Di Sara Rubini
L’alleanza transatlantica, dal momento della sua fondazione, ha subito numerosi cambiamenti. Tra questi, uno dei più considerevoli è stato l’introduzione della NATO Response Force (NRF). Istituita il 22 novembre 2002 durante il vertice di Praga, su proposta della delegazione statunitense, la NRF può essere definita come la forza di risposta rapida della NATO. Costituita da 25.000 unità marittime, terrestri e speciali, ovvero forze militari addestrate a condurre operazioni ad alto rischio, la NRF si pone l’obiettivo di rispondere rapidamente a qualsiasi tipo di crisi. Questa task force non è una forza permanente dal momento che è composta da unità provenienti dai diversi Paesi membri, i quali, a rotazione, prendono il comando delle differenti unità generalmente per un periodo di sei mesi. Al fine di assicurare il funzionamento dell’organizzazione e del processo di pianificazione delle missioni, ogni comando, prima di assumersi l’incarico, conduce un addestramento molto serrato. Questo sistema a rotazione ha il vantaggio di facilitare lo scambio di idee e conoscenze tecnologiche tra i Paesi alleati. La direzione, invece, ruota ogni anno fra i Comandi di Brunssum, di Napoli e di Lisbona, mentre il quartier generale ha pianta stabile nel Quartier Generale Supremo di Mons, in Belgio.
Flessibilità e prontezza
Questa forza militare nasce dall’esigenza di creare un apparato più flessibile rispetto a quello rigido presente durante il periodo della Guerra Fredda. Gli eventi nei Balcani degli anni ’90, l’attacco alle Torri Gemelle e la guerra in Afghanistan hanno dimostrato la necessità di rapidità e versatilità, in modo da poter affrontare con efficacia le nuove sfide e adattarsi ai rapidi cambiamenti giunti con il nuovo secolo. La NRF può quindi essere considerata come la punta di diamante della NATO, che porta anche le altre unità fuori dalla staticità tipica del periodo della Guerra Fredda. Nell’ottobre del 2004 lo statunitense James Jones, allora segretario generale della NATO e Comandante supremo degli alleati in Europa, durante una riunione informale in Romania annuncia il raggiungimento della capacità operativa della NRF, la quale viene dichiarata pronta ad affrontare ogni tipo di missione.
Missioni e obiettivi
Dal momento della sua costituzione, la NRF ha subito alcune importanti modifiche, due di queste nel 2008 e nel 2010. Questi cambiamenti sono stati implementati al fine di creare un approccio più semplice e flessibile della “force generation”, ovvero della procedura attraverso la quale i Paesi alleati apportano le risorse necessarie per portare a termine le missioni. Il ruolo principale della Response Force è di carattere operativo: ossia è pronta a essere mobilitata, a seguito di una decisione di natura politica, in risposta a qualsiasi tipo crisi. Più nel dettaglio può essere impegnata in risposta ai disastri chimici, biologici o nucleari o in caso di crisi umanitarie e politiche. Ad oggi la NRF è stata mobilitata nel 2004 per garantire la sicurezza durante le Olimpiadi di Atene e nelle elezioni presidenziali in Afghanistan. Nell’anno successivo le unità della NRF sono state mobilitate negli Stati Uniti a seguito dei danneggiamenti provocati dall’Uragano Katrina e in Pakistan per fornire aiuti umanitari dopo il forte terremoto che aveva colpito il Paese. Queste modifiche si sono mostrate indispensabili a seguito dei problemi riscontrati principalmente durante le missioni in Afghanistan e in Iraq, durante le quali si sono verificati marcati ritardi nell’organizzazione di uomini e mezzi. Tra le cause principali di tali problematiche va sottolineata la scarsa partecipazione statunitense nella coordinazione della Response Force.
Indipendentemente dal luogo in cui scoppia la crisi, la caratteristica principale della NRF è la velocità della mobilitazione, la quale avviene in tempi molto brevi, dai cinque ai trenta giorni, perché deve giungere sul territorio di crisi prima di qualunque altra unità. L’obiettivo è di facilitare l’arrivo di contingenti più vasti in un secondo momento. Ma questo non è l’unico scopo. Accanto alla sua funzione operativa, la NATO Response Force è importante nel coordinamento delle esercitazioni tra i Paesi alleati e favorisce un miglior utilizzo della tecnologia militare a disposizione. Proprio per i fini che si prefigge di raggiungere, la NRF ricopre un peso di vitale importanza all’interno della strategia difensiva della NATO.
VJTF
Un’altra importante modifica, in risposta all’annessione della Crimea da parte della Russia, è stata l’introduzione della Very High Readiness Joint Task Force (VJTF), avvenuta nel 2014 durante il summit tenutosi in Galles. La decisione di incorporare la VJTF all’interno della NRF ha comportato l’ampliamento di quest’ultima a 40.000 unità e ha reso possibile una notevole riduzione dei tempi di dispiegamento delle risorse – tra due e sette giorni – per far fronte a qualunque tipo di crisi.
La VJTF è costituita da 5.000 uomini e donne che, una volta dato il via libera, sono immediatamente attivi al fine di bloccare ogni potenziale minaccia e inviare un messaggio chiaro ai potenziali aggressori. L’obiettivo è fermare qualsiasi tipo di crisi ancora prima che questa emerga. La VJTF ricopre un ruolo di primaria importanza nella strategia di deterrenza perseguita dalla NATO, per cui ogni tentativo di violare la sovranità di uno Stato parte dell’organizzazione si traduce in una risposta univoca da parte di tutti i 29 Stati alleati. Anche la struttura e l’organizzazione della VJTF si basano su un sistema di rotazione, per cui i contributi alla NRF ruotano, annualmente, da uno Stato all’altro.
Deterrenza
La strategia perseguita dalla NATO è quella della deterrenza, approccio indirizzato indistintamente a qualsiasi potenziale nemico. Nonostante ciò, a seguito dell’occupazione russa della Crimea nel febbraio 2014 e della sua conseguente annessione, la NATO si è imposta di perseguire una linea molto più risoluta nei confronti del Cremlino.
Sebbene l’obiettivo rimanga quello di prevenire lo scoppio di un potenziale conflitto fermandolo sul nascere, la strategia della deterrenza può essere perseguita in diversi modi. Una delle strategie più efficaci è la “deterrence by denial” (letteralmente, deterrenza mediante negazione), attraverso la quale la NATO ha lo scopo di negare l’accesso ai suoi territori e alle sue risorse alla Russia, difendendo e garantendo in questo modo la sovranità dei Paesi NATO. Per fare ciò sono necessari tre elementi fondamentali. Innanzitutto, la presenza sul confine orientale di risorse militari sufficienti a rispondere e fermare una possibile aggressione della Russia. Successivamente, risulta fondamentale avere sufficienti unità pronte a rispondere rapidamente qualora l’esercito russo riuscisse ad avanzare all’interno dei territori dei Paesi alleati, impedendo in questo modo all’esercito nemico di consolidare le proprie posizioni. Infine, è necessario un piano dinamico e rapido di spostamento di civili e di risorse in modo da non permettere al nemico di appropriarsene. In quest’ottica, la NRF e la VJTF sono gli strumenti perfetti in mano alla NATO per perseguire la dottrina della “deterrence by denial”.
Fonti e approfondimenti
“Nato Response Force”, NATO, 17 marzo 2020
Retrieved from: https://www.nato.int/cps/en/natolive/topics_49755.htm
NATO Response Force (NRF) 2020, Retrieved from: https://jfcbs.nato.int/page5725819/nato-response-force-nrf-fact-sheet.aspx
ETH Zurich, Center for Security Studies, “NATO’s Very High Readiness Joint Task Force”, 17 marzo 2015. Retrieved from: library/publications/publication.html/189415
“Rheinmetall is equipping NATO’s spearhead VJTF”. Retrieved from: