la seconda, abbia uno stretto legame con le minoranze o con i governi federali.
Come vengono elette le seconde camere?
D’altronde, in quasi tutti i Paesi con un parlamento bicamerale, le due camere sono elette in modo totalmente diverso. Sono solo 4 (Repubblica Ceca, Italia, Polonia e Romania), infatti, i Paesi che eleggono le loro camere alte con suffragio universale e diretto, anche se spesso con una legge elettorale differente rispetto a quella usata per l’altra camera. Nel caso italiano, ad esempio, il Senato viene eletto con un maggioritario uninominale su base regionale e solo una minima parte, cioè i senatori a vita, sono nominati direttamente dal presidente della Repubblica o sono ex capi di Stato. In Spagna, invece, il sistema per eleggere il Senato è misto. Dei 266 senatori, 208 sono eletti direttamente con un sistema maggioritario su base provinciale mentre i restanti 58 vengono nominati dalle assemblee delle 17 comunità autonome.
In altri casi, le camere alte vengono elette completamente in modo indiretto e le modalità in cui questi rappresentanti vengono nominati sono diverse, variando essenzialmente da un approccio territoriale a uno che favorisce alcune categorie della società civile. Nei Paesi con un ordinamento federale o con una popolazione molto eterogenea, la camera alta ha il compito di rappresentare proprio gli interessi delle autonomie territoriali e per questo motivo la nomina dei componenti viene delegata agli organi governativi o legislativi degli stati federati e/o delle autonomie.
In Austria e Germania, che sono Stati federali, nel Consiglio federale (o Bundesrat) i membri sono proprio eletti dalle assemblee legislative dei Länder. Nel caso tedesco, nello specifico, a ogni Land viene data la possibilità di nominare un numero di rappresentanti in relazione al numero dei propri abitanti, con un minimo di tre nominati per i Länder più piccoli e un massimo di 6 per i più grandi. Nei Paesi Bassi i 75 membri della Eerste Kamer vengono nominati dai parlamenti provinciali mentre il Sénat francese viene eletto indirettamente su base dipartimentale.
In Belgio, la riforma costituzionale del 2014 ha introdotto il voto indiretto per il Senato. In questo caso i rappresentanti vengono eletti attraverso un criterio linguistico: il Parlamento fiammingo elegge, infatti, i rappresentanti del cosiddetto “gruppo olandese”, mentre il Parlamento della comunità francofona del Belgio nomina i rappresentanti del gruppo francese. Un rappresentante, infine, spetta anche alla comunità germanofona.
In due casi, invece, la camera alta rappresenta i diversi interessi della società civile e del mondo del lavoro. In Irlanda il Seanad comprende una parte di rappresentanti nominati direttamente dal Primo ministro, altri scelti tra laureati delle due università più prestigiose del Paese (Università di Dublino e National University of Dublin) e poi ben 43 rappresentanti scelti all’interno di cinque gruppi diversi, all’interno dei quali si trovano personalità con competenze specifiche che vanno dall’agricoltura all’industria e commercio. In Slovenia, invece, il Consiglio Nazionale è composto da personalità di spicco provenienti dal mondo delle attività non commerciali, sindacati, lavoratori indipendenti e altri interessi.
Che ruolo svolgono le seconde camere?
Anche per quanto riguarda le funzioni e il ruolo ricoperto dalle seconde camere, ci sono differenze sostanziali tra i Paesi UE. Partendo dal caso italiano, unico nel suo genere, in cui il ruolo del Senato è identico a quello ricoperto dalla Camera, per tutti gli altri le camere alte hanno un potere minore, spesso quasi ininfluente rispetto al potere legislativo della camera bassa.
La maggior parte di queste camere ha comunque le stesse caratteristiche: l’iniziativa legislativa non è sempre scontata e spesso è riservata solo a materie di competenza specifica; per quanto riguarda invece il potere di approvare una legge, molto spesso il parere delle camere alte è obbligatorio ma non vincolante. A volte, invece, il loro parere può diventare vincolante in alcune materie specifiche, come può essere quello riguardante le riforme costituzionali oppure le riforme riguardanti i rapporti tra enti centrali ed enti locali.
Camere alte: rami deboli dei parlamenti
In generale, comunque, una delle mancanze più marcate di questi rami più deboli del Parlamento è la loro quasi totale mancanza di rapporti con il governo. Spesso infatti ai senati, o alle assemblee nazionali, non viene riconosciuto uno dei poteri più importanti assegnati al Parlamento: quello di votare la fiducia al governo.
Si può quindi affermare che nella maggioranza dei casi queste seconde camere svolgano sì un ruolo quasi marginale nel processo legislativo, ma che la loro particolare composizione (che sia di matrice territoriale o più economico-sociale) pone l’accento su categorie che in mancanza di una camera a loro dedicata non avrebbero avuto dei canali diretti di comunicazione con l’assemblea legislativa e, quindi, con l’esecutivo.
Fonti e approfondimenti
Senato della Repubblica, sito ufficiale.
Camera dei Deputati, sito ufficiale.
IPU Parline, Inter-Parliamentary Union.